"Nelle prossime ore apriremo un confronto con le Regioni, con l'apertura di un tavolo sulle questioni da loro proposte". Lo aveva annunciato nei giorni scorsi il ministro della Salute,
Roberto Speranza, in riferimento alle richieste di modifica dell'attuale normativa avanzata dai governatori sui tempi delle quarantene, definizioni di caso Covid e classificazione delle ospedalizzzazioni.
E questa settimana la discussione entrerà nel vivo, con un vero e proprio braccio di ferro su punti fermi per i quali il ministero è sembrato inamovibile nei giorni scorsi e possibili aperture. Tra i punti fermi c'è ad esempio la
definizione di caso Covid. Per le Regioni l’attuale circolazione virale, "ai fini di un monitoraggio coerente della stessa, richiede di valutare un aggiornamento della definizione di caso considerando congiuntamente la positività ad un test per la ricerca di Sars-CoV-2 e la presenza di segni e/o sintomi compatibili con Covid". In poche parole, dovrebbero essere definitivi affetti da Covid solo quei pazienti con sintomi. Su questo però, è arrivato già nei giorni scorsi un freno deciso da parte dell'Istituto superiore di sanità che, in alcune Faq pubblicate il 13 gennaio ha spiegato: "L’esperienza ha dimostrato, inoltre, che la maggior parte delle infezioni, in particolare nei soggetti vaccinati, decorre in maniera asintomatica o con sintomatologia molto sfumata. Non sorvegliare questi casi, limiterebbe la nostra capacità di identificare le varianti emergenti, le loro caratteristiche e non potremmo conoscere lo stato clinico che consegue all’infezione nelle diverse popolazioni (es. per età, stato vaccinale, comorbidità). Inoltre, non renderebbe possibile monitorare l’andamento della circolazione del virus nel tempo e, di conseguenza, i rischi di un impatto peggiorativo sulla capacità di mantenere adeguati livelli di assistenza sanitaria anche per patologie diverse da Covid".
Dalle Regioni è stata poi avanzata la richiesta di un
adeguamento del sistema di monitoraggio a causa di una "diffusa difficoltà nel garantire alcuni dei parametri previsti dal Sistema di Monitoraggio, anche alla luce delle necessità di riorientare le attività degli operatori sanitari ad azioni prioritarie nell’attuale contesto epidemiologico (es. campagna vaccinale, assistenza sanitaria ospedaliera e territoriale, contact tracing scolastico e nei contesti a maggior rischio di diffusione, etc.)". La proposta anche in questo caso è quella di focalizzarsi sui casi sintomatici.
E arriviamo ai
ricoveri ospedalieri. "Per una descrizione coerente della pressione ospedaliera risulta necessario non considerare i ricoverati per altra patologia a cui viene riscontrata una positività al Sars-CoV-2, perché sottoposti a testing di routine (es. screening per Sars-CoV-2 durante il ricovero), e che possono essere isolati nel reparto appropriato per la diagnosi principale di ricovero (non Covid) senza occupare posti letto dedicati al Covid e che in molti casi non incidono sulla disponibilità di posti letto internistici", scrivono le Regioni. Si punta quindi a non contare nel bollettino come casi Covid quelle persone ricoverate per altre patologie e risultate positive al tampone al momento dell'accesso in ospedale. Sul punto in un primo momento sembrava essere arrivata un'apertura da parte del Ministero della Salute. Nei giorni scorsi il Dipartimento di prevenzione aveva infatti redatto una bozza di circolare - tutt'ora non protocollata e non inviata alle Regioni - che accoglieva in larga parte questa richiesta di modifica. A seguito però delle diverse voci di protesta sollevatesi da parte dei medici il documento è stato per ora 'congelato'.
Passando al
contact tracing, la richiesta dei governatori è quella di "valutare un aggiornamento delle indicazioni operative al fine di rimodulare il contact tracing secondo criteri di priorità e sostenibilità, attuando il tracciamento solo per i contatti di casi sintomatici". E questo anche perché "il numero di casi di positività, la mobilità delle persone, la frequenza e la numerosità dei contatti sociali rende in tale scenario impossibile mettere in isolamento tutti i positivi ed in quarantena tutti i relativi contatti, tenuto anche conto del fatto che la quarantena non risulta più sostenuta economicamente da parte dell’Inps per tutte le categorie". Ulteriore richiesta in tal senso è quella di "eliminare il tampone di chiusura anche per i soggetti asintomatici posti in isolamento". Ad oggi anche i soggetti vaccinati con tre dosi o con la seconda dose ricevuta da meno di 120 giorni sono soggetti a isolamento ridotto da 10 a 7 giorni con la necessità di un tampone finale.
Altro tema di discussione sarà quello delle
scuole. Nell'attuale contesto epidemiologico caratterizzato da un'alta incidenza, per le Regioni la gestione della sorveglianza nelle scuole primarie, "con testing prevista per le scuole primarie alla segnalazione del primo caso al tempo zero ed al quinto giorno, risulta impossibile". La conseguenza è che intanto che gli studenti aspettano di essere contattati per l’esecuzione del tampone e del relativo referto, continuano a frequentare altri ambienti comunitari con conseguente diffusione del virus. "Pertanto, si ritiene inoltre che debba essere precisato che in attesa dell’effettuazione del tampone e del relativo esito, gli studenti rimangano presso il domicilio senza frequentare nè la scuola, nè le attività comunitarie".
Inoltre, sempre in ambito scolastico, si richiama la circolare del Ministero della Salute del 30 dicembre scorso che ha introdotto il regime di auto-sorveglianza e di quarantena breve sulla base dello stato vaccinale in funzione di un intervallo temporale di 120 giorni rispetto al completamento del ciclo primario o della guarigione. Questo intervallo, spiegano le Regioni, differisce rispetto ai 180 giorni che caratterizzano invece la validità del Green Pass, riconosciuta anche dai sistemi di verifica utilizzati a livello scolastico per le verifiche sugli obblighi. "Si ritiene che nel contesto del contact tracing scolastico tale informazione (120 giorni) debba essere resa disponibile all’Istituzione Scolastica al fine di poter procedere in autonomia alla verifica da parte dei Dirigenti sia per quanto concerne gli alunni che gli operatori. Tale modalità al fine di consentire di semplificare le procedure di verifica e rendere disponibile a tutti la documentazione necessaria a comprovare la propria condizione".
Infine, ultimo tema riguarda
l’attività periodica di screening prevista per gli operatori sanitari che, secondo il parere delle Regioni, dovrebbe principalmente concentrarsi su soggetti sintomatici, "prevedendo che i medici e gli infermieri positivi al tampone per Covid, ma asintomatici e che hanno già ricevuto le tre dosi di vaccino, possano lavorare nei reparti Covid. Tale modalità permetterebbe di liberare risorse in un momento difficile, liberando medici e infermieri da destinare al funzionamento di reparti non-Covid in area Medica e Chirurgica".
Giovanni Rodriquez