30 settembre -
“In questa triste vicenda è necessario portare rispetto per chi ha pagato il prezzo più alto e per i suoi famigliari ma anche nei confronti di chi ha dovuto accettare questa decisione, impossibilitato ad agire secondo scienza e coscienza” Con queste parole il presidente della Società Italiana di Chirurgia (Sic)
Paolo De Paolis commenta il dramma consumatosi all’ospedale di Piedimonte Matese (Caserta), dove una donna di 70 anni Testimone di Geova, affetta da una grave patologia, ha rifiutato la trasfusione in virtù di quanto imposto dal suo credo religioso.
Per De Paolis “il fatto accaduto, estremamente delicato sia sul piano etico che su quello deontologico, evidenzia ancora una volta la pecularietà della professione del chirurgo, che si trova sempre in prima linea, esposto a decisioni complesse e a possibili conseguenze che rappresentano un vero e proprio paradosso”.
“Nel pieno e convinto rispetto delle parti coinvolte, di questa vicenda - conclude De Paolis - ci preme sottolineare una cosa: un professionista che agisce nel pieno ossequio delle norme che regolano il delicato rapporto medico-paziente e che impongono al chirurgo di accettare senza condizioni la scelta in merito alla libertà di cura del malato, se è pienamente in possesso delle proprie facoltà mentali, non può essere ricambiato con l’accusa di non aver fornito l’adeguato trattamento o, peggio, venir paventata nei suoi confronti la denuncia alla magistratura. Siamo di fronte a una situazione estremamente critica che svilisce la nostra professione e che apre un solco ancor più profondo nel rapporto tra il chirurgo e il paziente, rapporto che deve, per forza di cose, essere rispettoso dei rispettivi ruoli ”.