Mobilità sanitaria bloccata dal Covid. Ma nei bilanci di Asl e ospedali non se ne terrà conto
di Claudio Maria Maffei
11 GIU -
Gentile Direttore,
la mobilità sanitaria interregionale nel 2020 e 2021 ha subito e subirà nei suoi valori economici gli effetti della pandemia che ha drasticamente ridotto i flussi di pazienti da una Regione all’altra. Anche solo a basarsi sui
dati dei primi mesi della pandemia vi è stato un crollo sia dei ricoveri programmati che delle prestazioni ambulatoriali, crollo che dovrebbe avere particolarmente riguardato la quota delle prestazioni erogate ai cittadini delle altre Regioni.
Di tutto questo nei Bilanci delle Regioni e delle Aziende Sanitarie a regole costanti non si può tenere conto in quanto, in base all’Articolo 29 del
D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, ai fini della contabilizzazione della mobilità sanitaria extraregionale attiva e passiva, si prende a riferimento la matrice della mobilità extraregionale approvata dal Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ed inserita nell'atto formale di individuazione del fabbisogno sanitario regionale standard e delle relative fonti di finanziamento dell'anno di riferimento.
Questa matrice si riferisce di regola a due anni prima, come avvenuto nel
riparto del 2020 che ha usato i dati del 2018. Quindi per “godere” delle risorse recuperate (purtroppo) dalla diminuzione degli scambi di mobilità bisogna aspettare il 2022. Se da una parte è vero che prima o poi di quella riduzione si godrà è anche vero che nel frattempo essa influisce sul riparto alle Regioni ed alle Aziende e quindi sui tetti di spesa assegnati alle Aziende, il cui rispetto costituisce un vincolo per i Direttori Generali, vincolo e non obiettivo come nel caso ad esempio della Regione Marche in cui il rispetto dei tetti di spesa è precondizione della valutazione dei Direttori.
La regola imposta dal DL 118/2011 ha in tempi “normali” buon senso: si evita ad esempio che si mettano a bilancio ipotesi di recupero della mobilità passiva che poi non sono confermati dal valore vero degli scambi. Ma non è meglio destinare “adesso” nel 2021 quelle risorse riservate alla mobilità che non verranno spese ad altre attività? Le cifre in gioco non sono scarse visto che nel riparto 2020 la mobilità sanitaria ha influito per 4,35 miliardi di euro, quelli relativi agli scambi 2018.
Oltretutto buona parte del valore economico della mobilità sanitaria interregionale viene in larga misura rigirato al privato, la cui produzione rispetto a quella delle strutture pubbliche pesa proporzionalmente molto più sulla mobilità extra-regionale che non sulla copertura della domanda interna alla Regione.
Il rischio (non vorrei pensar male) è che queste risorse già impegnate per coprire una mobilità sanitaria interregionale dei privati che non c’è stata e che non ci sarà venga utilizzata
sic et sempliciter per incrementare i budget della produzione intraregionale dei privati. Del resto questo sarebbe in linea con quanto previsto dal
Decreto Legge 25 maggio 2021, n. 73, che all’articolo 26 dispone la proroga della possibilità di utilizzare le prestazioni orarie aggiuntive sia della dirigenza che del comparto, così come maggiorate e finalizzate dal DL.104/20 convertito in L.126/00, fino al 31 dicembre 2021, per recuperare le liste di attesa delle prestazioni ospedaliere e specialistiche ambulatoriali.
Ma aggiunge che “fermo restando l’utilizzo prioritario della modalità sopra descritta, le regioni e le province autonome possono, in deroga alle disposizioni sui tetti di spesa degli erogatori privati accreditati (art.15, c.14 DL 95/12 convertito in L.135/12), integrare gli accordi contrattuali del 2021 con i medesimi soggetti privati, anche utilizzando le economie derivanti dal mancato utilizzo dei budget 2020.”
In questo modo si perderebbe l’occasione per ragionare su come la pandemia possa cambiare le regole e i meccanismi sia della mobilità sanitaria (come già
suggerito qui su QS nel corso della prima fase della pandemia) che del rapporto con gli erogatori privati, troppo presenti negli scambi di mobilità e troppo poco strutturalmente presenti nella risposta alle emergenze, comprese quelle pandemiche. Sarà il caso di cominciare a parlarne.
Claudio Maria Maffei
Coordinatore scientifico Chronic-On
11 giugno 2021
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lettere al direttore