Lo studio si chiama “InterAct”, e coinvolgerà oltre 24mila persone in otto nazioni europee. Ma il nome non dice molto sull'obiettivo – ambizioso – che il progetto, all'interno del quale c'è molta Italia, si pone: studiare come fattori genetici e stile di vita (in particolare dieta e attività fisica) interagiscano tra loro nello sviluppo del diabete tipo 2. O, in altre parole, rispondere a una semplice ma cruciale domanda: possiamo prevenire l’insorgenza del diabete attraverso il cibo? L'argomento è stato anche oggetto di discussione al Congresso EASD 2013, che si conclude domani a Barcellona (vedi gli altri nostri servizi,
prima parte e
seconda parte).
I partecipanti all’InterAct fanno parte di una coorte di oltre 350 mila persone coinvolte nello studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), un progetto finanziato dalla Comunità Europea in corso in 10 nazioni europee, e a cui prendono parte ricercatori di
Torino, Varese, Firenze, Napoli e Ragusa. Abbiamo chiesto alla dottoressa Rosalba Giacco, Primo Ricercatore presso l’Unità di Nutrizione Umana e Metabolismo dell’Istituto di Scienze dell’Alimentazione CNR di Avellino e Membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Diabetologia (SID) di commentare per noi alcuni dei risultati dell’InterAct e di illustrarci lo stato dell’arte delle conoscenze in tema di prevenzione del diabete attraverso la dieta. “Prima di parlare della qualità della ‘dieta’ e degli alimenti – esordisce la dottoressa Giacco – è molto importante sottolineare l’importanza di non esagerare nel consumo di calorie; ciò significa, ad esempio, preferire alimenti a basso contenuto calorico, rispetto a quelli ad alta densità di calorie. Nessun alimento va demonizzato, ma di certo quelli più energetici vanno assunti con molta moderazione. La dieta ha una grande importanza nella prevenzione del diabete, che non è affidata ad un singolo alimento, ma alla costruzione di un pattern alimentare corretto; e la dieta mediterranea resta ancora il modello di maggior successo”.
Frutta e verdura: devono fare la parte del leone nella dieta. Da preferire, secondo i risultati di uno studio della ‘famiglia’ InterAct, vegetali a foglia verde (es. spinaci, cardi, indivia, etc.) e ortaggi quali quelli a radice (es. carote, radicchio, barbabietole, etc.). Si alla dieta a ‘chilometro zero’, che varia naturalmente a seconda della stagione. “In primavera-estate, portiamo a tavola zucchine, melanzane, peperoni e carciofi – consiglia la dottoressa Giacco - in autunno-inverno, cavoli, broccoli e funghi. Questi alimenti sono ricchi di fibre che danno un senso di sazietà, rallentano la digestione e l’assorbimento degli zuccheri, riducendo in questo modo i picchi di glicemia dopo i pasti; stessa cosa per i grassi: le fibre legano i grassi e ne riducono l’assorbimento. Infine, frutta e verdura sono una fonte importante di vitamine, sali minerali e sostanze anti-ossidanti, come i composti polifenolici che riducono l’infiammazione e migliorano la sensibilità all’insulina”.
Carboidrati: questo nome indica una famiglia di sostanze molto eterogenea. Tra i carboidrati complessi il più comune è l’amido, componente della farina di frumento, a sua volta declinabile in pane o pasta, ma contenuto anche nelle patate e nei legumi. L’amido, a seconda del tipo di alimento nel quale è contenuto, ha una diversa capacità di influenzare i livelli di glicemia dopo un pasto e quindi la risposta insulinica. Questo permette di dividere i cibi in due categorie: a basso o ad elevato indice glicemico. Nella dieta, vanno preferiti quelli che non provocano grandi escursioni glicemiche quali legumi e pasta (alimenti a basso indice glicemico); da limitare invece quelli ad elevato indice glicemico, quali pane e pizza. Un ‘trucco per abbassare l’indice glicemico dei cibi (ad es. il pane e i cereali da prima colazione) è quello di addizionarli con beta-glucano o glucomannani, fibre idrosolubili viscose. In alternativa, si può cercare un forno che faccia il pane come quello della nonna, cioè con la fermentazione acida. In questo tipo di panificazione si utilizza il lievito madre (lievito acido o ‘criscito’) che, abbassando il pH del pane, rende l’amido più resistente all’idrolisi, cioè alla digestione. Un effetto simile si ottiene utilizzando starter batterici (in genere batteri lattici) per prodotti da forno lievitati.
