15 ottobre -
La schizofrenia rappresenta uno dei maggiori problemi di sanità pubblica e può essere considerata il disturbo psichico più grave in termini di disabilità, stigma che colpisce chi ne è affetto, carico per i familiari. Per questo la risposta a bisogni così elevati di salute mentale non può essere trovata solo nell’ambito sanitario, ma necessariamente deve coinvolgere gli ambiti sociale e politico e considerare l’aspetto esistenziale e relazionale della vita dell’uomo. Questo è stato il tema affrontato nel convegno nazionale Motore Sanità, organizzato con il patrocinio di Regione del Veneto, Parlamento Europeo, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e Federsanità ANCI, all’interno del workshop “Schizofrenia: sostenibilità del sistema dall’ospedale al territorio”. Alla Tavola Rotonda, dedicata al confronto sulla gestione del paziente all’interno delle Regioni e alla valorizzazione delle best practice sul territorio, hanno partecipato:
Lorenzo Rampazzo, responsabile SM Veneto;
Michele Tansella, Centro OMS per la Ricerca e la Formazione in Psichiatria, Università di Verona;
Beatrice Bergamasco, presidente Progetto Itaca - associazione pazienti;
Giampiero Cesari, direttore U.F. Salute Mentale Adulti Arezzo;
Mauro Percudani, responsabile DSM Garbagnate.
Tra i principali temi affrontati l’integrazione e il collegamento tra i diversi soggetti, istituzionali e non istituzionali, coinvolti nella tutela della salute mentale (Aziende Sanitarie Locali, Aziende Ospedaliere e Dipartimenti di Salute Mentale, soggetti erogatori accreditati, Medici di medicina generale, Enti locali, Scuola, associazioni, mondo del lavoro); la flessibilità nei percorsi di assistenza, attraverso modelli di collaborazione pubblico/privato in modo da valorizzare la relazione terapeutica personale con la responsabilizzazione dell’utente considerato come protagonista della cura e non come oggetto passivo; la continuità di cura e gestione del paziente, che comporta interventi di diversa natura per il recupero clinico e sociale dello stesso.
La schizofrenia infatti è una malattia cronica e spesso invalidante del cervello che interessa circa l’1% della popolazione e che si manifesta generalmente tra i 16 e i 25 anni. Alcuni aspetti della schizofrenia sono controllabili, ma i sintomi persistenti abbandonano a se stesse molte persone affette da questo disturbo, che devono lottare per vivere normalmente nel contesto sociale. A peggiorare le cose, l’opinione pubblica spesso non ha informazioni corrette sulla schizofrenia e questo porta alla stigmatizzazione e al pregiudizio, che isolano ulteriormente i pazienti. Forse il preconcetto più dannoso è la convinzione errata quanto popolare che le persone con schizofrenia siano violente. La maggior parte delle persone affette da questo disturbo non lo è.
Uno degli aspetti della patologia che molto spesso è a carico delle famiglie è la gestione della cosiddetta “sintomatologia negativa” in cui il paziente presenta difficoltà di dialogo (alogia), mancanza di espressione emotiva e facciale (appiattimento affettivo), diminuita capacità di pianificazione e sostenere attività quotidiane (avolizione), ridotta capacità di provare piacere nella vita quotidiana (anedonia) e soprattutto isolamento sociale. Come indicato anche all’interno del Piano di azioni nazionale per la salute mentale, è fondamentale però che i percorsi di cura vengano realizzati sia da parte dei servizi specialistici per la salute mentale sia nell’integrazione con la rete dei servizi sanitari, sociali e educativi, formali e informali, istituzionali e non.
In tale prospettiva, giocano un ruolo fondamentale i servizi territoriali, in grado di differenziare le tipologie dei bisogni e delle domande per individuare percorsi territoriali di cura diversificati, quali ad esempio la collaborazione con servizi anche dell’area sociale ed educativa, la relazione di cura continuativa paziente – specialista, la presa in carico per pazienti portatori di bisogni gravi e/o complessi con progetto terapeutico condiviso. L’assistenza a soggetti affetti da disturbi psichici pone problemi che vanno oltre i trattamenti. Si tratta della qualità della vita della persona e della famiglia nel loro contesto di vita e di lavoro. Ai servizi psichiatrici viene chiesto di assumersi la responsabilità della cura favorendo al contempo l’alleanza terapeutica con i propri utenti e con i loro familiari, offrendo programmi di intervento ampi, che rispondano anche a bisogni di rilievo sociale attraverso il collegamento con i diversi soggetti che operano sul territorio.
“Per Progetto Itaca la sfida futura è trovare procedure più efficaci per l'integrazione sociale e la riabilitazione delle persone affette da schizofrenia - ha concluso
Beatrice Bergamasco, presidente del Progetto Itaca, l’associazione di volontari per la salute mentale. Il privato sociale ed i servizi pubblici si devono impegnare assieme a trovare prassi e protocolli ben definiti dove la collaborazione delle diverse risorse del territorio si complementino potenziando l'efficienza dei singoli specie in un momento di risorse limitate. A questo proposito stiamo sperimentando con una Azienda Ospedaliera di Milano possibilità di “Piani Terapeutici Integrati” articolati anche tra il pubblico e privato con il coinvolgimento della rete territoriale e delle famiglie con ottimi risultati."