Messina: lite tra medici in sala parto, mamma e bimbo gravi
Gelosie tra colleghi alla base dell'alterco. Il marito della vittima sporge denuncia. Indaga anche la Commissione nazionale d'inchiesta sul Ssn. Fazio chiede "punizioni esemplari".
30 AGO - Gelosie professionali e mancato rispetto dei ruoli. Sarebbero queste le ragioni che hanno scatenato il violento litigio tra due ginecologi del Policlinico di Messina durante il travaglio di una donna che, insieme al neonato, ha riportato gravi conseguenze di salute. Saranno le indagini a determinare quali fattori clinici e responsabilità professionali siano intervenute a determinare il drammatico esito, contro il quale il marito della donna ha sporto denuncia. Già accertata però la gravità del comportamento dei due ginecologi, Antonio De Vivo, medico curante della donna e assegnista universitario, e Vincenzo Benedetto, ricercatore universitario e medico di turno.
Intanto la direzione generale del Policlinico ha deciso la risoluzione del contratto di assegnista di De Vivo e la sospensione di Benedetto. Decisa anche la sospensione dalla carica di direttore dell'unità operativa di Ostetricia e Ginecologia per Domenico Granese, a causa di “omessa vigilanza”. E proprio Granese commenta la vicenda definendola “inammissibile”. Da chiarire anche la posizione di De Vivo che, in qualità di medico assegnista, non poteva essere titolare di una prestazione di assistenza pubblica.
De Vivo e Benedetto si difendono affermando che non c'è alcuna correlazione tra la lite e gli esiti di salute di madre e figlio, ma secondo il marito della donna i due medici avrebbero lasciato la donna e il feto in sofferenza mentre portavano avanti le loro personali discussioni. “Ci sono delle responsabilità e si devono appurare”, ha affermato l’uomo aggiungendo che tutti gli esami sulla gravidanza fino alla settimana scorsa erano a posto”.
Granese ha spiegato che la donna, sulla quale è stato praticato il cesareo, ha subìto dopo l’intervento una gravissima emorragia da mancata coagulazione del sangue. Un episodio raro ma che fa parte del rischio in campo ostetrico. Dopo tre quarti d'ora dal cesareo, a causa della copiosa perdita di sangue, è diventato necessario asportare la parte superiore dell'utero. Il bambino, invece, ha avuto due crisi di cianosi ed è stato attaccato alle macchine per la respirazione. Ora respira da solo e solo in un secondo momento si procederà all’accertamento di eventuali danni celebrali.
“Indignato come l’opinione pubblica”. Questo il commento del ministro della Salute,
Ferruccio Fazio, che oggi è arrivato a Messina per far visita alla madre e al bambino. “Io non sono qui per fare indagini né per stabilire dei nessi”, ma “occorrono punizioni esemplari per chi si rende protagonista di eventi come questi”. Secondo Fazio occorre poi ricordare che "queste cose accadono in un humus e in un contesto particolare". "La media Ocse accettabile di cesarei è di non oltre il 25%, ma in Italia abbiamo una media del 38% e in Regioni come la Sicilia e la Campania si è registrata, nel 2009, una quota rispettivamente pari al 52% e al 60%".
Ignazio Marino, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul Ssn, ha subito avviato le procedure per l’apertura di un’istruttoria da parte dei Nas. “Ci troviamo di fronte a un fatto eclatante”, ha affermato in un’intervista pubblicata ieri sul Secolo XIX, “prima di tutto perché è mancata l'assistenza ad una mamma e a un neonato. Poi, quando si entra in sala operatoria, un chirurgo deve mettere da parte tutto. Chi non è in grado di farlo non deve esercitare. L'Ordine deve prendere una posizione”. Anche il presidente dei senatori del Pdl,
Maurizio Gasparri chiede l’intervento dell’Ordine dei Medici: “La giustizia – ha detto – dovrà punire in modo esemplare i colpevoli, ma avrà tempi da lumaca. Un ordine professionale può invece imprimere una decisa accelerazione alle sue verifiche e arrivare nel giro di giorni, non di mesi, a una prima inesorabile sanzione. Se i fatti stanno come si legge, è proprio l'ordine professionale che deve dare il primo severissimo segnale con la radiazione definitiva”. Il presidente dei medici di Messina,
Giacomo Caudo, ha risposto che “la punizione sarà giusta” ma prima “si devono accertare i fatti”. E non esclude che i due medici possano essere radiati dall’Ordine.
30 agosto 2010
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