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Non si diventa medici di medicina generale se si è formati da chi non pratica tale professione

di Francesco Buono

25 OTT - Gentile Direttore,
leggo con stupore la lettera della collega Marica Scuderi che alla fine pone la domanda retorica del perché si debba frequentare una Scuola di Formazione per esercitare la professione di Medico di Medicina Generale. Ebbene, faccio presente alla collega che è difficile esercitare una professione essendo formati da chi tale professione non esercita quotidianamente in via esclusiva o quanto meno preponderante.
 
La Medicina Generale (o Medicina di Famiglia), qualora la collega non se ne sia accorta nel corso della sua attività, ha peculiarietà tali da non essere assimilabile alle materie che sono parte del percorso formativo universitario, ed anche qualora ciò avvenisse dovrebbe prevedere docenti che “facciano ciò che insegnano”; se ciò non esisteva nel passato non è motivo per impedirlo nel presente e nel futuro, tenuto conto delle evoluzioni che la nostra professione ha subito nel corso dei decenni e dei nuovi compiti che, bene o male, si sono stratificati con il passare del tempo.
 
Negare la necessità di un apposito percorso formativo di tipo specialistico, indipendentemente da come esso sia strutturato (che è altro discorso), equivale a banalizzare le complessità di una branca che non è certo la cenerentola delle altre, ma coniuga la conoscenza delle patologie con quella delle persone nel loro contesto di vita, non in una realtà che, pur necessaria per l’esecuzione di atti terapeutici complessi (come avviene nel caso di un ricovero ospedaliero), è limitata nel tempo e nello spazio ed esaurisce la sua funzione all’atto della dimissione…
 
La frustrazione cui ella fa cenno è tipica del rimpianto per “antichi amori” accademici coniugato con una condizione che fa di necessità virtù, e non appartiene a chi nel corso della propria vita professionale ha scoperto il fascino della Medicina Generale e per essa ha cambiato, senza rinnegarla, la propensione iniziale: e considerarlo uno “spreco di risorse e di competenze” equivale a non riconoscere (e non riconoscersi se chi parla è un MMG) una specificità di ruolo e di competenze che nulla ha da invidiare alle altre branche medico/chirurgiche.
 
I dieci anni complessivi di specializzazioni chirurgiche, le idoneità ospedaliere conseguite, le vittorie concorsuali e la pratica ospedaliera vissuta per anni sono un gran bel ricordo che resta un mio patrimonio di vita e di esperienze, ma posso affermare con certezza che le difficoltà e le sfide giornaliere che come MMG vivo ogni giorno non sono assolutamente inferiori alle difficoltà di allora, anzi…
 
Considero infine estremamente offensivo per tutta la categoria di cui sono fiero di esser parte l’accostamento analogico alle escort: l’utilizzo di questo termine esorbita da serene e corrette considerazioni critiche e porta la discussione ad un livello inaccettabile, livello cui peraltro dobbiamo un’immagine distorta della nostra professione, che fa da sponda a chi vuole distruggerla o piegarla ad altri interessi.
 
Dott. Francesco Buono
Medico di Medicina Generale in Roma


25 ottobre 2021
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