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Coronavirus. Medici di Pavia: “Prima eroi, ora bersagli di reclami ed esposti. È frustrante”

Diciannove medici del Pronto soccorso dell'ospedale San Matteo di Pavia hanno affidato a una lettera aperta i loro pensieri, forse anche allo scopo di sensibilizzare la popolazione. “Abbiamo sperimentato la paura, la tristezza, la desolazione, l’impotenza. Ci hanno chiamato eroi, e oggi riceviamo richiami, segnalazioni, esposti in Procura. Ma continueremo a fare quello che facciamo ogni giorno con la massima professionalità e nel rispetto dei malati sperando di ricevere, in cambio, lo stesso rispetto”.

01 LUG - “È umiliante, demotivante e frustrante”. Così 19 medici del Pronto soccorso dell'ospedale San Matteo di Pavia descrivono quello che sta accadendo. Perché da “eroi” durante l’emergenza coronavirus, “oggi riceviamo richiami, segnalazioni, esposti in Procura”.

I 19 medici hanno affidato i loro pensieri a una lettera aperta, pubblicata sul quotidiano locale la Provincia Pavese. Forse con l'obiettivo di sensibilizzare un po' la popolazione in merito a quello che hanno vissuto e stanno vivendo. "Abbiamo sperimentato la paura, la tristezza, la desolazione, l'impotenza, siamo stati chiamati eroi”, scrivono. Ma sono stati molti i momenti di “paura di essere inadeguati, di non farcela, di crollare. C'è stato chi si è ammalato e si è isolato, chi è rimasto in piedi. Abbiamo cercato comunque di curare per come meglio potevamo”. In un contesto in cui “il virus colpiva come la biglia rossa impazzita di un flipper rotto. E mentre tutti avevano paura del mostro che avanzava e avrebbe potuto colpire ciascuno di noi, ecco che noi ci siamo trovati improvvisamente a dover indossare doppie vesti. Quella di esseri umani, spaventati come tutti, e quella di professionisti `dedicati all'umano´ a cui veniva chiesto di essere presenti”.

Per questo, per i medici del San Matteo, “è umiliante, demotivante e frustrante” essere oggi oggetto di “richiami, segnalazioni, esposti in Procura”. "Se quello che abbiamo vissuto ci è sembrato un incubo - prosegue la lettera aperta -, questo epilogo lo è ancora di più”.

“Abbiamo commesso errori certo, forse non siamo riusciti a garantire il meglio ma - rivendicano - abbiamo fatto del nostro meglio”. E ora “potremmo scioperare, creare disservizi, portare la nostra rabbia e delusione sul posto di lavoro, ma questo sarebbe contro la nostra etica» e quindi «continueremo a restare ai nostri posti, a garantire la gestione delle urgenze, a fare quello che facciamo ogni giorno con la massima professionalità e nel rispetto dei malati sperando - è la loro conclusione - di ricevere, in cambio, lo stesso rispetto”.

01 luglio 2020
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