Aumenta l'età media delle persone affette da Alzheimer, così come quella dei caaregiver che prestano loro assistenza. Questo uno dei dati più interessanti emersi dalla presentazione della ricerca Aima-Censis sull'impatto economico e sociale della malattia presentata oggi a Milano. L’obiettivo di questo terzo e nuovo studio è stato quello di analizzare l’evoluzione negli ultimi 16 anni della condizione dei malati e delle loro famiglie. Anche in questo caso è stata realizzata un’indagine nazionale che ha privilegiato il punto di vista dei caregiver dei malati di Alzheimer.
Dal confronto con le precedenti indagini, si è dunque osservato un progressivo innalzamento dell’età media dei malati con Alzheimer (73,6 anni nel 1999, 77,8 anni nel 2006 e 78,8 anni nel 2015) così come dei dei caregiver coinvolti nella loro assistenza (53,3 anni nel 1999, 54,8 anni nel 2006 e 59,2 anni nel 2015). Tra i molti e importanti dati raccolti, spicca il costo medio annuo per paziente stimato, comprensivo sia dei costi familiari che di quelli a carico del SSN e della collettività, che è risultato pari a 70.587 euro, di cui il 27% circa (18.941 euro) afferisce ai costi diretti e il 73,2% ai costi indiretti (51.645 euro).
Un dato che già di per sè, tenuto conto del numero stimato delle persone affette da Alzheimer, assume la dimensione di una vera emergenza nazionale. Dato che i malati sono stimati tra i 500/550 mila, il solo costo monetario diretto risulterebbe di circa 10 miliardi di euro all’anno, al netto dei costi indiretti e della sofferenza sociale che determina.
A fronte delle stime epidemiologiche nazionali, tenuto conto dello specifico innalzamento dell’età media della popolazione cittadina, le persone affette da demenze senili nella sola Milano potrebbero oscillare attorno alle 30.000 unità.
“Intervenire nella situazione milanese, stante la sua composizione demografica e l’atomizzazione della struttura familiare, è una necessità ancora più urgente – commenta
Patrizia Spadin, Presidente di Aima -. Gli attuali servizi forniti in regime di Assistenza Domiciliare Integrata sono del tutto insufficienti per dare cura e assistenza adeguata ai pazienti e ai caregiver. Le modalità della presa in carico del malato di Alzheimer e i risultati conseguiti al Pio Albergo rappresentano un modello importante da ampliare in loco e da replicare a livello metropolitano”.
“Al Pio Albergo Trivulzio - spiega
Cinzia Negri Chinaglia, Direttore III Unità Operativa Complessa di Riabilitazione Alzheimer del Pio Albergo Trivulzio -, attualmente, sono 276, su 580, gli ospiti in Residenza Sanitaria Assistenziale affetti da demenza grave. Nel contesto dei reparti Riabilitativi, su 884 pazienti trattati dall’1/4 al 31/10/2015 la prevalenza di demenza è risultata del 23%, di cui una quota ricoverata nel Nucleo Alzheimer Riabilitativo. L’esperienza del Pio Albergo è sicuramente un modello qualificante del ruolo che strategicamente può giocare il servizio pubblico, anche se non vanno sottovalutate le esigenze di sostenibilità del suo bilancio”.
“La progettualità del PAT - conclude
Maurizio Carrara, Presidente del Comitato di Indirizzo e Direttore Generale dell’ASP Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio - di sviluppare l’offerta domiciliare appare coerente e sinergica con i bisogni del malato e della famiglia fatti emergere dal Rapporto. Non va però dimenticato che già oggi, nel complesso, offriamo servizi e cure che necessitano di professionalità e di strumentazioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative complesse e costose che travalicano di gran lunga la semplice assistenza e che mettono a dura prova l’equilibrio economico della gestione del Pio Albergo Trivulzio”.
Stefano A. Inglese