Mammografia 3D, siamo sicuri che sia sempre necessaria?
di Calogero Spada
27 OTT -
Gentile Direttore,
da qualche anno Ottobre è il c.d. “mese rosa” dedicato alla prevenzione senologica, ed ogni anno l’occasione è propizia per apporsi tale nastro rosa e snocciolare statistiche e classifiche.
Premesso che i risultati della prevenzione in senologia ed i progressi in questa particolare branca a cavallo tra la radiologia e l’oncologia non sono affatto in discussione mi pare più che opportuno porre una puntualizzazione: si continua a parlare dell’esame diagnostico di “mammografia” con un livello di generalizzazione che se fino a qualche anno fa ancora andava bene, adesso, dopo l’avvento della “mammografia 3d”, meglio nota come “tomo-sintesi della mammella”, potrebbe generare qualche “disorientamento” nelle utenti.
Le caratteristiche che differenziano il nuovo esame, che può essere spiegato ai meno esperti come una “mini tac” della mammella, sono:
1. La possibilità di ottenere una molteplicità di immagini in luogo della singola immagine in due dimensioni;
2. La possibilità di rielaborazione dei dati acquisiti per generare ulteriori immagini aggiuntive (dette “sintetiche”), ricostruite tramite apposito software dedicato.
Ma come tutte le innovazioni anche questa non può non comportare dei costi: nello specifico si è passati dalle decine di migliaia alle centinaia di migliaia di euro per singola unità diagnostica per Mammografia Digitale con Tomosintesi, completa di modulo di acquisizione e gestione di immagini 3D.
Inoltre nei vari nomenclatori tariffari disponibili si incontrano situazioni alquanto differenti: in alcuni casi la tomosintesi mammaria non è inserita, in altri viene associata alla mammografia digitale e computata con la medesima tariffa e in altri casi ancora si incontrano notevoli differenze di costo passando da € 65,00 ad € 80,00 per la Mammografia bilaterale digitale 2D e da € 100,00 fino a € 120,00 per la Mammografia digitale tridimensionale o 3D.
A queste valutazioni va aggiunto il fatto che dalle agenzie governative (vedi Fda Statunitense) agli utilizzatori, fino ai produttori si attesta che l’esecuzione di questo nuovo esame, quando effettuato “in combinazione” con il predecessore (ossia con 2 immagini bi-dimensionali associate a 2 immagini tridimensionali, che vanno a formare il necessario “pacchetto” di immagini ortogonali della mammella) comporta la somministrazione di almeno il doppio della dose di radiazioni.
Tutto ciò comporta una serie di riflessioni:
1. Meramente tecniche:
La morfologia delle microcalcificazioni è meglio evidenziabile in Mammografia 2D; la remota possibilità che una donna sia affetta da tumore in entrambi i seni; la questione “sovra-diagnosi”: non è ancora noto se a un numero maggiore di piccoli cancri individuati corrisponda una diminuzione effettiva dell’incidenza dei cancri avanzati successivamente; la possibilità di utilizzo di altre nuove tecniche che non utilizzano i raggi X, come l’Ecografia Mammaria Automatica Volumetrica; l’aggiuntivo rischio di cancro radio-indotto a distanza di tempo; un aumento delle collegate (ma non sempre necessarie) prestazioni di approfondimento, in primo piano quella di ago-biopsia; la valutazione, nella scelta diagnostica, di un effettivo stadio clinico contro la virtuale integrità sanitaria dei destinatari di ogni screening organizzato; etc.;
2. Normative:
La vigente legge di stampo Europeo sulla radioprotezione pone incessantemente l’accento su un obbligo ad un utilizzo il più attento possibile dell’agente radiante, che si concretizza nei c.d. “principi fondamentali della radioprotezione”, così di seguito sinteticamente formulati (d. lgs. 101/2020):
3. Etico–deontologiche:
Il trattamento sanitario rientra nella disponibilità del paziente: ciò è tradotto normativamente nella prima parte del secondo comma dell’art. 32 Cost. , laddove si dice che «nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge» - La Convenzione di Oviedo dedica alla definizione del consenso il capitolo 2, artt. da 5 a 9, in cui stabilisce, come regola generale che: «un intervento, nel campo della salute, non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata, può in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso».
Detto questo sono davvero pochi i medici radiologi o i tecnici radiologi o i medici oncologi o addirittura i soggetti istituzionali a vario titolo impegnati quelli disposti a spiegare questi “dettagli” alle utenti. Pure da una parte si insiste a presentare l’esame di tomo-sintesi quale “preferibile” rispetto alla mammografia 2d, dall’altra si continua a mantenere – soprattutto nelle statistiche – l’equivoco sulla mammografia, laddove ancora non si capisce esattamente di quale esame si sta parlando …
Dott. Calogero Spada
TSRM – Dottore Magistrale
27 ottobre 2021
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