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I grandi ospedali. Il Cardarelli di Napoli. Intervista al DG Granata: “E’ dura ma restiamo una certezza per i napoletani. E non solo”

di Emanuela Medi

Pareggio di bilancio nel 2012 con grandi sacrifici in termini di ristrutturazione interna. Ma l’ospedale regge, con punte di eccellenza innegabili. Il problema più grosso è il personale: dal 2009 a oggi sono andate via 1.000 unità e a sostituirle sono arrivati solo 34 operatori

22 GEN - Alla guida del più grande ospedale del Sud dal 2009, l’avvocato Rocco Granata ci accoglie nella struttura per un’intervista a tutto campo su una realtà ospedaliera complessa, anche per la storica identificazione con la “sua” città Napoli, di cui il Cardarelli è “l’ospedale” per eccellenza.
 
Molti i temi che abbiamo trattato. Dalla cogestione del Pronto soccorso, del resto presente in moltissime realtà ospedaliere in tutta Italia (basta vedere cosa sta accadendo in queste settimane al San Camillo di Roma) alla crisi del personale, derivante soprattutto dal perdurante blocco del turn over. “Dal 2009 ad oggi abbiamo perso per quiescenza 1.000 unità e sa quante ne sono arrivate per sostituirle? 34!”. In questo quadro comunque il Cardarelli riesce a tenere la barra dritta sui conti con il pareggio di bilancio nel 2012. Le previsioni per il futuro non sono rosee. In arrivo nuovi tagli e – avverte Granata _ “senza che parallelamente si attui la riforma del territorio”. “Ma io i Lea non li taglierò. Questo è sicuro”.
 
Avv. Granata, l’austerità ha messo i conti in ordine soprattutto nelle regioni spendaccione, ma gli stessi non tornano per il malato costretto a subire servizi inadeguati. Tornano invece le barelle nei Pronto Soccorso dell’Ospedale Cardarelli, la più grande ASL di Napoli. Perché?
Al fenomeno delle barelle non sfugge nessun grande ospedale Italiano, cito il San Carlo, e la Lombardia è tra le più organizzate Regioni in tema si sanità. Blocco dei turn over, tagli, mancata attuazione della medicina sul territorio: le cause sono sempre le stesse .Quando un malato ha difficoltà a reperire il medico di base, ad essere accolto in una RSA, a non ricevere assistenza domiciliare, ha un solo punto di riferimento: l’ospedale. Poi, quando un ospedale - come il Cardarelli - ha più strutture collaterali che garantiscono una sicurezza psicologica a 360%, questo è oggetto di particolare attenzione. La gente viene in questa struttura perché sa che anche se aspetta ore in piedi, comunque l’assistenza viene garantita. La dimostrazione è che da noi il 90% dei pazienti viene con mezzi propri mentre molto inferiore è il numero di coloro che vengono trasferiti.
Abbiamo un grandissimo sovraffollamento con punte, come nei giorni scorsi , di 370 accessi al giorno, costituiti prevalentemente da persone anziane affette da malattie croniche e/o con problemi polmonari da esiti influenzali.
 
Avete raggiunto nel 2012 il pareggio del bilancio, con pesanti tagli al personale, accorpamenti di strutture , creazione di nuove realtà. Insomma una bella rivoluzione che gli stessi sindacati riconoscono soprattutto sul versante economico.
E’ vero. Quando sono arrivato nel Luglio del 2009, il deficit consolidato di bilancio della Regione relativo al primo semestre era di 47milioni500mila euro che, proiettato su 12 mesi, saliva a circa 85 milioni. Abbiamo chiuso in quell’anno, con un deficit di 78 milioni. Nel 2012 è stato raggiunto il pareggio con un attivo di 11mila euro, come certificato dalla Regione Campania. Per quanto riguarda i fondi - come ho ricordato in una lettera inviata al Commissario ad Acta Stefano Caldoro e ai due sub-commissari Mario Morlacco e Ettore Cinque - per il 2013 è previsto un taglio di 10 milioni di euro, nonostante il risultato positivo raggiunto nel 2012.
Parliamo del personale. Da 4mila unità, nel 2009, siamo scesi a 3mila. Per contro ci hanno dato 34 unità! Solo nel 2013 sono andate via 120 persone tra medici, infermieri e personale sanitario. Una carenza, quella degli operatori socio sanitari, che è diventata strutturale in quanto mai risolta dalla Regione. Al blocco del turn over vorrei aggiungere il blocco della mobilità che impedisce il trasferimento di personale da una struttura all’altra ma anche sul territorio nazionale, per non parlare della chiusura di molti Pronto Soccorso come il recente caso del CTO.
 
