Un tempo era più comune tra i più ricchi, coloro che potevano permettersi pasti a base di carne e alcolici. Ma oggi la gotta è particolarmente diffusa tra le persone con livello di istruzione e tasso di occupazione inferiore alla popolazione generale. In Italia i malati sono soprattutto uomini oltre i 40 anni e donne in post-menopausa: oltre mezzo milione di persone, e potenzialmente potrebbero essere dieci volte tanti. Anche di questa emergenza si è parlato nel corso del XLIX Congresso Nazionale della Società Italiana di Reumatologia, che si è concluso la settimana scorsa a Milano. Per risolvere il problema, ridurre il rischio di insorgenza e limitare la gravità dei sintomi, servono sane abitudini alimentari. Anche perché, secondo i dati preliminari dello studio KING, condotto proprio dalla SIR, le condizioni dei pazienti italiani sono peggiori di quanto non si immaginasse.
Sono 5 milioni gli italiani che sono a rischio gotta.Tanti sono infatti i soggetti che presentano elevati livelli di acido urico nel sangue (iperuricemia), causa diretta della comparsa della malattia, spesso in associazione con un disordine metabolico più generale (obesità, dislipidemia, iperglicemia, ipertensione). Nella maggior parte dei casi l’iperuricemia è asintomatica per anni, per poi manifestarsi con il deposito di cristalli di urato monosodico che vanno ad accumularsi a livello articolare, dando origine ad attacchi acuti e intermittenti, che con il passare degli anni evolvono in una forma cronica di artrite.
In genere gli attacchi interessano inizialmente l’alluce, successivamente si estendono a caviglie, gomiti e ginocchia, spalle o polsi che si gonfiano e arrossano procurando forti bruciori. L’incidenza di questa patologia è in costante aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione e dei tassi crescenti di obesità e diabete tra la popolazione, oltre che della diffusione di alcune classi di farmaci.
Ma qual è l’identikit del paziente affetto da gotta in Italia?“Nonostante la malattia sia nota da tempo, pochi studi si sono focalizzati sull’identificazione delle possibili variabili socio-demografiche e cliniche che possono influire significativamente sul grado di disabilità, sulla qualità della vita e sul rischio di mortalità”, ha spiegato
Marco Matucci Cerinic, Presidente della Società Italiana di Reumatologia, Professore Ordinario di Reumatologia e Direttore Struttura Complessa di Reumatologia della Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi (AOUC). “Sebbene la recente introduzione di nuovi farmaci stia dando un certo impulso alla ricerca, gli studi osservazionali in materia sono sporadici a livello internazionale e praticamente assenti per l’Italia. Da questa necessità scaturisce l’impegno della Società Italiana di Reumatologia nello studio KING”, i cui dati preliminari sono stati presentati in occasione del XLIX Congresso Nazionale della Società Italiana di Reumatologia (Milano, 21-24 novembre 2012).
“Lo studio KING (Kick-off the Italian Network for Gout) – ha affermato
Carlo Scirè, coordinatore della task force SIR sulla Gotta – si è proposto di osservare l’influenza di numerose variabili (fattori socio-demografici, comorbidità, abitudini di vita, durata e fase di malattia, terapie pregresse e concomitanti, indici di attività e danno) sulla disabilità funzionale e sulla qualità della vita di pazienti affetti da gotta, individuando quali fattori maggiormente predispongono al peggioramento cronico della malattia. Sono stati coinvolti 30 centri reumatologici distribuiti sul territorio nazionale per ottenere, attraverso un questionario standardizzato e validato, dati di follow-up a 12 mesi su 450 pazienti in tutta Italia.”
I risultati preliminari hanno fornito dati interessanti sulla storia attuale della gotta:il 40% dei pazienti con gotta mostra una disabilità superiore all’atteso, che va da lieve a severa. A causa della disabilità e della peggiore condizione fisica, la qualità di vita dei pazienti risulta significativamente ridotta rispetto all’atteso per soggetti di pari età, sesso e distribuzione geografica. Lo studio ha rilevato inoltre come gli stili di vita abbiano un impatto significativo sulla malattia: in particolare i soggetti obesi o coloro che consumano alcolici, specie la birra, presentano una maggiore disabilità, mentre è stato riscontrato che l’abitudine al fumo dei pazienti con gotta è minore rispetto alla popolazione generale.
I dati raccolti evidenziano come lo stile di vita dei pazienti con gotta rimanga ancora parzialmente differente da quanto raccomandato: pur essendo diffusa una certa consapevolezza verso alcuni tradizionali fattori di rischio, altre buone abitudini sono tuttora trascurate. “Emerge la necessità di un intervento in grado di migliorare la condizione dei pazienti, limitandone la disabilità e prevenendo l’acutizzazione cronica della malattia”, ha commentato
Giovanni Minisola, Presidente uscente della SIR. “Per questo la Società Italiana di Reumatologia ribadisce l’importanza di una diagnosi precoce e una terapia appropriata, cui affiancare una corretta educazione del paziente, che deve essere opportunamente informato e sensibilizzato sui comportamenti da adottare. Perché l’approccio nella gestione della malattia sia sempre più mirato ed efficace non si devono dimenticare una sana alimentazione e una moderata attività fisica”.