Lo sciopero, i sindacati e lo scarso interesse dei media
08 DIC -
Gentile direttore,
medici, sindacati, governo e opinione pubblica: da che parte stanno? Negli ultimi anni è evidente che la classe medica è stata sempre più penalizzata da una politica (che io mi azzarderei a definire marxista) volta a favorire i ceti sociali meno abbienti non con investimenti sulla crescita ma comprimendo verso il basso (livellando, per questo parlo di marxismo) il vacillante ceto medio che, di fatto, sta pagando di tasca propria il bonus bebè, l’abolizione del superticket, il REI, gli 80 euro, e via discorrendo.
Del ceto medio, ovviamente con le dovute eccezioni, fanno parte i medici. Sappiamo che non esiste una classe di professionisti più “atomizzata” della nostra: universitari, ospedalieri, medici del territorio spesso, diciamoci la verità, sono “l’un contro l’altro armati” indicando inequivocabilmente quanto sia debole dal punto di vista contrattuale la classe medica.
Il governo, altro attore importante, ha capito molto bene questa mancata compattezza professionale e in questi anni ha utilizzato questa divisione interna alla classe medica (divide et impera) per portare acqua alla politica “sociale” con i nostri soldi.
Anche l’opinione pubblica, il fruitore principale del nostro lavoro, è disorientata nell’ascoltare non solo le voci dei politici spesso poco teneri verso i medici ma le voci dei medici stessi che, spesso violando la deontologia, parlano male dei colleghi.
L’ovvia conclusione è che per il comune cittadino il medico è un privilegiato e in questo momento di crisi economica non gli si può consentire di parlare di rivendicazioni economiche: tra l’altro il lavoro del medico dovrebbe basarsi esclusivamente sulla passione e non sul vile denaro. Per quanto asserito prima sorge spontanea la domanda: è un caso che appena proclamato lo sciopero escono con grande enfasi i dati Istat che indicano un aumento degli italiani a rischio povertà?
Quello che però viene artatamente tenuto nascosto al cittadino e che in questi ultimi anni il lavoro del medico si è notevolmente complicato.
Burocrazia. A discapito del tempo da dedicare ai pazienti, il governo ha investito la classe medica di compiti che poco hanno a che vedere con la mission propria della categoria. In nome del risparmio nella sanità siamo diventati dei veri e propri impiegati dell’agenzia delle entrate. Va ricordato, tra l’altro, che quanto si spende per la salute nel nostro Paese è un falso problema in quanto l'Italia è uno dei paesi industrializzati dove la spesa sanitaria rispetto al PIL è PERICOLOSAMENTE inferiore alla media (6,3%).
Mancato turnover. L’Europa ha stabilito che i turni devono rispettare degli intervalli minimi. Tale normativa, però, in gran parte degli ospedali è disattesa in virtù di una carenza ormai cronica del personale e di una mancata immissione in ruolo di nuovi professionisti.
Pensioni. Come aggravante del punto precedente c’è la questione che i medici dovranno andare sempre più tardi in pensione in quanto il loro lavoro, secondo il governo, non è usurante. La cosa strana è che il lavoro di un infermiere viene considerato tale mentre quello del medico (che supponendo il medesimo orario lavorativo con i medesimi turni è certamente più gravoso di responsabilità) no. Questo dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, la considerazione che hanno i governi che si sono succeduti in questi ultimi anni della classe medica.
Aspetto economico. Nel 2010 c’è stato il blocco dei contratti che, come sappiamo, ha congelato gli stipendi degli statali compresi i nostri. Ciò che non si è congelato, però, è il costo della vita che è continuato ad aumentare. Il medico, a differenza del comune impiegato, ha dei fattori di produzione del reddito che deve affrontare giornalmente (aggiornamenti professionali, studi e ambulatori, personale di studio, utenze, spese di trasporto, etc) e che negli anni sono cresciuti fino a diventare percentualmente significativi rispetto al reddito. Ciò ha comportato una netta diminuzione del potere di acquisto (reddito disponibile) con conseguenze potenzialmente negative sulla stessa professione.
Aspetto legale. Una volta era normale “morire” soprattutto se si era molto malati e se si era molto anziani. Oggi, al contrario, la morte deve avere necessariamente un responsabile che, certamente, non è l’infermiere di cui sopra ma il medico che si trova a dovere affrontare giornalmente , nonostante la recente normativa, l’incombente denuncia.
Abbattimento liste d’attesa, aumento delle prestazioni sanitarie inserite nei LEA, appropriatezza prescrittiva, monitoraggio della spesa farmaceutica e delle prestazioni, assistenza territoriale H24, etc.
Tutto ciò rappresenta un ulteriore carico di lavoro che il medico si troverebbe a dover affrontare senza un corrispettivo economico alla luce di quanto sembrano prevedere i nuovi contratti di lavoro. Il Governo, in sostanza, vuole fare “le nozze con i fichi secchi”.
Per ultimo lascio i sindacati.
La loro principale (se non unica) mission dovrebbe essere quella di rappresentare i propri iscritti nella trattativa per il rinnovo contrattuale e di tutelarne gli interessi lavorativi (qualità del lavoro).
Devo però dire che l’idea del sindacato che ha costruito dai primi del 900 in poi il benessere per tutti i lavoratori è del tutto scomparsa. Alcuni sindacalisti sono assolutamente “proni” rispetto al governo e anzi si mostrano compiacenti davanti al Ministro di turno. Altri pensano di essere professori e/o scienziati (nostalgici dell'Università che, forse, non li ha mai voluti?) occupandosi solo di argomenti che con il sindacato non hanno nulla da spartire.
La conseguenza è che a pochi giorni dalla proclamazione (finalmente!) dello sciopero nessun media ha diffuso la notizia.
Uno sciopero deve avere un'eco mediatica fortissima non solo per raggiungere il cittadino e portarlo dalla nostra parte ma anche per coinvolgere i colleghi che, da quello che sento e vedo, non sono mai molto favorevoli a sacrificare una giornata lavorativa per qualcosa di cui, spesso, non hanno contezza.
Auspico a tal proposito una vera intersindacale che, indipendentemente dagli interessi di bottega, faccia sentire forte la voce di tutti coloro che posseggono una laurea in medicina.
Il SSN finora si è sostenuto sul sacrificio di noi tutti. E’ ora che il Governo ne prenda atto e si ricordi che il medico ha gli stessi diritti e doveri di qualsiasi altro lavoratore che però, a differenza nostra, nella maggior parte dei casi ha un sindacato che lo rappresenta certamente meglio dei nostri.
Danilo Perri
Pediatra di Libera Scelta
08 dicembre 2017
© Riproduzione riservata
Altri articoli in QS Lombardia