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Pronto soccorso. La Regione pronta a far spazio ai privati. Il Nursind dice no

L'idea sarebbe quella di delegare al privato le richieste di assistenza inerenti alcune specialità (ad esempio l'ortopedia), decongestionando così i PS pubblici. Ma per il sindacato degli infermieri “i problemi dell'iperafflusso nei PS sono altri” e la soluzione è quella di garantire l'assistenza sul territorio e a domicilio agli anziani e ai pazienti cronici. “E' assurdo che per queste situazioni ampiamente prevedibili, da anni ormai, gli operatori sanitari siano costretti ad operare in condizioni critiche”.

14 GEN - “E' consuetudine che cittadini e operatori debbano subire sulla propria pelle il fenomeno dell'iperafflusso nei pronto soccorso in alcuni periodi dell'anno con l'arrivo dell'influenza e del freddo”. Ma “la risposta al sovraffollamento non può essere quella di aprire nuovi pronto soccorso che trattino solo alcune specialità da destinare ai privati, poiché le cause dell'iperafflusso sono ben altre”. Così Francesco Coppolella, segretario Nursind Piemonte, risponde all’ipotesi di Pronto Soccorso privati che la Regione starebbe pensando di attivare per rispondere all'iperafflusso nei Ps e all'incremento di domanda di assistenza che il sistema pubblico, da solo, non riesce a smaltire.

Tra le cause dell’iperafflusso, Coppolella cita i numerosi accessi effettuati da persone anziane, “molti di loro provenienti anche dalle RSA, affette da patologie croniche che si riacutizzano e necessitano pertanto di cure e molto spesso di un ricovero”. Un posto letto che è decisamente difficile poi da liberare nel breve tempo per dare spazio ad altri ricoveri”. Anziani che aspettando un posto letto e che “hanno comunque necessità di cure e assistenza, ed è così che i pronto soccorso diventano dei veri e propri reparti di degenza".

Per il segretario regionale Nursind, allora, “la problematica va affrontata a monte”. Dunque “gli anziani vanno curati a casa. Gli interventi sulle cronicità vanno fatte sul territorio. Servono più strutture territoriali pubbliche che garantiscano la continuità assistenziale. Serve incrementare la domiciliarità. Abbiamo bisogno di costruire percorsi diversi affidati agli infermieri e servizi che si occupino dei codici a bassa priorità con personale e strumenti adeguati. Questo è il futuro, ed è su questi aspetti che bisogna investire. Bisogna sconfiggere la malattia e non curare i sintomi. D'altronde è fatto risaputo che questa condizione di salute, dettata da un incremento della popolazione anziana e da una condizione psico-sociale, non potrà che peggiorare”.


E gli infermieri, in questo ambito, secondo Coppolella, “possono avere un ruolo determinante nella costruzione di questi percorsi che sono non più rinviabili. E' assurdo che per queste situazioni ampiamente prevedibili, da anni ormai, gli operatori sanitari siano costretti ad operare in certe condizioni”.

Per il segretario Nursind c’è poi da affrontare la questione del ricorso frequente al PS da parte di “persone con forti disagi psico-sociali, che stazionano costantemente all'interno delle strutture con richiesta di interventi, cure e assistenza”.

In tutta questa situazione, ricorda il sindacalista, si registra “il forte incremento delle aggressioni verbali e fisiche nei confronti degli operatori sanitari che in questi periodi si fanno sentire maggiormente. I cittadini spesso in queste situazioni addebitano la responsabilità delle lunghe attese o delle giornate sulle barelle al personale sanitario, nonostante lo stesso sia vittima della condizione. Fenomeni questi che necessitano di risposte differenti”.

Per Coppolella “servono risposte organiche e strutturali, va data una risposta alle cosiddette fragilità e va aggredita la malattia dando risposte appropriate”.

14 gennaio 2020
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