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QS Edizioni - sabato 23 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Epatite B. Per la prima volta ‘visti’ in vivo la malattia e il suo sviluppo

di Viola Rita
immagine 17 aprile - L'impresa dei ricercatori del San Raffaele di Milano, che in tempo reale hanno visualizzato l’azione ‘killer’ dei linfociti, che si assembrano nei capillari del fegato ed identificano e distruggono il nemico, cioè le cellule infettate dal virus dell’epatite B. Lo studio* è su Cell. I VIDEO dell’attacco dei linfociti
Come fa il nostro organismo a difendersi dal virus dell’epatite B? Oggi, per la prima volta al mondo, mediante un’innovativa tecnica di microscopia ‘in vivo’ – la microscopia intravitale-, un gruppo di ricercatori delall’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano è riuscito ad osservare in tempo reale lo sviluppo della malattia. I ricercatori, guidati da Luca Guidotti e Matteo Iannacone, hanno pubblicato i risultati dello studio* sulla rivista Cell.
 
L’epatite B è una malattia infiammatoria del fegato causata da un virus chiamato Hbv, che si trasmette soprattutto attraverso contatti ematici. Gli scienziati hanno visualizzato le diverse fasi con cui i linfociti, importanti cellule del sangue che svolgono un ruolo centrale nel sistema immunitario, si preparano a sferrare l’attacco difensivo contro le cellule del virus Hbv. In pratica, i linfociti circolanti riescono a fermarsi nei capillari del fegato e da lì a identificare e distruggere cellule infettate dal virus. Ecco i VIDEO dello sviluppo della malattia e dell'attacco dei linfociti.
 
“La capacità di osservare direttamente ciò che succede in vivo (come se stessimo guardando immagini tratte da Viaggio Allucinante, film fantascientifico del 1966 tratto da un libro di Asimov) è un cambio di paradigma molto rilevante per la ricerca biomedica, perché ci permette di studiare direttamente le patologie nel loro divenire invece di ricostruirle a posteriori”, osservano Guidotti e Iannacone. “È un po’ come se un meccanico miniaturizzato fosse dentro il motore di una macchina per vedere esattamente dove si trova il guasto”, illustrano Iannacone e Guidotti.
 
Lo studio, infatti, ha osservato la dinamica nel dettaglio, permettendo di osservare che sono le piastrine (piccole cellule del sangue), e non le selettine, integrine o chemochine, a dare l’allarme ai linfociti, cioè un  segnale che qualcosa non va. Le piastrine costruiscono una sorta di “tappeto appiccicoso” che intrappola i linfociti, che si bloccano sul tappeto piastrinico.
A questo punto, essi si staccano e iniziano a scorrere lentamente dentro i capillari, anche in senso contrario al flusso sanguigno. “E mentre scorrono - osserva Iannacone - seguitano a infilare sottili tentacoli (di un diametro 10,000 volte più piccolo di un millimetro) attraverso piccole fenestrature poste nella parete dei capillari, perlustrando così l’ambiente sottostante. Quando poi arrivano a identificare la cellula malata, al di là della parete del vaso, queste molecole usano i tentacoli per trasportare tossine mortali nella cellula malata, mantenendo però il proprio corpo all’interno del vaso”, continua Guidotti. La permanenza all’interno del vaso permette ai linfociti di continuare a svolgere la loro funzione difensiva.
 
Per visualizzare le varie fasi della malattia epatica, Iannacone e Guidotti hanno utilizzato modelli murini e microscopi ad altissima risoluzione.“Queste tecniche permetteranno una miglior comprensione di altre patologie epatiche di natura virale, batterica, parassitaria o tumorale per le quali non disponiamo ancora di adeguate terapie”, dichiarano i due ricercatori.
 
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che globalmente 300 milioni di persone sono affette da una forma cronica di epatite B ed un milione di decessi all’anno sono causati da cirrosi e/o cancro al fegato, una delle possibili conseguenze della malattia epatica persistente per molti anni. L’Hbv, infatti, può causare epatiti acute, nelle quali  i numerosi ed efficienti linfociti citotossici riescono a debellare l’infezione ma causano danni al fegato anche seri, ed epatiti croniche, nelle quali i pochi e poco funzionali linfociti citotossici non riescono a eliminare il virus ma mantengono una malattia epatica blanda e continua.
La presenza della cirrosi è associata alla riduzione del numero e del diametro delle normali fenestrature dei capillari epatici e alla deposizione di tessuto cicatriziale che ne riduce la loro permeabilità. I risultato dello studio odierno ha illustrato come l’azione difensiva dei linfociti attraverso i tentacoli sia molto importante nella lotta al virus: questo stesso risultato, dunque, spiegherebbe anche perché la cirrosi sia un fattore tanto predisponente per l’insorgenza del tumore del fegato: “i linfociti citotossici che scorrono all’interno dei capillari epatici non riescono più a infilare i loro tentacoli nelle fenestrature e ciò limita fortemente la loro capacità di identificare e distruggere le cellule malate al di là della parete dei capillari”, spiegano i ricercatori. “Quando le cellule malate in questione sono cellule del fegato che stanno acquisendo proprietà tumorali, il mancato riconoscimento da parte dei linfociti citotossici permette a queste cellule non solo di crescere indisturbate ma anche di acquisire caratteristiche sempre più aggressive”.
Lo studio pubblicato su Cell è stato possibile grazie a finanziamenti dell’European Research Council (a Luca G. Guidotti e a Matteo Iannacone), della Giovanni Armenise Harvard Foundation (a Matteo Iannacone), del National Institute of Health americano (a Luca G. Guidotti) e dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (a Matteo Iannacone). Luca G. Guidotti è responsabile del laboratorio di Immunopatologia ed è vice-direttore scientifico dell’IRCCS Ospedale San Raffaeledi Milano. Matteo Iannacone è responsabile del laboratorio di Dinamica delle risposte immunitarie sempre al San Raffaele di Milano. Per i suoi studi sull’epatite B Il dottor Iannacone riceverà, il prossimo 25 aprile a Vienna, il prestigioso Young Investigator Award 2015 da parte dell’European Association for the Study of the Liver.
 
Viola Rita
 
*Luca G. Guidotti et al., Immunosurveillance of the liver by intravascular effector cd8+ t cells, CELL – 16 Aprile 2015
17 aprile 2015
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