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QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Ricerca clinica. European House Ambrosetti: “Puntare su eccellenze, fare rete e attrarre investimenti. Così Italia può essere hub europeo”

immagine 15 settembre - Presentato un Position Paper sul trend europeo e italiano della ricerca clinica. Nonostante la crisi il nostro Paese mostra negli ultimi due anni una ripresa dei trial clinici e, grazie all’eccellenza medico-universitaria, agli investimenti del settore privato e alla semplificazione normativa, si candida a diventare uno degli hub della ricerca in Europa. De Biasi (Pd): "Risorse siano certe". Ricciardi (Iss): "Votare sì a referendum importante per attrarre investimenti".
Si è svolto oggi a Roma il Forum “Il Futuro è la ricerca clinica - Un’opportunità per il paziente, il SSN e il Paese”, organizzato da The European House-Ambrosetti in occasione della celebrazione dei 10 anni di Celgene in Italia, con la partecipazione di autorevoli rappresentanti della ricerca nazionale. L’evento è stato l’occasione per confrontarsi sullo stato attuale e le prospettive future della ricerca clinica in Italia e per presentare un Position Paper realizzato da The European House-Ambrosetti per Celgene.
 
Secondo il Position Paper negli ultimi anni – dal 2008 al 2014 – il numero di studi clinici in Europa si è ridotto del 32%. Anche in Italia tra il 2008 e il 2013 si è registrato lo stesso trend negativo con un numero di studi clinici passati da 880 a 583. Nel 2014, però, nel nostro Paese si registra una lieve ripresa delle sperimentazioni, risalite a 592, pari al 18,2% di tutti gli studi europei. La ripresa è continuata anche nel 2015 con il numero di sperimentazioni cliniche autorizzate che ha raggiunto quota 681. Se oltre l’80% dei trial autorizzati in Italia si concentra nelle fasi II e III, gli unici a essere cresciuti dal 2008 sono gli studi di fase I: un segnale positivo che indica una maggiore partecipazione della ricerca italiana alla realizzazione di nuove cure e anche una maggiore capacità di fare ricerca.
 
L’Italia dimostra con i fatti la propria capacità di produrre ricerca: il nostro Paese è nella Top 10 mondiale per numero di pubblicazioni realizzate in ambito medico nel periodo 1996-2015 (al settimo posto con quasi 456.000 pubblicazioni), mentre è addirittura al primo posto per numero di pubblicazioni per ricercatore (5,3) e per numero di citazioni per ricercatore (101,6). La prima specializzazione della ricerca clinica italiana è stabilmente nel campo oncologico con il 39% di tutte le sperimentazioni, seguita da neurologia e cardiovascolare.
A fronte di questi segnali positivi, permangono comunque in Italia alcuni ostacoli allo sviluppo della ricerca clinica, quali per esempio le tempistiche richieste per avviare i trial e la scarsa accessibilità alle informazioni necessarie che rendono il nostro Paese meno attrattivo per gli investitori rispetto ai competitor europei.
 
Il nuovo regolamento europeo 536/2014 che entrerà in vigore nel 2018, offre all’Italia l’opportunità di semplificare il processo autorizzativo delle sperimentazioni cliniche e dunque di candidarsi a “hub“ europeo. A livello nazionale, la riorganizzazione della sperimentazione clinica - portata avanti dal Disegno di Legge presentato nell’attuale legislatura dal Ministro Lorenzin - ha come punti di forza, tra gli altri, la semplificazione degli adempimenti formali per ottenere il parere dei Comitati etici e l’indicazione di requisiti chiari per i Centri autorizzati a condurre sperimentazioni di Fase I.
 
Insieme a regole certe e stabili, per rafforzare la posizione di leadership dell’Italia nella ricerca è necessaria una efficace collaborazione tra tutti gli attori coinvolti nella ricerca clinica, il Servizio Sanitario, i Centri di Ricerca, le Associazioni dei pazienti, l’Accademia e le Aziende.
Celgene ha dato un contributo positivo alla ricerca clinica italiana. Nell’ultimo decennio in Italia ha infatti realizzato 78 studi clinici di cui 50 ad oggi attivi con un investimento in ricerca e sviluppo di oltre 120 milioni di euro e circa 1.800 pazienti coinvolti. Celgene riveste un ruolo importante anche nella ricerca indipendente, supportando o avendo supportato in maniera incondizionata ben 69 studi accademici. 
 
Ma l'importante di tutto ciò è ben rappresentato dal dato che evidenzia come l'allungamento dell'aspettativa di vita negli ultimi 50 anni è stata dovuta per il 73% al contributo dato dai nuovi farmaci. "La ricerca richiede del tempo. Bisogna che chi ci governa lo capisca. Serve quindi una certezza di finanziamento è una programmazione adeguata. Per questo auspico una programmazione almeno triennale" . A chiederlo, in vista del dibattito sulla legge di Stabilità, la presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi.

