Bypass aorto-coronarico (Bpac): Mortalità a 30 giorni dall’intervento (media nazionale esiti 2,78%)
02 MAG -
L’intervento by-pass aorto-coronarico è indicato per alleviare i sintomi anginosi, quando questi resistono alla terapia medica, e dà risultati migliori delle cure mediche nel prolungare la sopravvivenza dei pazienti con malattia coronarica avanzata. È peraltro una procedura molto diffusa e poco rischiosa: i rischi potenziali sono essenzialmente condizionati da fattori legati allo stato generale di salute del paziente (che riguardano un 5% dei pazienti trattati), ma si stima che in un paziente in buone condizioni generali e senza gravi malattie il rischio di decesso sia intorno al 2%.
È l’intervento cardochirurgico più eseguito al mondo e la mortalità a breve termine può rappresentare quindi un ottimo indicatore della qualità dell’attività delle strutture di cardiochirurgia.
La valutazione si riferisce all’intero processo assistenziale ospedaliero e post-ospedaliero (a 30 giorni dall’intervento) ed è relativa al Bpac isolato, cioè non associato ad interventi sulle valvole o endoarteriectomia. La scelta di considerare gli interventi isolati è legata al fatto che sia il livello di mortalità sia i fattori di rischio sono diversi nel caso degli interventi associati.
Sono stati presi in considerazione i risultati delle strutture con un volume annuo di Bpac > 85. In Italia la mortalità media è pari a 2.78%.
Per quanto riguarda la mortalità a 30 giorni dall’intervento di bypass aorto-coronarico si collocano in fascia grigia pressoché tutte le strutture delle Regioni del Nord Ovest sotto la lente (un numero inferiore rispetto agli altri indicatori presi in esame). I soli dati sfavorevoli e senza appello, quindi con segno rosso, sono quelli della clinica Città di Alessandria e dell’Azienda ospedaliera S. Martino di Genova. Comunque in
Piemonte delle otto strutture prese in esame quella con le migliori performance con un tasso di mortalità pari a 0,4% è l’Ospedale Civile SS Antonio e Biagio di Alessandria. Con performance favorevoli ci sono poi l’Ospedale Umberto I di Torino (1,1%), la clinica S. Guadenzio a Novara (1,5%) e l’Ospedale S. Giovanni Battista sempre a Torino (1,9%).
La maglia nera è della Clinica Città di Alessandria con un valore pari a 5,9%. Ad un punto percentuale di distacco c’è l’Ospedale Maggiore Carità di Novara (4,9%). Risalendo nella rosa delle aziende sotto osservazione troviamo infine gli Ospedali S. Croce di Cuneo e la Clinica Villa Maria Pia Hospital di Torino entrambe con un tasso di mortalità di 2,4%.
In
Lombardia troviamo ben tre delle quattro strutture italiane in cui si osservano un numero di decessi pari a 0 (anche se in fascia grigia). L’eccellenza quindi. A conquistare il primato sono l’Ospedale Niguarda a Milano, l’ospedale di Circolo A. Manzoni a Lecco e l’Istituto Clinico S. Ambrogio a Milano. Nelle altre strutture i tassi di mortalità aggiustati variano dallo 0,9% degli Ospedali Riuniti di Bergamo all’1,4% dell’Ospedale C. Poma di Mantova.
Le medie salgono nelle Cliniche Gavazzeni di Bergamo (5,8%) all’Ospedale S. Gerardo di Monza (5,1%) e all’Ospedale di Legnano (4,4%). Chiudono il gruppo con le performance più sfavorevoli rispetto alla media, la Clinica Poliambulanza di Brescia (3,1%) e la Clinica Policlinico di Monza (2,8%).
In
Liguria la Clinica Villa Azzurra, Rapallo in fascia grigia presenta un tasso di mortalità pari a 0,4%. Performance negative invece nell’Ao S. Martino di Genova che con un segno rosso si attesta su un valore pari a 6,8%.
02 maggio 2012
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