“Vorrei mangiare più sano, ma non ci riesco”: è questa l’affermazione che descrive meglio il rapporto con il cibo di quasi il 37% degli italiani (quota che sale al 40,5% tra i 30-44enni, ad oltre il 40% tra le donne e sopra il 43% tra le casalinghe). C’è però un altro 33% che invece dichiara di seguire una dieta sana perché l’alimentazione è tra i fattori importanti per la salute: sono soprattutto gli anziani (40,3%) e i laureati (37,6%) a praticare questa tendenza salutista. Informarsi sul cibo per gli italiani, infatti, è sempre più importante: quasi il 62% degli intervistati si dichiara molto informato sui valori nutrizionali, le calorie e i grassi riguardanti i vari alimenti. Il 34% degli intervistati ritiene, poi, che la propria alimentazione dipenda in via prioritaria da scelte soggettive (che hanno bisogno di tante informazioni per essere adeguate), per il 30,4% dalla tradizione familiare, e per poco meno del 19% da quello che ci si può permettere, tenuto conto del reddito e dei prezzi.
Nonostante ci si preoccupi sempre di più di quel che si mangia, tuttavia ben quattro italiani su dieci (43%) risultano sovrappeso o addirittura obesi (11%), con una netta prevalenza degli uomini rispetto alle donne. Una condizione che aumenta anche il rischio di sviluppare alcune malattie come i problemi cardiocircolatori, il diabete, l’ipertensione, l’infarto e certi tipi di cancro, responsabili di ben il 7% dei costi sanitari dell’Unione europea. Sulla base dei dati della Commissione europea, le spese socio-sanitarie correlate all’obesità in Italia sono stimate in circa 23 miliardi di euro annui, per più del 60% dovute all’incremento della spesa farmaceutica e ai ricoveri ospedalieri.
È l’era del politeismo alimentare. È l’era del politeismo alimentare, che spinge le persone a mangiare di tutto, senza tabù, generando combinazioni soggettive di alimenti e anche di luoghi ove acquistarli, neutralizzando ogni ortodossia alimentare. Il Rapporto infatti evidenzia che a prevalere nell’alimentazione degli italiani è una combinazione di luoghi di acquisto dei prodotti e relative diete alimentari, e la crisi recente ha rinforzato questa dinamica dei comportamenti sociali. Il rapporto con il cibo è una dimensione sempre più soggettiva, espressione dell’io che decide e che, a partire dalle proprie preferenze, abitudini, prassi e aspettative, nonché dalle risorse di cui dispone, definisce il contenuto del carrello e della tavola. Ad esempio: tra le persone che dichiarano di acquistare regolarmente prodotti Dop (Denominazione di Origine Protetta) e Igp (Indicazione Geografica Protetta) - comportamento che denota grande attenzione alla qualità - una quota non lontana da un terzo acquista regolarmente anche cibi precotti, addirittura più di due terzi acquistano regolarmente scatolame, e oltre tre quarti surgelati; tra coloro che acquistano regolarmente prodotti dell’agricoltura biologica, circa tre quarti acquistano anche surgelati, circa due terzi anche scatolame, e una percentuale simile prodotti con marchio del distributore; tra gli acquirenti regolari di prodotti del commercio equo e solidale, una nettissima maggioranza acquista i prodotti a marchio commerciale del distributore, oltre tre quarti acquista prodotti surgelati e oltre due terzi scatolame. Addirittura si recano presso i fast-food: il 27% degli acquirenti abituali di prodotti del commercio equo e solidale, il 26,7% degli acquirenti abituali di frutta e verdura da agricoltura biologica, il 22,6% degli acquirenti di prodotti Dop e Igp, e il 21,6% di coloro che acquistano direttamente dal produttore.
Lo spuntino è un must per 2 italiani su 3. Due italiani su tre non rinunciano allo spuntino, che si fa spazio tra il pranzo e la cena nelle abitudini degli italiani. Il 62,3% degli italiani lo fa alla mattina, il 63,8% il pomeriggio e il 52,2% sia alla mattina che al pomeriggio. A fare lo spuntino sono soprattutto le donne, i più giovani, i single e i residenti al Sud. Frutta, yogurt, cracker e, al mattino, anche cornetto, brioche e merendine sono gli alimenti che compongono in prevalenza gli spuntini. Con l’affermarsi dello spuntino tendono ad assomigliarsi il pranzo e la cena, con la pasta come unica differenza evidente, molto più presente sulle tavole degli italiani a pranzo. Posto pari a 7 per ogni settimana il numero di pranzi, la frutta, il pane e la verdura sono presenti 5 volte, la pasta 4,6 volte su 7, la carne 3 volte, mentre il dolce è sulla tavola per 2 pranzi a settimana, come il riso e il pesce. Tra le bevande, invece, il vino è presente in poco meno di 3 pranzi settimanali, le bevande gassate meno di 2 volte, la birra poco più di una volta alla settimana. Le cene hanno caratteristiche non molto diverse dai pranzi, perché per 5 volte alla settimana gli italiani dichiarano di mettere in tavola la verdura, la frutta e il pane; meno presenti sono la carne (2,8 volte su 7), la pasta (2,5), il pesce (meno di 2 volte), il dolce (anche questo meno di 2 volte) e il riso (1,6 volte). Vino, bevande gassate e birra sono presenti con la stessa intensità che a pranzo. Le differenze si assottigliano anche tra i giorni lavorativi e quelli festivi, durante i quali le uniche trasgressioni che gli italiani si concedono riguardano il vino e il dolce, presenti con maggiore frequenza.
