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QS Edizioni - lunedì 2 dicembre 2024

Cavicchi: “E’ il momento di ridefinire mission e prerogative delle aziende sanitarie”

19 gennaio - Ho trovato interessante la discussione  sulla “battuta” del sottosegretario Cardinale circa la necessità di trovare un altro nome all’azienda sanitaria. A parte il presidente della Fiaso che, apparentemente dimentico di quello che lui stesso ha affermato sui problemi dell’azienda nella sua ultima conferenza annuale, si è limitato all’apologia, tutti gli altri si sono sostanzialmente dichiarati perplessi nei confronti di  ripensamenti nominalistici ma interessati a ripensamenti di sostanza.

E questo per me ha un significato. Il sottosegretario avrà pure fatto una battuta ma con questa battuta ha sintetizzato diffusi mal di pancia. Ma nel mentre si discute di “quale nome dare all’azienda” ci si dimentica che in Parlamento l’azienda sanitaria definita nel ‘92, di fatto sta per essere modificata. Proprio oggi su questo giornale leggo un titolo significativo: “governo clinico. Meno potere al Dg. Il colleggio di direzione si rafforza:diventa organo della Asl“. Questa novità, indipendentemente da cosa farà questo collegio, è una modifica non marginale alla concezione originaria di gestione, che da quello che leggo è condivisa ampiamente dalle organizzazione mediche, cioè da coloro che più degli altri hanno avuto e hanno il mal di pancia. Oltre a ciò mi permetto di far notare che la questione del nome da dare all’azienda non è una questione banalmente nominalistica.

Già nel mio libro bianco sulle aziende, (“Sanità,un libro bianco per discutere” edizioni Dedalo 2005) facevo notare a proposito di aziende, il problema della  “definizione di azienda impredicativa”, cioè la legge diceva che le usl diventavano aziende con tutte le autonomie possibili ma senza specificare che tipo di azienda bisognava fare, cioè senza definirne i predicati di fondo. Allora, spiegavo, come questa fosse di fatto una mediazione politica tra coloro che avevano idee diverse di azienda ma anche una concessione agli aziendalisti del tempo che, privi di un’idea originale di azienda sanitaria, ci hanno rifilato il modello generale dell’azienda manifatturiera. Per cui nome o non nome oggi l’azienda sanitaria va “predicata” come si deve, nel senso di una azienda sui generis per la sanità. Nel libro bianco  sostenevo che vi era un altro problema  “il carattere controteorico delle definizioni di  azienda”. Cioè le definizioni della Bocconi erano smentite dalle prassi, per cui buon senso voleva che si partisse dalle esperienze concrete di aziende per dedurne una definizione, smettendola di  rifilarci definizioni inattendibili.

Come si vede i problemi dell’azienda sono tutt’altro che nominalistici. Personalmente non credo che basti  far diventare il collegio di direzione organo della Asl, per predicare un altro genere di  azienda  perchè di questo si tratta. Credo che le operazioni da fare siano anche di altro tipo, come quella di far confrontare l’azienda con una controparte organizzata della domanda, di pensare ad un management diffuso, ad una azienda di servizio, ad un sistema di autonomie correllate (gestionali e tecniche scientifiche) in grado di governare sul serio la complessità. Credo infine che è inutile ridefinire l’azienda se a tale ridefinizione non conseguissero altre definizioni  prima fra tutte quella di operatore. Oggi ripensare l’azienda significa fondamentalemente ripensara la transazione tra lavoro e economia, tra lavoro e società, seguendo il principio che a me piace chiamare dell’auto-re: dammi più auto-nomia e ti darò più re-sponsabilità.

Ivan Cavicchi
 
 
19 gennaio 2012
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