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La nuova sanità territoriale post Covid. Fontana: “Serve la collaborazione di tutti”

Il punto sulle Case di comunità al convegno “Il potenziamento dell’assistenza sanitaria territoriale: Lombardia, Italia, Europa” organizzato da Fondazione The Bridge con Age.Na.S., e Università di Pavia, in collaborazione con Regione Lombardia. Fontana: “Una grande rivoluzione che in Lombardia avevo già previsto con la legge 23. Ciò che è cambiato ora è che il Governo ha messo a disposizione le risorse per farla funzionare. Ora serve la collaborazione di tutti”.

20 OTT - Non solo una rivoluzione sanitaria, ma anche di comunicazione e formazione. Sono questi i pilastri su cui dovrà basarsi la nuova assistenza territoriale, forte degli insegnamenti appresi durante la pandemia da Covid. Un nuovo modello che avrà il suo fulcro nelle case di comunità, su cui la Regione Lombardia ha già da tempo iniziato a lavorare e avviato la riforma. A fare il punto oggi i rappresentanti di istituzioni Regionali, sanitarie e associazioni, al convegno “Il potenziamento dell’assistenza sanitaria territoriale: Lombardia, Italia, Europa”, tenutosi presso la Sala Biagi di Palazzo Lombardia, organizzato da Fondazione The Bridge con Age.Na.S., e Università di Pavia, in collaborazione con Regione Lombardia.

“La riforma sanitaria del territorio - ha detto Rosaria Iardino, Presidente di Fondazione The Bridge, aprendo i lavori - deve necessariamente coinvolgere le città, che sono un luogo dove si possono sviluppare idee e buone pratiche. La Regione Lombardia ha già iniziato a rivedere il modello di Servizio Sanitario Regionale. Chiederemo alla Regione di andare avanti. La medicina territoriale è la risposta unica come ci ha insegnato il Covid e oggi, con dati e numeri alla mano, dimostriamo che la strada intrapresa è quella giusta. Il problema è che questa riforma prevede tanto capitale umano, quindi chiederemo al Governo di non avere più il numero chiuso per medici e infermieri. Possiamo costruire un bellissimo progetto, ma se non abbiamo le persone da mettere dentro non si può fare. Questo non è colpa delle regioni, ma del Governo centrale”.

Un problema, quello del capitale umano, su cui è intervenuto anche il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, secondi cui "dobbiamo guardare in faccia la realtà e chiedere che il Governo riprogetti e riprogrammi le nuove lauree, il numero di medici e infermieri che potranno essere messi a disposizione e potranno entrare a far parte del mercato del lavoro”.

Entrando nello specifico di assistenza sul territorio, Fontana ha osservato come “tutti quelli che parlavano di medicina territoriale in molti casi avevano messo in piedi dei prototipi, che poi non hanno funzionato. Quindi coloro che accusavano la Regione Lombardia di non essere pronta al modello di assistenza territoriale, forse avrebbero dovuto conoscere un po’ meglio la realtà di tutte le altre regioni”.

Per il presidente della Lombardia è comunque ora di iniziare un nuovo corso. “E’ arrivato il tempo di cambiare registro e di passare dalle parole che tanto si sprecano a qualcosa di più concreto che si rivolga al territorio. Il cambiamento culturale che dovremo affrontare non è una cosa di facile soluzione: occorrerà formare medici, addetti, direttori, persone che si occupino in modo completamente diverso del rapporto tra il territorio e i cittadini bisognosi di assistenza”.
 
“Le nuove strutture, come le Case della Comunità ad esempio – per Fontana – dovranno essere luoghi a cui rivolgersi quando il paziente avrà bisogno di un’assistenza ordinaria evitando di rivolgersi ai Pronto Soccorso. Una sede  dove potrà trovare il medico di medicina generale che, con il supporto di specialisti e tecnologie per approfondimenti diagnostici, sarà in grado di offrire una risposta più performante di quella offerta ora negli studi privati del singolo medico di famiglia”.

Per il presidente si tratta quindi di una grande rivoluzione che per essere messa in atto ha bisogno di una grande collaborazione di tutti gli attori del sistema sanitario e anche dei cittadini.

“Questa grande rivoluzione Copernicana - ha voluto evidenziare Fontana - in realtà Regione Lombardia l’aveva già prevista con la legge 23 di evoluzione del sistema sanitario lombardo. Chiamavamo Pot e Presst le case di Comunità e gli Ospedali di Comunità, ma la sostanza era la stessa. Ciò che è cambiato ora è che il Governo ha messo a disposizione le risorse per farle funzionare, perché per realizzarne così tanti erano necessari stanziamenti straordinari”.
 
“Dopo il covid – ha concluso il governatore – credo che rispetto a prima ci siano le condizioni psicologiche, culturali, di volontà, da parte di tutti, di partecipare all’attuazione di questo grande progetto di riforma. La pandemia è stata un disastro, ma ha forse spinto tutti a comprendere che l’assistenza sul territorio deve assumere un ruolo determinante nella cura dei cittadini. Dobbiamo lavorare tutti insieme, cittadini, medici, associazioni, pubblico, privato, per non sprecare questa grande occasione. In Lombardia c’è già una grande coesione quindi sono fiducioso che riusciremo a mettere le basi per una medicina del futuro ancora più performante”.