Per 2,1 milioni di italiani pasta a pranzo e a cena 7 giorni su 7. Sono circa 2,1 milioni gli italiani che dichiarano di mangiare sempre, a pranzo e a cena, sette giorni su sette, dal lunedì alla domenica, la pasta. Sono oltre 17 milioni gli italiani che vanno pazzi per il pane, 14,7 milioni quelli che mangiano sempre la verdura, 20,3 milioni gli italiani che mangiano sempre frutta fresca, 500 mila la carne e 820 mila il dolce. Ci sono poi gli italiani che non mettono mai in tavola certi alimenti, così come alcuni che tendono a non prenderli in considerazione per il pranzo, oppure per la cena. Attualmente 430 mila italiani dichiarano di non mangiare mai, né a pranzo né a cena, né durante i giorni feriali né tantomeno nei week-end, la pasta; 930 mila non mangiano mai il pane, quasi 1,8 milioni non hanno rapporti con il riso, quasi 1,2 milioni non mangiano mai la carne, oltre 3,1 milioni dichiarano di non mettere mai in tavola il pesce, 370 mila non mangiano mai la verdura, infine più di 1 milione di italiani non mangiano mai la frutta. Il dolce non è mai presente nel piatto di 6,7 milioni di italiani. Riguardo alle bevande, 13,5 milioni non bevono mai a pranzo o a cena il vino, 19,2 milioni non bevono la birra e 19,3 milioni non bevono mai le bevande gassate.
Per il 25% degli italiani più frutta se costasse meno. Circa un quarto degli italiani mangerebbe più frutta se costasse un po’ meno, e circa un quinto farebbe la stessa cosa con la verdura e gli ortaggi. Si evidenzia dunque come, rispetto al dualismo tra grande distribuzione e negozi tradizionali, giocato sul prezzo e sul servizio incorporato nei beni, spicchi la crescita degli acquisti diretti dal produttore, inclusi i mercati del contadino, che vengono percepiti come una soluzione che risponde ad alcune esigenze forti: il prezzo conveniente, la genuinità e la sicurezza del prodotto. Nel 2009 due italiani su tre (67%) hanno acquistato almeno una volta direttamente dal produttore agricolo (in azienda o nei farmer market), la forma di distribuzione commerciale che ha registrato la maggiore crescita nell’anno battendo nell’alimentare negozi e ipermercati, grazie a un incremento dell’11% del valore delle vendite, per un totale stimato in 3 miliardi di euro.
L’80% degli italiani mangia fuori per trasgredire: ai pasti fuori casa va circa un terzo della spesa alimentare complessiva. Oltre l’80% degli italiani mangia almeno una volta alla settimana fuori casa, presso un esercizio pubblico, e a farlo in misura maggiore sono i giovani (93%) e i residenti al Nord-Est (88,3%). Tra le motivazioni della scelta di mangiare fuori casa, oltre a quelle ormai classiche (le esigenze lavorative e quelle ludiche, di convivialità), spicca una nuova ragione, piuttosto originale: la scelta di mangiare fuori diventa l’occasione per l’esercizio di una libertà rispetto ai canoni salutisti che ormai incombono come riferimenti centrali nel determinare la dieta delle persone. Infatti, nella scelta di cosa mangiare quando si pranza o si cena al ristorante o in un altro locale pubblico, la considerazione dei valori nutrizionali pesa in misura nettamente minore rispetto a quando si mangia in casa (il 29,7% in casa, il 14,9% fuori casa).
La spesa è ancora donna. È oltre il 61% delle donne a prendere le decisioni relativamente alla spesa, un dato che rimette al centro una verità troppo spesso rimossa: nell’organizzazione della vita familiare, la spesa è in capo alle donne. Per la maggioranza degli italiani la spesa ha frequenza settimanale (60,7%); quasi il 27% delle famiglie, però, effettua acquisti giornalieri e il 10% circa una volta al mese. La frequenza quotidiana della spesa alimentare familiare riguarda nel Nord-Ovest il 17,4% della popolazione, nel Nord-Est il 22,8%, al Centro il 29,6% e al Sud quasi il 35%. La frequenza settimanale riguarda invece quote progressivamente decrescenti di famiglie dal Nord al Sud. Il 74,6% degli intervistati dichiara che tra gli aspetti che influenzano la scelta dei prodotti alimentari prevale la provenienza dal proprio territorio, aspetto che presumibilmente viene visto come una garanzia rispetto alla qualità e alla sicurezza. Questa convinzione è più forte tra i residenti al Sud (78,8%).