Studio Asl Vercelli: “L’isolamento del primo lockdown ha accelerato il decadimento cognitivo dei pazienti con forme di demenza”
Lo studio, pubblicato su International Journal of Environmental Research and Public Health, è stato condotto da un gruppo di medici dei reparti di Neurologia, Geriatria e Psicologia clinica, e ha riguardato 132 persone con un’età media di 78 anni colpite da demenza, ma non da Covid-19, e già seguite dall’Asl. Per valutare lo stato neuro-cognitivo utilizzato l’esame noto come “mini mental test”.
03 MAG - L’isolamento del primo lockdown ha accelerato il processo di decadimento delle funzioni cognitive dei pazienti con demenza. Questo il risultato di uno studio condotto da un gruppo di medici dell’Asl di Vercelli dei reparti di Neurologia, Geriatria e Psicologia clinica.
Lo studio ha riguardato 132 persone con un’età media di 78 anni colpite da demenza, ma non da Covid-19, e già seguite dagli ambulatori dell’Azienda sanitaria vercellese. I ricercatori, guidati dal direttore della Neurologia
Cristoforo Comi hanno confrontato le performance cognitive dei pazienti affetti da disturbi cognitivi, in particolare da Alzheimer, negli anni 2017/2018, 2018/2019 e 2019/2020.
Per valutare lo stato neuro-cognitivo dei pazienti, i ricercatori hanno utilizzato un esame, conosciuto come “mini mental test”, che attraverso domande mirate consente di valutare le funzioni cerebrali, come l’orientamento, la memoria, l’attenzione, la capacità di calcolo e il linguaggio. Grazie a questo test, ripetuto nel corso degli anni, il team di medici ha potuto constatare come lo scadimento delle performance cognitive dei pazienti seguiti nell’ultimo periodo, ovvero quello interessato dalla pandemia, sia stato del doppio rispetto a quello dei gruppi degli anni precedenti. I punteggi, annotati su una scala, hanno evidenziato come gli effetti del lockdown abbiano fortemente velocizzato il processo degenerativo.
“I risultati hanno dimostrato come il lockdown e l’isolamento abbiano avuto un forte impatto sui nostri pazienti che non potendo muoversi o ricevere visite da parte dei parenti hanno subito un severo peggioramento delle loro capacità cognitive - spiega Comi -. Queste limitazioni non hanno avuto una ricaduta negativa solo sulla loro vita, ma anche su quella delle loro famiglie e dei caregiver. Anche la mancanza di visite di controllo potrebbe aver influito sulle condizioni generali di queste persone che nel lockdown hanno avuto forti limitazioni a livello di attività quotidiane”.
Lo studio, pubblicato sulla rivista internazionale “International Journal of Environmental Research and Public Health”, è stato condotto oltre che da dal Direttore della Neurologia Comi anche da
Barbara Sarasso geriatra del Centro per i Disturbi Cognitivi e Demenze (CDCD), e da
Giacomo Tondo, ricercatore specializzato in patologie degenerative, demenze e disturbi del comportamento.
I soggetti coinvolti sono stati sia pazienti affetti da Alzheimer sia pazienti in fase di pre-Alzheimer, con un decadimento cognitivo lieve.
“Ora - conclude Comi - vedremo se con le riaperture, e quindi con più stimoli, più visite e maggiore autonomia, le condizioni dei pazienti miglioreranno. Vogliamo andare avanti con lo studio per rispondere alle esigenze della popolazione con servizi migliori, ancora più mirati e personalizzati”.
03 maggio 2021
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