5 agosto -
“Il lavoro svolto in Commissione Sanità è stato caratterizzato dall’impegno comune e dalla volontà unanime di riempire un vuoto legislativo inaccettabile e dare un doveroso e forte segnale di attenzione alle 400mila famiglie alle prese con una patologia difficile come l’autismo, approvando la prima legge nazionale in materia. Ma, francamente, non lo ritengo un traguardo e mi guardo bene dall’esprimermi con enfasi ingiustificata. Questa legge semmai è una partenza, trattandosi di un primo, piccolissimo passo verso la risposta concreta alle reali esigenze dei bambini e degli adulti autistici, delle loro famiglie e della ricerca”. È quanto dichiara in una nota
Luigi d’Ambrosio Lettieri (CR), componente Commissione Sanità del Senato.
“Se non partiamo da questo fondamentale presupposto – ha ricordato -, rischiamo di trasformare questa in una legge delle buone intenzioni, quando occorre che alle intenzioni seguano i fatti. E i fatti si fanno con le risorse professionali adeguate che assistano le famiglie coinvolte e con fondi ad hoc che, purtroppo, in questa legge, non sono previsti neanche per la ricerca. Come ci dimostrano i dati che abbiamo rilevato anche grazie all’indagine conoscitiva sul sistema sanitario nazionale realizzata in Commissione, non basta che una patologia sia inserita nei Lea perché le prestazioni sanitarie siano effettivamente garantite. La crisi economica e le restrizioni alla sanità pubblica, con i tagli lineari – gli ultimi ammontano a 2,3 miliardi di euro - stanno pregiudicando le condizioni di accesso ai servizi sanitari, soprattutto fra le categorie più deboli e nelle regioni più in difficoltà, aggravando le già importanti diseguaglianze sociali e territoriali esistenti nel Paese”.
“Allora – conclude -, perché non si riveli uno scatolone vuoto, questa legge deve contribuire davvero a migliorare la prevenzione, la diagnosi, l’assistenza e la qualità della vita dei pazienti affetti dai disturbi dello spettro autistico, a riconoscerne esplicitamente gli effetti invalidanti e a incentivare la ricerca, promuovendo anche la conoscenza di una malattia attorno alla quale girano ancora molti pregiudizi. Dunque, l’impegno comune prosegua in questa direzione”.