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La comunicazione medico paziente con la telemedicina

05 MAR - Gentile Direttore,
nella sua lettera del 23 febbraio scorso la collega Rosa Ruggiero, Docente nel Master Management Sanitario II livello della Università degli Studi “Federico II” di Napoli, si augura che il Ministero dell’Università e Ricerca, il Ministero della Salute e singoli Atenei comprendano che è arrivato il momento di rendere “strutturale” nella formazione del medico la comunicazione col malato, con programmi sperimentali poi da stabilizzare.
 
Come afferma la giornalista americana Debra Shute [Medscape Medical News 2019], la relazione medico-paziente, pur nelle sue sfide e difficoltà, rappresenta ancora oggi il motivo principale per cui uno studente sceglie di diventare medico. Inoltre, sempre secondo un’indagine condotta dal medesimo portale, la gratificazione, che deriva dall’aver instaurato una buona relazione con il paziente, è ancora oggi in cima a ciò che motiva maggiormente un medico nel suo lavoro [Medscape Physician Compensation Report 2019].
 
Questo il motivo per cui negli anni ’80 e ’90 i corsi di comunicazione e relazione in medicina sono diventati parte core della formazione del futuro medico. Molte università italiane stanno già dedicando sforzi e investimenti nel districarsi tra questo compito riconosciuto fondamentale e le necessità di un mondo sanitario, che invece tende a ridurre sempre più il tempo della cura. Visite sempre più brevi e la larga adozione di strumenti tecnologici rendono sempre più complesso costruire una relazione significativa e di fiducia. Eppure, ancora oggi, e nonostante le innovazioni del mondo medico, la raccolta di una buona e completa anamnesi, rimane il punto di partenza imprescindibile per un’efficace cura del paziente.
 
In Humanitas University il percorso formativo verso la costruzione di queste competenze inizia al primo anno con un corso sul Medical Professionalism, un concetto poco affrontato in Italia, mentre all’estero è ormai da tempo considerato fondamentale.  In questo corso gli studenti affrontano temi legati alla bioetica, la storia della medicina e i valori della professione medica concretamente calati nelle situazioni di pratica clinica per sviluppare la capacità di riflettere sul comportamento della professione che si è scelto di intraprendere.  
 
Ci muoviamo, dunque nell’ambito delle Humanities, che vengono portate avanti anche con attività elettive. Questo è il quarto anno, per esempio, di un progetto chiamato “MediCinema”, attivato grazie all’iniziativa degli studenti stessi. Nel prossimo semestre si aggiungeranno altri due elettivi uno sulla consapevolezza emotiva attraverso il teatro, l’altro che utilizzerà la lettura di un libro per lavorare sulla dimensione del vissuto di malattia, sempre su iniziative proposte dagli studenti stessi. Sono loro, infatti, il principale motore di queste proposte con una grande desiderio di mettersi in gioco anche nelle dimensioni umanistiche della professione medica.
 
A partire dal terzo anno gli studenti entrano poi nelle attività professionalizzanti, e quanto appreso in termini di comportamento professionale e di attenzione alla dimensione umana della pratica clinica, viene portato avanti attraverso le simulazioni con pazienti standardizzati, la discussione di casi clinici con pazienti reali (in periodo pre-Covid).
 
La caratteristica del nostro percorso è quella di coinvolgere medici specificamente formati alle competenze relazionali e l’utilizzo di check list in cui la dimensione relazionale e quella di clinico-metodologica sono integrate. Questo percorso prosegue fino al quinto anno in cui gli studenti oltre ad imparare come gestire un paziente attraverso scenari clinici nella simulazione high fidelity, imparano anche a condividere il proprio ragionamento clinico con un i colleghi (team working). Tutte queste attività vengono valutate anche tenendo conto di ciò che hanno imparato al primo anno sul professionalism.
 
La pandemia, e in particolare il secondo lockdown, ha certamente richiesto uno sforzo notevole non solo per garantire agli studenti la frequenza in reparto, ma anche per rivedere metodologicamente la gestione di tutte le attività. Gli studenti hanno imparato a interagire con il paziente simulato attraverso le piattaforme digitali, facendo entrare nel loro bagaglio esperienziale la telemedicina, che in molti paesi è prassi quotidiana e confrontandosi con il limite della tecnologia quando si tratta di relazione, ma anche la possibilità di scoprire nuove potenzialità insite nella relazione stessa.
 
Licia Montagna, Silvia Oldani e Isabella Barajon *
 
Office for Medical Education, Humanitas University,
*Presidente C. di L.  Medicina e Chirurgia, Humanitas University, Milano

05 marzo 2021
© Riproduzione riservata

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