Medicina generale. La dipendenza non è la soluzione migliore
22 FEB -
Gentile Direttore,
il PNRR interviene sui servizi territoriali: Casa della Comunità, Ospedali di Comunità, Centrali Operative Territoriali e telemedicina A questo proposito, in questa lettera rivolta ai sindacati che siedono ai tavoli aziendali, mi propongo di ragionare sulle diverse motivazioni che sostengono l’opportunità o meno di inserire la figura del medico di base nell’organico del SSN.
Il sindacato si oppone affinché i medici di base entrino nell’organico del SSN sostanzialmente per cinque motivi:
1. il rapporto di fiducia tra medico e paziente verrebbe a mancare per essere sostituito con una forma di assistenza sanitaria anonima e impersonale;
2. l'Enpam, l'ente previdenziale dei camici bianchi, andrebbe in default;
3. la spesa sanitaria dello Stato lieviterebbe a tal punto da ritenere già da oggi poco realistica la richiesta di trasformazione del medico di base in organico SSN;
4. sarebbe svilita la flessibilità organizzativa tipica della libera professione;
5. al libero professionista sarebbero imposte le prevedibili rigidità contrattuali e di legge su questioni come ferie, permessi, assenze, sostituzioni e altro.
Queste, in breve, sono le principali motivazioni avanzate dal sindacato, alle quali tuttavia sembrano sfuggire svariate criticità a cui il medico di base deve abitualmente far fronte nella sua quotidianità lavorativa, eccone alcune:
1. partirei innanzi tutto con lo sfatare il mito della flessibilità di cui godrebbe la libera professione contro le cosiddette “rigidità contrattuali”.
L’attuale carenza di medici impedisce ormai al medico di base di assentarsi in caso di malattia (il medico che lavora anche se malato è diventato “un classico”), assicura soltanto ferie ridottissime (per non sovraccaricare i colleghi) e, fatto ancora più grave, non garantisce neppure un sereno congedo per maternità.
Eppure, malattia,infortunio, ferie, congedi appartengono a quell’insieme di diritti essenziali, sui quali molto probabilmente non si dovrebbe neppure intravvedere la necessità di discutere...
2. Sempre in merito alla libera professione, sottolineo che la sua flessibilità si è trasformata in una sorta di contenitore in ragione del quale si chiede al medico di base di fare un po’di tutto magari offrendogli una politica di incentivi non particolarmente generosa oppure, nelle situazioni più complesse, facendo appello in modo piuttosto semplicistico alla deontologia. La nostra flessibilità organizzativa, nelle ondate emergenziali, ci ha imposto ore e ore di lavoro in più non riconosciute né economicamente, né mediaticamente, e portato tanta confusione, disorientamento nell’operatività, moltiplicazione di protocolli ufficiali e ufficiosi e fai da te. Sentiamo il bisogno di indirizzi chiari e piani di lavoro realizzabili per garantire sicurezza sanitaria e maggior produttività.
3. Passiamo ora alla questione della previdenza sociale: purtroppo l’Enpam garantisce una pensione onorevole soltanto al raggiungimento dei sessantotto anni d’età e senza TFR.Siamo tra i meno pagati in Europa e probabilmente con le pensioni più basse.
4. Quanto al capitolo “spese dello stato”, il sindacato dimostri di avere senso dello stato non abdicando alla sua funzione, ma rimettendosi in ascolto, preoccupandosi dei reali problemi della categoria e delle spese cospicue che deve affrontare il medico, spese che si rivelano sufficienti solo per mantenere un basso livello di assistenza sia nel team, sia nel suo esercizio individuale.
5. Rapporto di fiducia medico-paziente: questo è sicuramente un valore che mi ha gratificato per trent’anni e continua tuttora, ma che purtroppo rischia di venir meno per tutte le difficoltà e i disagi che ho appena esposto. Oggi il cittadino ancor prima del rapporto di fiducia chiede di avere un medico che lo curi e che al bisogno vada a domicilio.
Ci troviamo di fronte ad una alternativa: entrare nell’organico del SSN oppure nelle cooperative sindacali o nelle società di capitali? I sindacati, irresponsabilmente divisi, avranno i soldi per organizzare l’apparato amministrativo infermieristico e tecnologico necessario? Competere con le società di capitali? creare condizioni di fiducia reciproca tra gli stessi medici ? Non siamo manager e quindi siamo incapaci di far fronte alla complessità dei bisogni economici e non?
A chi potrebbe piacere una sanità privata volta al profitto?
Detto questo ora non sono però sicuro che un passaggio alla dipendenza possa essere una soluzione migliore soprattutto da quando il SSN si è aziendalizzato con scarso potere decisionale della parte medica e con il prevalere di una logica economica.
Allora vista la complessità della trasformazione del modello attuale penso che i sindacati dovrebbero cercare tra i tanti modelli di assistenza territoriale esistenti, regionale o europeo ,qualcuno su cui discutere e che garantisca anche soddisfazione professionale che è garanzia di produttività .
Roberto Zanini
Medico di medicina generale, Curtatone (MN)
22 febbraio 2022
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