De Biasi si augura anche che l'Italia “smetta di perdere commesse per i limiti che il nostro Paese ha sulla sperimentazione animale. Dobbiamo adeguarci alla direttiva europea. Dobbiamo fare molte cose per fare in modo di essere competitivi, e anche molto rapidamente”, ha precisato. “Dobbiamo anche cambiare il linguaggio della ricerca. La ricerca indipendente è fondamentale e sono contenta che Aifa abbia stabilito il 5 per cento per la ricerca indipendente. È la prima volta che accade. E poi abbiamo bisogno di programmare e monitorare l'epatite C. E qui c'è un problema di ruolo delle regioni che potrebbero fare di più”.
 
“Il secondo punto – specifica - è la ricerca transnazionale. Questo è un punto centrale, lo snodo dello studio. Non c’è niente di male in una sana relazione tra i diversi soggetti”. E poi anche una battuta su Ema: “Spero che possa avere sede a Milano perché la rete in Lombardia e straordinaria”.
 
“L’Iss vuole riportare l’Italia al centro del panorama internazionale degli investimenti sulla ricerca scientifica e clinica. E in questo senso lavoriamo per aggregare, supportare e valorizzare tutte le nostre eccellenze con l’obiettivo di fare rete”. È quanto ha affermato il presidente dell’Iss, Walter Ricciardi. “Stiamo lavorando molto – ha ribadito – Ed è in dirittura d’arrivo la nomina dei nuovi direttori dei 6 dipartimenti e dei 16 centri nazionali (il 19 ottobre presenteremo le nostre attività e con nostra rete fatto con 15 Irccs)”.
 
Ma Ricciardi è andato oltre ricordando come la ricerca non sia avulsa o sganciata dal sistema Paese. E un ruolo fondamentale lo ricoprirà il referendum costituzionale. “Non c’è dubbio che gli scenari futuri dipenderanno dalla capacità del nostro paese di essere competitivo. E non c’è dubbio che in questo quadro il referendum costituzionale va in questa direzione”. Questo passaggio “non è da sottovalutare” perché ci “dà la possibilità i di dare certezza sulla riformabilità del nostro paese”. Quello che poi, “molto brutalmente, l’ambasciatore americano ci ha detto”. Per Ricciardi “è evidente che un per un paese che ha 2.250 mld di debito pubblico è fondamentale attrarre investimenti dall’estero. E la biomedicina è uno dei settori più importanti”.
 
Per questo il “sì al referendum è importante” perché il “futuro della ricerca clinica si fa sia con le nostre capacità ma anche e soprattutto con gli investimenti. E l’Italia li deve attrarre attraverso la dimostrazione agli investitori che siamo un paese che, oltre ai suoi punti di forza, è in grado di cambiare. La ricerca medicina richiede investimenti a lungo termine e gli investitori vogliono certezze che nei prossimi 4-5 anni possano essere gestiti bene. E se consideriamo che gli investimenti pubblici nel mondo sulla ricerca biomedica sono fatti per l’85% dagli Usa e il 15% dal resto del mondo” si capisce bene come “scienza e ricerca non sono astratte dalla politica”.
 
“Siamo convinti che la ricerca clinica in Italia possa rappresentare un humus straordinario per i piani strategici di espansione dell’industria farmaceutica, supportati oggi da un piano strutturato del Governo Italiano. L’Italia deve puntare sulle proprie caratteristiche di eccellenza, ovvero ricercatori che sanno competere e primeggiare per numero e qualità delle pubblicazioni scientifiche e un’industria capace di produrre ricerca e innovazione di qualità. Per tale motivo Celgene in occasione del proprio decennale in Italia ha deciso di sostenere questi giovani ricercatori con un premio alla ricerca indipendente, sia clinica che di base, il “Celgene Research Award”, in quattro specifiche aree: infiammazione, immunologia, ematologia e oncologia”, afferma Pasquale Frega, Amministratore Delegato di Celgene Italia.
 
“Celgene, decisamente in controtendenza rispetto al panorama generale dell’industria farmaceutica, investe a livello globale in Ricerca e Sviluppo circa il 30% del suo fatturato. Lo straordinario successo della ricerca Celgene in Italia e il piano strategico di sviluppo consentono di prevedere anche per i prossimi anni un aumento degli investimenti: tra questi figura l’ambizione di creare un centro che coordini le attività di ricerca clinica condotte nel nostro Paese”.
 
“L’Italia sulle sperimentazioni cliniche offre competenze scientifiche di eccellenza a livello internazionale. Proprio per questo le imprese nazionali e multinazionali continuano a credere nel nostro Paese e a investire in questa fase della ricerca così importante per scoprire un nuovo farmaco”. Così durante il convegno Enrica Giorgetti, Direttore Generale Farmindustria.
 
“Lo dimostrano i dati sugli investimenti – specifica - , oggi ai livelli più alti degli ultimi 20 anni. Ma si può e si deve fare di più, innanzitutto per superare alcune lentezze procedurali che allungano i tempi. Il sistema Paese si sta muovendo nella direzione giusta, come dimostra il disegno di legge all'esame del Parlamento sulle sperimentazioni cliniche che contiene elementi innovativi davvero positivi”.

“Farmindustria – conclude - dal lato suo vuole far conoscere sempre meglio l'importanza della medicina di genere così come è impegnata a dialogare con le autorità competenti perché le procedure siano rese in tempi brevi più efficienti. Tali quindi da far "esplodere" gli investimenti nelle sperimentazioni cliniche in Italia". 
15 settembre 2016
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