Nonostante l’impegno profuso dalle Aziende sanitarie e ospedaliere, nell’anno in corso i fornitori, in media, hanno concesso sconti solo del 2%, contro il 5% previsto dalla spending review, mentre la riduzione attesa per il 2013 cresce appena al 2,6% a fronte di un 10% programmato dalla legge di stabilità. A scattare la fotografia dei risultati ottenuti dalle Aziende nella ricontrattazione dei contratti di fornitura di beni e servizi è l’indagine condotta dalla Fiaso su un campione rappresentativo di 45 tra Asl e ospedali, pari al 20% del totale.
In particolare, sono le Regioni più virtuose e quelle che non sono in Piano di rientro dai deficit sanitari ad avere più difficoltà ad ottonere sconti, che toccano appena quota 1,8% nel 2012 e 1,9% nel 2013. Segno, secondo la Fiaso, che i tagli lineari finiscono per penalizzare chi è stato fino ad oggi più efficiente e non quindi nella condizione di ottenere altre riduzioni di prezzo da contratti già ridotti all’osso.
Risultati che nel complesso fanno comunque evaporare come un miraggio l’obiettivo di 2,7 miliardi di risparmi nel biennio, che sono però stati nel frattempo detratti dal Fondo sanitario nazionale. Tanto più che accogliendo una serie di ricorsi il
Tar Lazio ha congelato i prezzi di riferimento di 163 dispositivi medici e sanitari definiti a suo tempo dall’Authority dei contratti pubblici. Prezzi molto bassi ai quali Asl e ospedali avrebbero dovuto chiedere ai fornitori di allinearsi. Ma anche prima della sospensiva decisa dai giudici amministrativi le cose non sono andate meglio. E non certo per mancanza di impegno delle Aziende, che, come si evince dall’indagine, hanno tutte attivato procedure di rinegoziazione e su un numero rilevante di fornitori. Il campione delle 45 aziende dell’indagine ha in media contattato 212 ditte. Con esiti negativi nel 44% dei casi, mentre le negoziazioni conclusesi positivamente sono solo il 28%. Dato percentuale identico a quello delle contrattazioni attualmente in corso. Il 13% delle Aziende ha tentato la scorciatoia della imposizione unilaterale della riduzione dei prezzi d’acquisto, che è stata però subita solo dal 3,8% dei fornitori. In tutti gli altri casi si è dovuti tornare alla pratica negoziale. E, inoltre, nel 60% dei casi questo ha comportato una riduzione dei volumi o dei contenuti delle prestazioni.
Dove si è tagliato di più e dove meno. Per tutte le voci di spesa l’obiettivo del 5% di riduzione dei prezzi per il 2012 e del 10% per il 2013 si è rilevato irraggiungibile. Ma con alcune differenze. Ad essere state maggiormente “aggredite” dalla rinegoziazione dei contratti sono state quelle funzioni accessorie, quali la manutenzione di impianti, tecnologie e beni non sanitari, dove gli “sconti” sono stati in media del 3,4%, quindi superiori alla media. Appena sopra la quale si sono collocati anche gli acquisti di beni non sanitari, con una riduzione dei costi del 2,5%. Meno bene è andata per i servizi non sanitari, come quelli di mensa e pulizia, dove non si è andati oltre a riduzioni medie dell’1,9%, mentre per i canoni di noleggio si è ottenuto solo un meno 1,2% e per i dispositivi medici, tra i quali apparecchiature delicate come Tac, Risonanze o stent coronarici la riduzione è stata di un modesto 1,6%. Questo risultato, in particolare, è stato interpretato nello studio, in maniera provocatoria, quasi come una ‘invito’ ad agire riducendo la qualità di dispositivi e apparecchiature dai quali dipende la salute delle persone per arrivare ad ottenere i risultati auspicati dalla spending review.
Prezzi di riferimento “non confrontabili”. In attesa di conoscere gli esiti del contenzioso amministrativo sui prezzi di riferimento di beni e servizi messi a punto dall’Authority, l’indagine Fiaso ha mostrato come comunque questi siano poco o per nulla confrontabili per diverse categorie di prodotti o servizi. Se il confronto dei prezzi regge nell’85% dei casi per prodotti come quelli di cancelleria e nel 63% per quelli di ristorazione, per tutti gli altri inoltre il 50% dei casi non sono confrontabili. Per l’esattezza non lo sono o lo sono ben poco nell’85% dei casi per i servizi di lavanderia, nel 76% per quelli di pulizia, nel 54% dei farmaci e nel 51% dei prezzi di dispositivi medici.
Dal taglio dei presunti sprechi a quello, reale, delle prestazioni. Il risultato di questo “flop” delle misure dettate dalla spending review prima e dalla legge di stabilità poi, secondo Fiaso, si tradurrà per il 95% delle aziende sanitarie in una riduzione dei servizi e delle prestazioni rese ai cittadini. Che sarà direttamente proporzionale ai mancati risparmi nel 37% dei casi, mentre il 58% delle Aziende spera che la riduzione dei servizi sia più contenuta.
“Purtroppo i primi segnali non sono positivi - ha commentato il presidente della Fiaso,
Giovanni Monchiero - molte Aziende si vedono già costrette a tagliare su altri fattori produttivi, come ad esempio il personale, oltre a quei servizi territoriali dove è più facile intervenire, come l’assistenza domiciliare o quella agli anziani nelle case di riposo. Del resto un po’ da tutta Italia arrivano segnali inquietanti, regioni virtuose incluse”.
Alle Molinette di Torino, infatti, si stanno somministrando ai pazienti farmaci con il contagocce, alcune Asl laziali hanno comunicato a voce o per iscritto ai pazienti nutriti artificialmente a domicilio che le soluzioni nutrizionali non potranno più essere fornite in misura sufficiente. All’ospedale di Tivoli ci si è limitati al simbolico taglio di acqua e latte per i ricoverati, ma a Rimini è stato sospeso il servizio di dialisi notturno che consentiva ai nefropatici che lavorano di continuare a farlo, mentre nella virtuosa Toscana la Asl fiorentina dal 10 dicembre garantisce solo gli interventi chirurgici urgenti e quelli oncologici.
“E questi - ha concluso Monchiero - sono solo alcuni esempi di un sistema che inizia un po’ ovunque a scricchiolare”.
Una conclusione supportata anche da dati forniti dalla Fiaso che mettono in luce l'ammontare dei tagli delle diverse manovre finanziarie sulla sanità già resi noti dalla Corte dei Conti, che ha indicato in 31 miliardi il differenziale tra previsioni di spesa e finanziamenti effettivi post manovre nel periodo 2010-2014 (
vedi tabella 2 dello studio Fiaso allegato) e della stessa Ragioneria generale dello Stato che indicherebbe in circa 18 miliardi la differenza, per il solo 2014, tra fabbisogno ante manovre e finanziamento (
vedi tabella 4 dello studio).