L’incontro ha visto la partecipazione anche del direttore di Agenas, Domenico Mantoan; di Alice Borghini, dirigente medico del coordinamento tecnico-scientifico di Agenas; di Luisa Brogonzoli, responsabile del Centro Studi Fondazione ‘The Bridge’; di Walter Bergamaschi, direttore generale dell’Ats di Milano; di Giovanni Pavesi, direttore generale della Dg Welfare della Regione Lombardia; del presidente della Commissione Sanità del Consiglio regionale della Lombardia, Emauele Monti; e di Alessandro Venturi, professore di Diritto amministrativo e di Diritto regionale e degli Enti locali presso l’Università degli Studi di Pavia.

Nonostante le polemiche sorte nei primi mesi della pandemia sui numeri di posti letto in Italia, ha rilevato Alessandro Venturi, “è emerso chiaramente che nel nostro paese pur a fronte di una delle spese sanitarie più basse d’Europa, l’assistenza è una delle migliori. Il punto su cui bisogna lavorare ora è la riforma delle cure primarie, di concerto con le Regioni”.

Sulle caratteristiche che dovrà avere il nuovo modello di assistenza territoriale, Alice Borghini, del Coordinamento Tecnico-scientifico di Age.Na.S., e Luisa Brogonzoli, Responsabile Centro Studi Fondazione The Bridge, hanno presentato i risultati preliminari dello studio “Analisi comparata dei modelli organizzativi di Assistenza Primaria in Europa”, da cui è emersa chiaramente l’importanza di avere equipe multidisciplinari, il coinvolgimento della persona nel processo di cura e l’integrazione tra servizi e parte sociale. “Serve un nuovo assetto organizzativo nell’assistenza primaria – ha rilevato Borghini - che va riorganizzata tenendo conto dei bisogni salute e delle innovazioni tecnologiche. È fondamentale una governance attiva per governare tutti questi cambiamenti”.

Domenico Mantoan, Direttore Generale Age.Na.S., ha delineato le caratteristiche che potrebbero avere le case di comunità: “La casa di comunità sarà una struttura dove il cittadino troverà la prima risposta ai suoi bisogni di salute. Dev’essere accessibile, di facile individuazione e con un’organizzazione che permetta la presa in carico. Abbiamo pensato ad una casa di comunità ogni 40-50mila abitanti”. Saranno un luogo fisico, aperto h24, 7giorni su 7, con i servizi di cure primarie erogati da equipe multidisciplinari, con un punto unico di accesso, un servizio di assistenza domiciliare di base, specialistica ambulatoriale per patologie ad elevata prevalenza, servizi infermieristici, servizio di prenotazione integrato a C.U.P. aziendale, partecipazione della comunità. “Per attivare questo modello – ha aggiunto Mantoan - c’è bisogno di un cambio dell’attuale accordo di convenzione per i medici di medicina generale, che rimarrà un medico convenzionato e con rapporto di un medico per 1500 assistiti e scelta fiduciaria, ma l’organizzazione del lavoro sarò affidata al distretto o all’azienda territoriale, non più al singolo medico di famiglia”.

Come ha anticipato Giovanni Pavesi, Direttore Generale Welfare Regione Lombardia, “Alle case di comunità bisognerà dare un colore e un logo. In questi mesi abbiamo fatto un lavoro molto buono con i direttori delle ASST e ATS, che hanno selezionato i siti dove mettere questi punti di accesso, in coesione col territorio. Ci stiamo lavorando da maggio. In questo prossimo mese con i sindaci e le realtà locali cercheremo di identificare le strutture, mentre per novembre avremo completato questa operazione e per dicembre completato la mappatura del territorio con l'identificazione delle case di comunità. Abbiamo chiesto anche ad ATS e ASST di proporre un paio di candidature entro fine anno, per dare un segnale e partire in modo concreto”.

Walter Bergamaschi, Direttore Generale Ats Città Metropolitana di Milano, ha invitato a “mantenere una visione alta ma ancorata alla realtà, non solo di edilizia sanitaria”.

Per quel che riguarda la Lombardia, il Presidente della III Commissione permanente Sanità e Politiche Sociali, Emanuele Monti, ha rilevato che “la Lombardia sarà la prima Regione ad approvare, prima in Commissione e poi in Consiglio Regionale, progetti che usano i fondi del PNRR. Nel progetto di legge si darà ampio spazio ad associazioni, pazienti, società scientifiche, con professioni sanitarie. Legge darà grande spazio ai sindaci con una visione propositiva e concreta. Questa legge non è una riforma ma un potenziamento della sanità lombarda che funziona bene comunque, come dimostrano gli indicatori Age.Na.S.”.

20 ottobre 2021
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