19 luglio -
Intervista al presidente della Fnomceo e senatore del Pd Amedeo Bianco, pubblicata oggi dal sito della Fnomceo.
Presidente Bianco, è tanto che aspettiamo una Riforma dei nostri Ordini. Siamo arrivati al traguardo?
Un ammodernamento di normative che risalgono a un’epoca a cavallo della nascita della Costituzione (la Legge Istitutiva è del 1946, il Regolamento che ne dà esecuzione del 1950) è ormai improcrastinabile. I nostri Ordini in tutti questi anni sono profondamente mutati, adeguandosi ai grandi cambiamenti della Medicina, delle nostre Professioni, della nostra Sanità. I tre testi che sono stati presentati da diverse parti politiche sono testimonianza di questa esigenza imprescindibile. E a testimonianza di quello spirito comune che anima le nostre Professioni, i tre Disegni di Legge sono ampiamente sovrapponibili. Siamo dunque ottimisti sul lavoro del Comitato Ristretto che li farà convergere in uno solo.
Quali sono i punti principali della Riforma da voi ipotizzata? E come cambieranno le competenze degli Ordini?
Come già previsto sin dalla Legge Delega Fazio, gli Ordini si trasformano: da organi ausiliari diventano “enti pubblici non economici sussidiari dello Stato”, volti al perseguimento di quegli “interessi pubblici” che devono essere propri dell’esercizio professionale, con il fine specifico di far rispettare le regole imposte dalla Legge e dalla Deontologia. E tali Ordini - che restano sotto la vigilanza del ministero della Salute – vedranno tutelata la loro autonomia patrimoniale, regolamentare e disciplinare.Tra le loro funzioni principali si individuano la ricognizione dei titoli e dei requisiti per accedere alla professione, la promozione della qualità professionale attraverso la formazione
long life, la tutela dei valori etici e deontologici.
La tutela di tali valori si espleta anche attraverso il procedimento disciplinare. La Legge di Riforma delle professioni, approvata nell’agosto dell’anno scorso, ha riformulato le regole di tali procedimenti per altri Ordini professionali, non volendo toccare - per la loro peculiarità - quelli sanitari. Su questo delicato aspetto, come intendete intervenire?
La funzione disciplinare è uno dei principali strumenti che gli Ordini hanno per garantire il rispetto delle regole e dei principi che a esse sottendono. Anzi, tale attività addirittura
sostanzia la peculiarità fondante di queste istituzioni professionali.
Per questo, il suo ruolo va valorizzato: ed è quanto con la Riforma intendiamo fare. Nel merito, gli Ordini e le Federazioni saranno chiamate a tenere distinta, nel procedimento disciplinare, la funzione istruttoria da quella giudicante:e ciò a garanzia del diritto di difesa, dell’autonomia e della terzietà del giudizio. A tal fine prevediamo di costituire, in ogni Regione, gli “Uffici istruttori”, formate da membri estratti a sorte tra i componenti delle Commissioni disciplinari di ciascuna professione, oltre che da un Magistrato o giudice di pace, nominato dal ministero. A questi uffici andrà dunque il compito di istruire il procedimento, mentre la funzione giudicante resterà in capo alla Commissione disciplinare di Albo.
Saranno sempre le Commissioni disciplinari di Albo a regolare anche le eventuali controversie tra sanitari, connesse all’attività professionale.
Un’altra novità da lei proposta è che, tra le funzioni degli Ordini, sarà per la prima volta contemplata l’elaborazione del Codice deontologico. Cosa ci dice in proposito?
È vero, nella legge del 1946 questa funzione non era esplicitata. Ora, secondo il comma 3 dell’articolo 7 – articolo che regolamenta le Federazioni nazionali – sarà scritto, nero su bianco, che “
Le federazioni raccolgono e aggiornano le norme deontologiche in un codice nazionale unico per tutti gli iscritti agli Albi”.
Si è detto che uno dei compiti di particolare rilievo, sarà, per gli Ordini e le loro Federazioni, “promuovere e tutelare” sia l’autonomia delle professioni, sia la loro qualità. Ma in che modo?
La “qualità tecnico-professionale” non può che partire dal bagaglio di conoscenze e competenze che il medico acquisisce lungo tutto il suo percorso professionale, prima e dopo la laurea. Di qui la necessità - che dovrà espressamente essere riconosciuta - di un’integrazione con le istituzioni formative universitarie, e di un’attenzione particolare per le attività di formazione e aggiornamento
long life. In quest’ottica, assume un significato peculiare l’attività di certificazione dei crediti formativi Ecm.
Negli ultimi tempi si parla sempre più insistentemente di abolizione delle province. Cosa succederà agli Ordini provinciali?
Nella nuova normativa non si parlerà più di Ordini provinciali, ma di “
Ordini territoriali”. Le aree geografiche saranno più o meno le stesse, rimanendo invariata la possibilità, per il ministero della Salute - su proposta della Federazione e sentiti gli Ordini interessati - di unire più circoscrizioni finitime. Abbiamo compiuto questa scelta perché riteniamo che i nostri Ordini costituiscano, tutti, un patrimonio culturale, professionale, di tradizioni che non vogliamo assolutamente perdere.
Con questi Disegni di Legge ci proponiamo un intento comune, quello di contribuire a definire una cornice normativa unica ma nel rispetto delle autonomie e delle responsabilità di ciascuna professione.
Ma il fine ultimo è quello di garantire gli interessi pubblici connessi alla tutela della Salute, individuale e collettiva, così come sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione.
Simona Dainotto