Un forte interesse ha creato, nel mondo della Sanità, la notizia (per alcuni aspetti veramente clamorosa) della ‘’fine’’ del rapporto di esclusività, così come è conosciuto per i dipendenti pubblici appartenenti – così recita il testo approvato dal Consiglio dei Ministri- alle ‘’… professioni sanitarie di cui all’articolo 1 della legge 1° febbraio 2006, n. 43, appartenenti al personale del comparto sanità, al di fuori dell’orario di servizio non si applicano le incompatibilità di cui all’ articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e all’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165…’’
Ovviamente, si tratta adesso di attendere alcuni passaggi di ulteriore valenza procedurale sul piano legislativo e , in particolare, la successiva applicazione pratica, che dovrà tenere conto di più questioni pratiche: ma è il caso di fare il punto storico sul valore di questo passaggio, proprio per comprenderne la vastità della portata ‘’tecnica’’.
Ed è, di fatto, il riconoscimento a quanto ormai da anni anche FNOPI, come altri stakeholders, ha ricordato: il numero degli Infermieri in Italia è molto al di sotto di quelli che servono per sostenere al meglio le attività: questo, credo, è stato il ‘’turning point’’, che come spesso accade ha funzionato da trascinamento per l’intero Comparto.
Il vincolo di esclusività, l’obbligo cioè di esercitare solo ‘’per lo Stato’’ nasce col Testo Unico del 1908, che riprende la Legge 290 dello stesso anno: in questa fase si parla solo di ‘’impiegato dello Stato’’; nel 1923 la riforma della Pubblica Amministrazione rafforza ulteriormente il rapporto ‘’dipendente- Stato’’.
A seguito del Referendum del 2 e 3 giugno 1946, molte norme ‘’transitano’’ dal Regno alla Repubblica d’Italia e naturalmente anche queste norme che ‘’legano’’ i dipendenti dello Stato, norme che vengono sostanzialmente confermate col DPR 3 del 1957, recante lo stato giuridico dei dipendenti dello Stato. Certamente in quegli anni il personale degli ‘’enti ospedalieri’’ non era , di fatto, sottoposto a questa disciplina, perché non era un ‘’dipendente dallo Stato’’ diretto; ma i singoli enti imponevano all’atto dell’assunzione regole stringenti che si rifacevano a queste normative, e spesso le andavano ad ulteriormente irrigidire: non tutti lo ricordano, ma le prime infermiere professionali, regolate dalla formazione istituita con Regio Decreto nel 1925, non potevano sposarsi, né certamente godevano dei diritti alla maternità, o ad altre situazioni che oggi ci appaiono scontate, ovvie, naturali.
Se vogliamo arrivare subito, saltando alcuni decenni di leggi e decreti sempre più tesi a marcare i concetti di ‘’fedeltà assoluta’’ espressi, ecco la norma dedicata a chi opera nel SSN, una sorta di testo ‘’definitivo’’, espresso dall’articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412:
‘’Con il Servizio sanitario nazionale può intercorrere un unico rapporto di lavoro. Tale rapporto è incompatibile con ogni altro rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato, e con altri rapporti anche di natura convenzionale con il Servizio sanitario nazionale’’.
Tale esclusività è però derogata, dalla stessa norma, per i medici dipendenti del SSN, che possono svolgere esercizio libero professionale al di fuori dell’orario di lavoro.
Per arrivare a una più recente normativa, e quindi ai giorni nostri, che coinvolge certamente anche i ‘’dipendenti pubblici della Sanità’’ e proprio quelle professioni che sono ricordate nel testo varato dal Consiglio dei Ministri, si cita naturalmente l’esplicito richiamo effettuato dal D.Lgvo 165/2001, art. 53: qui lo riportiamo integralmente – nonostante una evidente difficoltà ‘’narrativa’’, visto lo scorrere di molti riferimenti normativi in marcata sequenza- solo per evidenziare quanto sia stata nel tempo ripetuta, ricordata, rinnovata la situazione dell’obbligo di esclusività.
ART. 53 INCOMPATIBILITÀ, CUMULO DI IMPIEGHI E INCARICHI
Come sappiamo, sempre da questo testo sono poi derivate alcune forme molto parziali di ‘’apertura’’, le ‘’prestazioni occasionali’’ che ogni dipendente pubblico ha potuto effettuare con limiti stringenti (non oltre l’introito di una certa cifra annua; per un certo numero di giornate l’anno; solo se autorizzato preventivamente; in assenza di un ‘’conflitto’’ evidente col datore di lavoro nella attività per la quale si chiede l’autorizzazione a esercitare).
Con questo breve, ma storicamente significativo riassunto -molto parziale- delle tante norme che hanno sempre richiamato l’obbligo della esclusività del dipendente pubblico, possiamo di certo affermare che il testo prodotto e varato dal Consiglio dei Ministri è di portata veramente storica.
Francesco Falli