Carne: la carne, in particolare carne rossa e insaccati, aumentano il rischio di diabete. Per questo è bene consumarla con grande parsimonia, portandola a tavola non più di 2-3 volte la settimana. La carne rossa è ricca di grassi ‘nascosti’, evidenti invece negli insaccati che contengono anche grandi quantità di sale. Gli insaccati in particolare sono alimenti che favoriscono non solo l’insorgenza di diabete ma anche di altri importanti fattori di rischio quali l’ipertensione e l’ipercolesterolemia. Da consumare, dunque, sporadicamente. Meglio, invece, le carni bianche (pollo, tacchino, coniglio). Prosciutto e bresaola sono considerati alla stessa stregua della ‘carne rossa’; da consumare quindi con moderazione.
Pesce: gli studi condotti finora non concordano sull’ effetto protettivo del pesce nei confronti del diabete; il pesce tuttavia rimane un alimento utile per la salute, in quanto ricco di acidi grassi omega-3, importanti perché consentono di tenere a bada i livelli di lipoproteine ricche in trigliceridi (VLDL) nel sangue ed hanno un effetto protettivo nei confronti delle aritmie cardiache. I pesci ‘grassi’ e il pesce azzurro hanno un elevato contenuto di omega-3.
Latte e latticini: semaforo verde per questi alimenti nella prevenzione del diabete? Lo studio InterAct non trova che il consumo di prodotti derivati dal latte riduce il rischio di diabete, ma osserva che un più alto consumo di derivati del latte fermentato (es. yogurt e formaggi freschi fermentati) sembra essere efficace nella prevenzione del diabete. E non solo. I prodotti fermentati ripopolano l’intestino di batteri lattici che svolgono un’azione benefica per la salute, riducendo, ad esempio, il livello di sostanze tossiche in circolo e migliorando la sensibilità all’insulina. Pertanto, essi possono, in tal modo, contribuire alla prevenzione del diabete. Il latte è una bevanda-alimento importante, che gli adulti dovrebbero preferibilmente consumare in forma ‘parzialmente scremato’. Ricco di calcio e vitamina D è un prezioso alleato contro l’osteoporosi e sembra rappresentare anche uno scudo protettivo nei confronti di diabete e malattie cardiovascolari. Ottimo per la colazione del mattino nell’abbinata con i cereali integrali o con una fetta di pane integrale.
Uova: alimento ad elevato valore biologico, contenente proteine ricche di aminoacidi essenziali. Ma è anche una fonte importante di colesterolo. Da consumare dunque con moderazione: non più di 1-2 volte a settimana. Bisogna, infine, fare attenzione alle fonti nascoste: cibi preconfezionati, sughi, merendine, che andrebbero comunque evitati.
Bibite e soft drink: sono un problema soprattutto nei ragazzi. Calorie rapidamente trangugiate che fanno lievitare l’ago della bilancia e conferiscono un aumentato rischio di sviluppare il diabete. Uno studio di recente pubblicazione ha evidenziato che consumare un soft drink zuccherato al giorno fa aumentare il rischio di diabete del 20%. A conti fatti, l’acqua resta la bevanda ideale: non siamo fatti di aranciata o cola.
Tè e caffè: i consumatori abituali di quantità moderate di caffè e tè sono protetti, rispetto ai non consumatori, dal rischio di contrarre il diabete di tipo 2. Tuttavia queste bevande vanno consumate in quantità ragionevoli per evitare gli effetti indesiderati della caffeina, quali l'aumento della pressione arteriosa e l'insonnia. La protezione nei confronti del diabete sembra dipendere dall’azione antiossidante ed antinfiammatoria della componente polifenolica di cui queste bevande sono particolarmente ricche.
Alcol: in piccole quantità, pari a 10-20 grammi al giorno (l’equivalente di 1-2 bicchieri di vino) può ridurre un po’ il rischio di malattie cardiovascolari e di diabete. Ma attenzione, l’alcol è anche una fonte di calorie. Da vietare assolutamente ai ragazzi e alle donne in gravidanza, oltre ovviamente a chi è affetto da alcune patologie (es. epatopatie o ictus emorragico).
Dal nostro inviato a Barcellona Laura Berardi