"Bisogna tagliare gli sperperi e monitorare gli appalti ma non ridurre i servizi. Vorremmo ad esempio chiedere alla Polverini quanto costa alla Regione chiudere la rianimazione a Subiaco e realizzarne una a Colleferro". Questo il commento dell'on. Francesco Proietti Cosimi a termine del sopralluogo presso gli ospedali di Tivoli e Subiaco che una delegazione della Commissione parlamentare d'inchiesta degli errori e i disavanzi sanitari regionali ha svolto oggi.
La visita rientra nell'ambito dell’inchiesta condotta dalla Commissione, presieduta dall’on. Leoluca Orlando, sulla situazione economico-finanziaria della sanità nella Regione Lazio e, in particolare, sullo stato di attuazione del Piano di rientro e sulla rimodulazione della rete ospedaliera.
La delegazione - composta dagli onorevoli Maria Grazia Laganà Fortugno, Melania De Nichilo Rizzoli e Francesco Proietti Cosimi – si è confrontata con i vertici della Asl Rm G, “una delle più estese d’Italia, ma con soli cinque presìdi ospedalieri”, ricorda la nota della Commissione che ha “denunciato l’uso distorto dei mezzi di servizio da parte di alcuni dipendenti, con conseguente malversazione e spreco di risorse”. La delegazione della commissione Orlando ha quindi “raccolto la preoccupazione dei cittadini per la diminuzione dei posti in riabilitazione, come previsto dal Piano di Rientro” ed ha, inoltre, “rilevato che l’obbligo di ricorrere alla Centrale acquisti ha determinato l’impossibilità a procedere celermente ad alcune gare di appalto, causando così costi più alti dei possibili risparmi”.
Durante la visita presso il presidio San Giovanni Evangelista di Tivoli, la delegazione ha incontrato gli operatori e i dirigenti dell’ospedale, raccogliendo, in particolare, la difficoltà ad allinearsi alle disposizioni del piano di Rientro. Difficoltà sentita ancor di più a Subiaco dove l’ospedale “Angelucci”, in base al decreto 80, che riorganizza la rete ospedaliera, dovrebbe ridursi a semplice presidio da 8 posti letto. Allo stato attuale sono stati accorpati i reparti di Ortopedia e Chirurgia ed è stato chiuso quello di Ostetricia e Ginecologia, mentre manca ancora l’elisuperficie per il 118 (viene attualmente usata quella dei vicini Vigili del Fuoco). Ciò che tuttavia sembra aver provocato maggiore disagio è stata la chiusura e riapertura del reparto di Terapia intensiva per 2 volte in 24 ore e la decisione di trasferire la Rianimazione presso l’ospedale di Colleferro. “Tra i cittadini l’esasperazione è tale che dal febbraio 2011, davanti all'ospedale di Subiaco, è stato istituito un presidio permanente”, racconta la nota della commissione.
“Un ospedale così collocato non può permettersi un depotenziamento. Il decreto 80 – secondo Cosimi - deve esser modificato in base alle richieste del direttore della Asl Rm G, Nazzareno Brizioli, ovvero nella direzione del superamento del progetto di trasformazione della struttura di Subiaco in una struttura di tipo C. Il piano Brizioli è stato informalmente condiviso dalla Regione, ma l’approvazione definitiva, che la Commissione solleciterà, richiede il benestare del Ministero dell’Economia”.
D’accordo sulla necessità di rivedere il decreto 80 anche l’on. Maria Grazia Laganà Fortugno. “La Presidente Polverini – ha affermato Laganà Fortugno - deve impegnarsi a modificarlo, specie riguardo alla rianimazione, che non può esser smantellata. A ciò si aggiunge la necessità di potenziare il pronto soccorso per garantire l’emergenza-urgenza H24, ed è necessario, inoltre, potenziare e mettere in rete i servizi diagnostici collegati, come il laboratorio di analisi e la radiologia, perché la TAC non può servire, come accade ora, solo per i pazienti ricoverati, ma deve essere disponibile ma anche per gli esterni, che vengono altrimenti dirottati sul privato o allungano le liste d'attesa”.
"Una struttura come quella di Subiaco non può esser chiamata ospedale, perché un ospedale che meriti questo nome deve esser messo in condizioni di operare e risolvere le emergenze: se si arriva qui con un'emorragia uterina o un infarto, si muore", ha commentato l'on. Melania De Nichilo Rizzoli. “E i cittadini iniziano a capirlo – ha aggiunto - visto che nel 2011 gli accessi al pronto soccorso sono stati 8000 circa mentre negli anni scorsi fino a 12000; ciò significa che la gente si fa portare altrove, ovvero ingrossa le fila dei pronto soccorso della Capitale”.