Le Asl indebitate e insolventi? Giusto che “falliscano”
di Roberto Polillo
Ha ragione Antonio Lepre ad auspicare forme “parafallimentari” anche per Asl e ospedali con bilanci in rosso. E a farne le spese dovrebbero essere sia il decisore politico che il management aziendale. La buona politica dovrebbe partire da qui e non limitarsi a inutili tagli lineari
26 MAR - L’intervista al Dott Lepre (Tribunale di Napoli), “
Finchè le ASL e ospedali non falliranno non cambierà niente”, pone con grande chiarezza la “questione” principale che affligge il nostro SSN ovvero sia la mancanza di un sistema sanzionatorio certo nei confronti del decisore politico e/o del manager pubblico laddove la conduzione amministrativa-finanziaria della Regione o di uno dei suoi enti strumentali (ASL/Ospedale) , abbia presentato un risultato gestionale chiaramente negativo. E a tal riguardo il Dott Lepre ritiene correttivo indispensabile l’introduzione dell’istituto del fallimento in mancanza del quale ognuno potrà continuare, come avvenuto finora, a produrre disavanzo senza assumersene le responsabilità e pagarne le conseguenze.
Come ho già avuto modo di dire concordo totalmente con tale visione e ritengo che il “fallimento” dovrebbe essere previsto per entrambi i soggetti, e che l’istituto dovrebbe comportare per il decisore politico la futura ineleggibilità e per il manager l’interdizione dalle cariche pubbliche per un periodo di tempo rapportato al danno.
Nel caso della nomina del Direttore generale di ASL e ospedale ( e a cascata dei Direttori sanitari ed amministrativi) non è dunque in discussione la facoltà di scelta del manager da parte del decisore politico - a condizione ovviamente che questa avvenga nel rispetto delle procedure stabilite per legge - ma la mancanza di un sistema di valutazione realmente svincolato dalla amministrazione regionale e da questa indipendente. E’ a tale organismo che deve essere demandata la funzione valutativa sulla attività svolta in relazione al raggiungimento degli obiettivi sia di tipo sanitario che gestionale che sono l’oggetto del conferimento di qualsiasi incarico in ambito sanitario e tale valutazione deve essere integrata con quella espressa dai cittadini sul modello di quanto viene attuato in Emilia Romagna . Quello che invece si spesso verifica oggi è l’esatto contrario in quanto l’amministrazione regionale assorbe la funzione valutativa al suo interno e la utilizza come strumento “politico” fortemente discrezionale nei confronti del DG o di sé stessa. Lo stesso dicasi degli strumenti di partecipazione sempre invocati e mai realizzati.
Le conseguenze sono davanti ai nostri occhi. Nel caso delle regioni abbiamo infatti potuto constatare in più di una occasione come talune di esse siano state dei veri portenti nel maquillage dei bilanci regionali. Abilissime nell’occultare debiti o nel promuovere ardimentose manovre finanziarie hanno potuto cumulare disavanzi che peseranno per decenni sui cittadini senza che nessuno dei responsabili politici abbia avuto torto un capello
Nel caso dei DG il quadro non è spesso da meno. Ad un anacronistico potere monocratico privo di qualsiasi contrappeso , stante l’inutilità dei revisori dei conti ( spesso in palese conflitto di interesse perché dipendenti pubblici) ha fatto spesso da controcanto la stessa indolenza regionale che non ha vigilato e controllato nulla, lasciando alla magistratura il ruolo , in un certo senso improprio, di fare piazza pulita degli incapaci e corrotti.
Dobbiamo avere finalmente il coraggio di ammettere che il processo di aziendalizzazione introdotto con la epidemia di riforme degli anni ’90 non ha dato risultato alcuno nei 2/3 del paese, dimostrandosi una delle tante
burlesche a cui la politica ci ha abituato.
Credo che i tempi siano maturi per porre rimedio a tale condizione a partire dalla ridefinizione delle competenze e dei poteri del direttore generale e degli organi di controllo che devono potere disporre di reale capacità di intervento
ex ante e non solo
ex post. Accanto al ridisegno istituzionale del top management aziendale anche la introduzione di istituti sanzionatori chiari ed efficaci – tra cui il fallimento per i manager e per i politici - nel caso in cui la conduzione politica e gestionale si sia dimostrata inadeguata o improntata alla corruzione e o al malaffare, può giocare un ruolo importante ai fini di una assunzione diretta di responsabilità da parte di tutti coloro che amministrano per conto d’altri le risorse pubbliche.
Sono questi i problemi lasciati volutamente irrisolti perché ha fatto finora comodo a tanti poter gestire allegramente le finanze pubbliche senza subirne nessuna conseguenza. La buona politica dovrebbe partire da qui e non limitarsi a inutili tagli lineari che di fatto non producono cambiamento ma penalizzano quanti hanno finora operato correttamente
Roberto Polillo
26 marzo 2013
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