Ma le barelle sono anche nei reparti, perché?
Il Cardarelli è dotato di 5 medicine con 26 posti letto ciascuna, ma dobbiamo aggiungere una decina di barelle oltre i posti letto, per garantire un’adeguata assistenza. Ricordo che questo Ospedale è d’urgenza quindi nessuno può essere rifiutato. Ha idea cosa significa far fronte ad unna presenza giornaliera di 10-11 emorragici di urgenza al giorno!
Certamente la categoria con maggior sofferenza è quella costituita dagli infermieri, sottopagati, con turni massacranti in quanto devono prestare assistenza non più a 26 ma a 36 malati. In queste condizioni i tempi di degenza si allungano, come i tempi delle consulenze, delle indagini e degli interventi con il rischio di una diminuita qualità dell’assistenza, mentre aumentano i costi.
 
Per il napoletano esiste Il Cardarelli. Quale rapporto ha instaurato nel tempo, questa azienda ospedaliera, con la città?
Vede fin dai tempi della sua costruzione avvenuta nel 1934, il Cardarelli ha dato al cittadino una risposta. Ha assicurato, in un modo o in un altro, tutte le prestazioni. Ha garantito l’assistenza, cosa che non fa nessun altro ospedale della Campania. Ma c’è anche un altro problema “culturale”: il malato in questa Regione è consapevole, a priori, che non esistono i servizi sul territorio. Si reca dove? Al Pronto Soccorso e a Napoli, al Cardarelli. Io credo che se anche da oggi si attuasse la famosa medicina sul territorio, occorrerebbero decenni prima che si realizzi e decenni prima che il cittadino cambi mentalità e non vada più all’ospedale. Ma c’è un contesto ancora più ampio: la formazione dei giovani medici che - causa il blocco del turn-over - non accedono ai posti che gli spetterebbero. Io ho dovuto tenere un primario fino a 70 anni perché non potevo sostituirlo, così anche la formazione diventa insufficiente. La mia proposta è che l’ospedale non sia solo luogo di tirocinio, ma dia opportunità a che le nuove leve siano “strutturate” cioè rimangano molte ore accanto al medico.
 
Direttore, le imputano pesanti accorpamenti, chiusura di interi reparti, ma le riconoscono anche molte innovazioni: quali?
Dal 2009 , abbiamo iniziato la ristrutturazione del Cardarelli dall’interno, collegando con un tunnel sotterraneo i vari padiglioni, per evitare il trasporto di un malato in barella, da una struttura all’altra. Abbiamo diminuito i ricoveri del 30% con l’istituzione di un’area di osservazione breve in modo da dirottare i pazienti direttamente nei reparti- senza soste inutili ai Pronto Soccorso. Abbiamo aumentato la dotazione dei posti letto (30) nella osservazione pre-intensiva in modo da diminuire il sovranumero di barelle e lasciare libere le vie di fuga (tutto questo in accordo con la Regione). E’ vero ho accorpato sei divisioni a cominciare dalla chirurgia e tre di pediatria, ma abbiamo aumentate le attività oncologiche e creato una struttura per realizzare farmaci antiblastici al fine di ottimizzare le terapie, con notevoli risparmi. Abbiamo attivato una Divisione con 10 posti letto per la terapia del dolore e cure palliative, (Hospice di competenza ASL), con fondi di bilancio corrente e riservato un’intera nuova palazzina alla attività trapiantologica e alla Gastroenterologia senza dimenticare il fiore all’occhiello costituito dai blocchi operatori. Certo tutto è perfettibile e oggetto di contestazioni, ma non’è facile rendere efficiente una struttura con 936 posti letto.
 
La Campania ha attuato il piano di rientro, ma questo ha significato tagli ai fondi, che si ripercuotono sulle attività del’intero sistema sanitario della regione. Con quali previsioni?
Il piano è stato ora presentato alla Conferenza Stato-Regioni, ma non so se sia in grado di attivare un reale e innovativo processo di riorganizzazione. In Campania è fallita la legge 833 perché delle tre fasi: prevenzione, cura e riabilitazione, funziona e non sempre bene, solo la seconda cioè la cura a tutto carico degli ospedali. Come già ho ricordato ci vorranno decenni prima che i servizi territoriali vengano attivati, nel frattempo esiste il pericolo che l’esistente si frantumi
sotto i colpi del ridimensionamento economico. Previsioni per il Cardarelli? Certamente non rosee, ma io non taglierò ulteriormente i LEA sulla base dei finanziamenti anche se dovessi attuare uno sfondamento di bilancio e non raggiungere gli obiettivi fissati per noi Direttori Generali. I reparti e i Pronto Soccorso non si toccano!
 
L’avvertimento è chiaro. Per Rocco Granata, Direttore Generale del Cardarelli, a suo tempo conosciuto come “L’Ospedale 23 Marzo”, il mandato scade a Luglio 2014.
 
Emanuela Medi

22 gennaio 2014
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