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Il caso Ancona

di Claudio Maria Maffei

05 MAR - Gentile Direttore,
chiedo per un amico: come si può individuare e gestire la rapidissima crescita dei tassi di incidenza settimanale di nuovi casi in una specifica area?
La Provincia di Ancona ha registrato nel corso delle ultime settimane una crescita rapidissima dei suoi tassi di incidenza settimanali Il dato aggiornato coi  dati di ieri del dott. Spada della pagina Facebook di Pillole di Ottimismo  dava ieri per questa Provincia un tasso di incidenza settimanale di 515 casi ogni 100.000 abitanti, dato che la collocava al secondo posto in Italia dopo Brescia (527).
 
Il 13 febbraio la Provincia di Ancona era al quinto posto con 268 nuovi casi settimanali ogni 100.000 abitanti, come riportavo in un  mio articolo nella stampa locale,  articolo in cui segnalavo la criticità del dato.  
 
Da analoga  fonte ricostruisco che una settimana prima, e cioè il 6 febbraio, la Provincia di Ancona era all’ottavo posto con un tasso settimanale di nuovi casi di 232 ogni 100.000 abitanti. Lo status di zona rossa è stato finalmente  e tardivamente riconosciuto alla Provincia di Ancona dalla Regione Marche con una ordinanza firmata il 2 marzo con effetto a valere dal giorno successivo. Alcune ordinanze locali dei Sindaci avevano localmente anticipato alcune misure restrittive come quella della chiusura delle scuole.
 
Il  17 febbraio il Presidente della Regione Marche Acquaroli dichiarava  che in giornata avrebbe avuto  la terza riunione in otto giorni con i Sindaci della Provincia  e che si era interloquito e si stava  interloquendo in maniera fitta con il Ministero della Sanità e con l'Istituto Superiore di Sanità.
 
Questa vicenda locale solleva questioni generali su cui credo valga la pena di riflettere. La prima riguarda chi e come può e deve intercettare rapidamente queste accelerazioni “locali” che hanno un notevole valore predittivo sull’andamento della pandemia in quelle aree.
 
E’ largamente noto (e direi quasi di buon senso) che la velocità di crescita di nuovi casi sia utile nell’identificare aree destinate a misure “restrittive” speciali. Già dallo scorso 20 novembre Cesare Cislaghi qui su QS forniva indicazioni su come meglio valutare l’andamento della epidemia con indici utili nella valutazione dei  rischi di una sua crescita.
 
Il 25 gennaio tre rappresentanti dell’Associazione Italiana di Epidemiologia sempre  qui su QS  invitavano a fare riferimento al sistema MADE che  utilizza appunto i “nuovi” indici di cui parlava Cislaghi nella sua lettera. Da molte settimane ormai il già citato dott. Spada parla della necessità di declinare le stime di rischio a livello Provinciale e non per niente da diverse settimane colloca quella di Ancona nella zona rossa che utilizzava i “suoi” criteri.
 
Insomma le premesse teoriche,  gli strumenti e i dati per misurare la velocità locale di crescita dei nuovi casi ci sono. Qual è il livello cui compete di occuparsene? Ha senso, la domanda non è retorica, che in presenza di trend come quello della Provincia di Ancona si prenda tempo per interloquire con il Ministero della Sanità e con l’Istituto Superiore di Sanità? Il rischio che si perdano così settimane utili per prendere misure che quando arriveranno saranno tardive è molto alto. La seconda domanda è in fondo contenuta dentro la prima:  chi deve prendere decisioni sulla base di quelle valutazioni?
 
Credo che la risposta per entrambe le domande sia scontata: a fare valutazioni epidemiologiche ed a prendere le conseguenti misure di contenimento deve essere il livello regionale che è anche quello in grado di “pesare” l’andamento dei dati anche in funzione di alcune variabili locali. Ad esempio, nelle Marche è stato fatto lo screening di  massa con un test rapido e spinto molto all’uso di questi test (anche per non buttarli, visto la quantità acquistata). I nuovi casi generati da questo utilizzo possono avere influito? Possono avere influito eventuali cluster epidemici importanti e localizzati?
 
Purtroppo c’è a volte a livello locale (sicuramente c’è nelle Marche) la tendenza della politica a trasferire la responsabilità delle scelte al livello centrale. Come pure c’è la tendenza della politica a  giustificarsi per  la adozioni di misure restrittive quando si dovrebbe giustificare piuttosto per i ritardi nelle relative decisioni.
 
Chiudo chiedendo se ci sono modalità semplici ed efficaci  di misurare e rappresentare la velocità di crescita dei nuovi casi a livello provinciale e regionale. Una cosa a prova di Presidente ed Assessore intendo. E magari anche dei “loro” epidemiologi.
 
Claudio Maria Maffei
Coordinatore scientifico Chronic-On

05 marzo 2021
© Riproduzione riservata

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