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QS Edizioni - domenica 22 dicembre 2024

Enpam: “Ipotesi passaggio mmg a dipendenza significherebbe morte dell’Ente”

7 ottobre - “Il new normal, la nuova normalità che dovremmo raggiungere nel dopo Covid, ci consegna forte e intensa l’impressione che non si possa contare più su rendite di posizione. La stabilità sociale appare fondamentale per ottenere da un lato la ripresa, ma anche un cambio del modello di sviluppo. Ma a noi non sembra che si stia andando in tal senso nella medicina pubblica territoriale con il medico di medicina generale che – mentre in tutti i servizi sanitari universalistici è considerato il fulcro – da noi corre il rischio di una rimozione forzata perché accusato di uso indegno del territorio pubblico. Questo credo non sia accettabile. Ci sarebbe da chiedersi a vantaggio di chi andrebbe questa rimozione”. È quanto ha affermato Alberto Oliveti, presidente di Enpam, al 78° Congresso Fimmg.
 
“Il premio Nobel per la fisica – ha detto - è andato a Giorgio Parisi che ha studiato il caos e la complessità. In questa complessità caotica di dover rilanciare il Servizio sanitario nazionale con la semplificazione si corre il rischio del semplicismo se non si ascoltano i protagonisti professionali dell’attività del servizio sanitario nazionale. Un esempio è la telemedicina, di cui sembra venir data per scontata una fruibilità facile e immediata, quando attualmente in Italia ci sono 8 milioni e mezzo di famiglie che non hanno connessione e 12mila punti sanitari che non hanno banda larga. Credo nella telemedicina e nell’intelligenza artificiale ma non in sostituzione del professionista ma come un’amplificazione della sua azione professionale e non alternativa. Enpam nei prossimi giorni lancerà un progetto unico in Europa, Tech2doc, che consisterà in una piattaforma informativa e formativa per permettere ai medici un empowerment sulle innovazioni e le nuove tecnologie per la salute”.
 
“Dal Pnrr con la missione 6 abbiamo – ha evidenziato - appunto investimenti su reti, su strutture, su tecnologia, su telemedicina, su innovazione digitale e ricerca. Il governo ha annunciato l’intenzione di creare 1350 Case di comunità, benissimo si facciano e senza sprechi di fondi. Sono state promesse all’Europa e per il 2026 dovrebbero essere operative. Noi le giudichiamo positivamente se intese come integrazione alla rete degli studi professionali, capillari e fiduciari, già esistenti sul territorio, che peraltro vanno potenziati evidentemente. Li consideriamo invece come una riduzione del diritto individuale alla salute se considerate in alternativa agli studi professionali. Poiché siamo convinti che vadano potenziate le reti di studi professionali, l’Enpam è disponibile anche a fare la sua parte se esisteranno le possibilità di un partenariato pubblico-privato. Il pubblico potrebbe mettere sul piatto fondi di cui all’articolo 20 della legge 67 del 1988 riguardante l’edilizia sanitaria straordinaria mentre noi potremmo investire come parte privata, sempre che ci sia data la possibilità di esistere”.
 
“L’ipotesi del passaggio alla dipendenza dei convenzionati significherebbe la morte per l’Enpam, con un costo stimato per la Fondazione pari a 84 miliardi di euro. Noi siamo costituzionalmente depositari di un compito che ci viene assegnato dallo Stato, per garantire le provvidenze previste dall’articolo 38 della Costituzione. Questo non va dimenticato”, ha rimarcato Oliveti
 
“Restando focalizzati sul rapporto convenzionale – ha proseguito -, auspico che venga chiuso rapidamente il nuovo accordo collettivo nazionale. Siamo infatti nel post Covid, siamo in una nuova normalità e non possiamo ancora discutere dell’accordo normativo 2016-2018: sfioriamo il ridicolo. Questa nuova normalità potrà condurre alla perdita di posizioni di rendita, però può significare anche attività nuove da rilanciare. In questo senso credo che il mix tra quota capitaria e quota oraria sia la chiave per affrontare il rapporto con i nuovi spazi di attività: case di comunità, aggregazioni funzionali territoriali, studi professionali, micro-team”.
 
“È tempo che l’università – ha detto il presidente dell’Enpam - venga ingaggiata in maniera più decisa nel corso di laurea per insegnare nell’ultimo biennio la medicina dei bisogni e dei problemi, cioè la medicina del ciclo fiduciario che è diversa dalla medicina della diagnosi propria dell’area delle cure ospedaliere. Un programma questo che gode del pieno sostegno dell’Enpam, che sta già facendo la sua parte permettendo agli studenti che frequentano gli ultimi due anni del corso di laurea di iscriversi all’ente e di ottenere da subito una copertura previdenziale con piena dignità. In questo senso credo che sia anche ora di valutare un impegno dell’università nel campo della specializzazione dei medici di medicina generale, perché un professionista che riceve 800 euro può ingenerare la sensazione che valga la metà di chi ne prende 1600”.
 
“L’Europa – ha rimarcato Oliveti - ha lanciato un programma di green new deal, cioè un patto per un futuro green più equo e solidale a zero emissioni, con l’introduzione del concetto di One Health. Il riferimento è quello a un’idea di pianeta la cui salvezza passa dalla salute della persona, degli animali, del clima e dell’ambiente. Un approccio che condivido pienamente. E allora mi chiedo: chi meglio del medico di famiglia, scelto su un rapporto di fiducia, può contribuire dal basso a raccontare alle persone i fondamenti di questa nuova realtà? Credo quindi che questo sia un compito in cui tutti i medici di famiglia devono vedersi ingaggiati, proprio perché, per il ruolo svolto, potrebbe spettargli quasi di diritto”.
 
“Proprio in vista di tutti questi compiti che attendono i medici, credo nel valore di una casa comune previdenziale che accolga tutti i medici anche relativamente al reddito da lavoro dipendente. Credo che in prospettiva sarà sempre più efficace puntare su una previdenza ampia, strategica, che generi un welfare inclusivo che guardi anche a tutti coloro che entreranno nella professione. Ecco perché sarà sempre più importante puntare su una comunità di professionisti iscritti a un unico ordine professionale, a due volendo considerare gli odontoiatri, piuttosto che essere identificati sulla base del rapporto di lavoro esercitato. Credo che sia giunto il tempo per fare anche questa nuova rivoluzione”, ha concluso.
7 ottobre 2021
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