Da anni ormai la scienza ha dimostrato inequivocabilmente come la salute, il benessere e l’aspettativa di vita di ognuno di noi dipenda anche dalla qualità degli ambienti in cui viviamo. Per questo, sempre maggiore attenzione si pone al ruolo che alcuni fattori di rischio ambientali (chimici, fisici, microbiologici) possono avere nella genesi e insorgenza di gravi patologie e per lo stesso motivo quando vicende come quella dell’Ilva di Taranto o dell’emergenza rifiuti in Campania vengono portate all’attenzione dell’opinione pubblica, diventano immediatamente temi caldi di discussione.
Ma quanto c’è di vero nelle preoccupazioni dei cittadini su queste emergenze ambientali? Secondo diverse ricerche (come il
progetto Sentieri pubblicato l’anno scorso e in particolare i
dati riguardanti il tarantino) parecchio. Per quanto riguarda la Campania e i suoi rifiuti, seppure – bisogna specificare – non sia ancora stato accertato un nesso causale tra l’esposizione a siti di smaltimento di rifiuti e specifiche patologie, chiaramente potenziali implicazioni sulla salute non possono essere escluse. Che dipenda o meno dall’emergenza rifiuti o da altri fattori di inquinamento, tuttavia, oggi
un rapporto di un gruppo di lavoro del Ministero della Salute sulla situazione epidemiologica della regione Campania sembrerebbe confermare che la salute di chi vive a Caserta e Napoli è più a rischio che nel resto d’Italia, seppure con qualche cenno di miglioramento rispetto al passato. Il documento è stato presentato proprio oggi ad Aversa dal Ministro
Renato Balduzzi.
Secondo gli ultimi dati Ocse l’aspettativa di vita alla nascita in Italia è pari a 79,3 anni per gli uomini e 84,6 anni per le donne. La descrizione del profilo di salute della popolazione campana indica invece, da tempo una situazione generalmente sfavorevole rispetto al resto di Italia: a Napoli la speranza di vita alla nascita si ferma addirittura a 76,84 per gli uomini e a 82,07 per le donne, mentre a Caserta è pari a 77,57 per i primi e 82,30 per le seconde. Si tratta di una differenza di attesa di vita alla nascita inferiore di due anni rispetto ad esempio alla regione Marche, che ha l’attesa di vita più elevata in Italia, senza peraltro identificare una singola patologia o un solo sottogruppo di popolazione, come ci si attenderebbe da esposizioni ambientali limitate geograficamente.
Tuttavia, allo stesso tempo, i tassi di mortalità, anche per cause specifiche, sono in diminuzione. In Campania, come in generale in Italia, nel 2009 le malattie del sistema circolatorio rappresentano la quota maggiore di mortalità (40% circa); risultano inoltre elevati i tassi di mortalità per malattie dell’apparato respiratorio, dell’apparato digerente e per diabete mellito (per quest’ultimo la mortalità tra le donne è doppia rispetto al dato nazionale).
Situazione non rassicurante è quella che riguarda l’ambito oncologico. Per quanto riguarda i
tumori maligni nel loro complesso, la mortalità in Campania tra gli uomini è infatti superiore ai valori dell’intera Italia per il contributo delle province di Caserta (solo per gli uomini) e di Napoli (per entrambi i generi), con tassi particolarmente elevati per tumori di fegato, laringe, trachea-bronchi e polmone, prostata, vescica (nelle donne solo del fegato, della laringe e della vescica).
Nelle due province di Caserta e Napoli si osservano anche i tassi più alti per molte sedi tumorali. Nella parte meridionale della Provincia di Napoli e nella parte settentrionale della Provincia di Caserta, precedenti studi hanno mostrato eccessi di mortalità per numerose cause, in particolare oncologiche, nonché eccessi di prevalenza alla nascita di malformazioni congenite.
Per l’incidenza dei tumori negli uomini si stimano in Campania livelli più elevati rispetto alla macro-area del Sud, ma generalmente in linea con il valore nazionale (tutti i tumori, stomaco) o inferiori (colon-retto, prostata), ad eccezione del tumore del polmone, la cui incidenza si va riducendo ma è significativamente più elevata della media nazionale.
Questi eccessi sono in buona parte riconducibili a fattori di rischio noti e maggiormente presenti nell’area considerata (prevalenza di infezioni da virus per l’epatite C e B, prevalenza dei fumatori). Nelle donne, la Campania presenta livelli più elevati rispetto alla macro-area Sud ma generalmente inferiori ai valori nazionali (tutti i tumori, mammella, colon-retto) o equivalenti (stomaco, polmone, cervice).
Gli andamenti della sopravvivenza per tumore a cinque anni dalla diagnosi hanno evidenziato in Italia negli ultimi vent’anni un generale miglioramento per tutte le sedi più frequenti, sia per gli uomini che per le donne, in tutte le aree. Tuttavia permangono le differenze geografiche con sopravvivenze più elevate nelle aree del Centro-Nord rispetto al Sud. La sopravvivenza nel Meridione è infatti inferiore di circa 3 punti percentuali rispetto alla media dei registri (57% vs 60% nelle donne e 49% vs 52% negli uomini).
Come già detto, quindi, e in accordo con i più recenti documenti di istituzioni internazionali (come l’Organizzazione Mondiale della Sanità) e articoli scientifici pubblicati, si può oggi affermare che non ci sia nesso causale accertato tra l’esposizione a siti di smaltimento di rifiuti e specifiche patologie, seppure potenziali effetti negativi sulla salute dei cittadini non possono essere esclusi. “Alla luce delle evidenze epidemiologiche e degli altri dati sopra descritti, che evidenziano come non vi sia una diretta ed univoca relazione di causa-effetto tra singoli determinanti e lo stato di salute generale della popolazione, è necessario avviare una strategia complessiva, che includa la raccolta sistematica di informazioni, la promozione di corretti stili di vita, la prevenzione primaria, il potenziamento delle campagne di screening (prevenzione secondaria), ma che migliori anche l’accesso alle cure e i percorsi diagnostico-terapeutici e riabilitativi. Solo attraverso il coordinamento di queste singole e diverse attività, si potrà rafforzare l’andamento decrescente della mortalità, ed allineare i dati di incidenza e di sopravvivenza ai migliori esistenti a livello nazionale in tempi accettabili”, spiegano dal Ministero stesso.
Anche perché, e questo è forse uno dei dati più importanti, “non si può ignorare l’alta percezione del rischio che la popolazione residente presso siti di smaltimento rifiuti avverte, e quindi una risposta di sanità pubblica proporzionata al contesto è opportuna”.