Sequenziare il genoma del pomodoro è un traguardo più importante di quanto non si possa pensare: secondo gli scienziati conoscerne i segreti ci potrà infatti aiutare a combattere i parassiti e la siccità, riducendo i costi e semplificando gli sforzi per migliorare la produzione di pomodoro. Ecco perché la sequenziazione dei 35 mila geni di questa pianta (Solanum lycopersicum) e del suo antenato selvatico (Solanum pimpinellifolium), si è guadagnato la
copertina di questa settimana dalla rivista
Nature. La ricerca potrà anche funzionare da riferimento per altri vegetali, sia della famiglia delle Solanacee di cui fa parte il pomodoro, sia per altre piante.
Nel Tomato Genome Consortium (TGC), il gruppo di oltre 300 scienziati provenienti da quattordici paesi che ha condotto la ricerca, c’è anche lo zampino italiano: la parte di studio condotta nel nostro paese è stata coordinata da
Giovanni Giuliano (ENEA),
Luigi Frusciante (Università di Napoli Federico II) e
Giorgio Valle (Università di Padova) e comprende ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dell’Università di Udine, della Scuola Sant'Anna e di due ditte private, BMR Genomics e Ylichron. Le ricerche italiane sono state finanziate dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e dall’Unione Europea.
Il Tomato Genome Consortium – di cui l’Italia fa parte dalla nascita – è stato fondato nel 2003 a Washington e include scienziati provenienti oltre che dalla nostra penisola anche da Argentina, Belgio, Cina, Francia, Germania, India, Israele, Giappone, Corea, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti.
In particolare, nello studio, si fornisce una dettagliata panoramica delle porzioni funzionali del genoma del pomodoro, rivelando l'ordine e la struttura dei suoi 35.000 geni, racchiusi in 12 cromosomi. La ricerca mostra anche come la pianta che conosciamo oggi sia molto simile al suo antenato più vicino, di cui pure è stato sequenziato il genoma: il pomodoro coltivato si differenzia da quello selvatico di appena lo 0,6%. La sequenza – accessibile sul
sito del TGC – ha poi rivelato una delle basi molecolari di questo adattamento, che ha segnato il passaggio dalla vecchia pianta a quella che mangiamo ora: il genoma di pomodoro si sarebbe “triplicato” improvvisamente circa 60 milioni di anni fa, in un momento vicino alla grande estinzione di massa che ha portato alla scomparsa dei dinosauri. Successivamente, tuttavia, la maggior parte dei geni triplicati sono stati persi, mentre alcuni di quelli superstiti si sono specializzati e oggi controllano caratteristiche importanti della pianta, comprese quelle della bacca, come il tempo di maturazione, la consistenza e la pigmentazione rossa.
Il pomodoro appartiene alla famiglia delle Solanacee, che comprende la patata, il peperone e la melanzana, ma anche piante ornamentali o medicinali come la petunia, il tabacco, la belladonna e la mandragola. I membri di questa famiglia sono adattati agli ecosistemi più diversi, dalla foresta pluviale tropicale al deserto dell’Atacama. Averne decifrato il genoma, spiegano gli scienziati, servirà come riferimento per le altre specie di Solanacee coltivate e per studi di genomica comparativa sia all’interno della stessa famiglia, sia con altre piante superiori.