Gemmato: “Governo ha stanziato più di 8 miliardi per la sanità per i prossimi 3 anni”
“Il Governo Meloni, appena arrivato, quest'anno ha appostato 2,15 miliardi in più al fondo sanitario nazionale per il 2023, 2,3 miliardi in più nel 2024 al fondo sanitario nazionale e per il 2025 2,5 miliardi in più. In un triennio, sostanzialmente, si tratta di più di 7 miliardi; se includiamo gli 1,3 miliardi contenuti nel cosiddetto decreto bollette, in tre anni aumentiamo di più di 8 miliardi la dotazione del fondo sanitario nazionale. Cito questi dati per tabulas, proprio per aprire anche al dibattito conseguente a queste mozioni, perché ritengo che la centralità del Senato e di tutte e due le Camere del nostro Parlamento sia fondamentale, come lo è riportare verità e numeri. I numeri nel loro essere asettici ci raccontano proprio questo”. È quanto ha dichiarato il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato in Aula al Senato durante la discussione di una mozione per il rafforzamento del Ssn.
Ma Gemmato ha anche risposto alle critiche dell’opposizione sul definanziamento del Ssn: “Ora, cosa ci si rimprovera? Ci si rimprovera di non aver raggiunto il 7 per cento nel rapporto rispetto al PIL. Ma è evidente che, se lo parametriamo all'economia durante il Covid, essendo il coefficiente un rapporto fra un numeratore e un denominatore e poiché il numeratore era il prodotto interno lordo durante il Covid, è di tutta evidenza che il 7 per cento si è raggiunto perché il prodotto interno lordo era bassissimo. Lo sforzo comune dev'essere uno sforzo di verità: in fase previsionale, quindi nel DEF - e questo lo voglio ricordare - il Governo Meloni non ha fatto altro che ripercorre dati e cifre che erano stati presentati l'anno precedente dal precedente Governo. Se quindi si grida allo scandalo rispetto a un presunto definanziamento del fondo sanitario nazionale rispetto al PIL, vi invito a leggere la relazione al DEF del precedente Governo, che è sovrapponibile a quella del Governo Meloni, con una differenza, però: mentre si redigeva quel documento, c'era tecnicamente ancora il Covid; quando invece il Governo Meloni ha posto mano al DEF, e quindi ha finanziato per i tre anni successivi il fondo sanitario nazionale, per nome e quindi per intervento del presidente dell'OMS, il dottor Tedros Ghebreyesus, si sancisce che il Covid non c'è più. Quindi la dotazione uguale avviene in condizioni differenti, perché il precedente Governo aveva postato quei numeri con il Covid ancora in atto, mentre noi postiamo in bilancio la stessa cifra, ma con il Covid che è passato, proprio per definizione apicale dell'OMS”.
“Dico questo – ha precisato - perché, pur comprendendo il dibattito e tutto quello che attiene alla diatriba politica, come vi raccontavo in premessa, la salvaguardia del Sistema sanitario nazionale dovrebbe essere un elemento comune, così come tutto quanto previsto rispetto alla programmazione sanitaria: vi registro infatti che, se oggi non abbiamo medici o infermieri, banalmente è il risultato di una cattiva programmazione fatta dieci anni fa; un medico può esercitare in Italia - tranne le ultime modifiche apportate durante il Covid e da noi comunque confermate - solo se è laureato in medicina e, quindi, ha fatto un percorso di studi di sei anni e ha conseguito una specializzazione (mediamente, altri quattro anni). Se oggi decidiamo - così come abbiamo fatto - di avere quasi ulteriori 20.000 medici, implementando del 30 per cento i posti nelle facoltà di medicina, il risultato però lo avremo ovviamente quantomeno fra sei, otto o dieci anni. Se oggi ci troviamo quindi in penuria di medici, lo registriamo, ma per amor di verità diciamo che sostanzialmente tutto questo è avvenuto quando evidentemente la programmazione era stata fatta da altri”.