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Che cosa c’è davvero nei dati sui posti letto delle terapie intensive occupati da pazienti Covid?

di Claudio Maria Maffei

25 GEN - Gentile Direttore,
uno degli indicatori utilizzati dal sistema di monitoraggio del Ministero/Istituto Superiore di Sanità cui è legata l’attribuzione delle Regioni alle fasce di rischio è la percentuale di posti letto di area intensiva occupati da pazienti Covid. Il valore soglia è fissato al 30% in base alla presunzione che una percentuale più alta interferirebbe troppo sulla normale capacità di risposta delle reti ospedaliere regionali all’insieme delle patologie che sulle stesse insistono. Ad esempio nel Rapporto AGENAS con i dati di ieri 24 gennaio sugli indici di saturazione dei posti letto di area critica e di area medica il valore su base nazionale di tale indice è del 28% con molte Regioni che però lo superano.
 
Nel Rapporto AGENAS  vengono anche forniti i dati sui posti letto di area critica disponibili che complessivamente arrivavano ieri a 8.621, un numero molto  vicino a quello previsto dal DL 34 che ne prevedeva 8.679, con un incremento rispetto alla situazione pre-DL 34 di 3500. Di questi 3.500 però al 13 ottobre ne risultavano realizzati 1259. Sembra difficile che in due mesi siano stati realizzati quasi tutti quelli “mancanti all’appello” e cioè ne siano stati realizzati 2.173 su 2.241. Infatti, alcune Regioni hanno censiti nel Rapporto Agenas più posti letto rispetti a quelli del DL 34 (il Veneto ne ha ad esempio 1.000 contro i 705 previsti).
 
Nella Tabella con i posti letto di area intensiva dell’AGENAS  c’è anche una colonna con i posti letto attivabili che con i suoi ulteriori 1.084 posti letto porterebbe alla disponibilità di complessivi 9.763 posti letto, il che “stona” quando si analizza questo dato in rapporto alla effettiva disponibilità di personale per farli funzionare.
 
Ci aiuta a questo riguardo una elaborazione  contenuta nell’ultimo Rapporto settimanale dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (ALTEMS). In questo rapporto viene analizzata la disponibilità di anestesisti/rianimatori per posto letto di terapia intensiva, rapporto sceso dal 2,5 pre-DL 34 all’1,6 del 18 gennaio scorso. Il che vuol dire che alla maggiore disponibilità di posti letto non è corrisposta una maggiore disponibilità di personale (questo vale anche per il personale infermieristico il cui dato specifico riferito all’area intensiva non è però disponibile).
 
La lettura comparata di questi due rapporti (Agenas ed ALTEMS) fa sorgere alcune domande cui converrebbe dare risposta per avere una maggiore leggibilità, confrontabilità ed utilizzo dei dati sui posti letto di terapia intensiva occupati da pazienti Covid all’interno del sistema di  monitoraggio. Le domande sono:
 
1. Si censiscono “tutti” i posti letto strutturalmente disponibili in termini di spazi e  tecnologie indipendentemente dal fatto che siano in strutture provvisorie o in aree  solo temporaneamente assegnate?
 
2. Si censiscono i posti letto indipendentemente dalla loro effettiva operatività in termini di personale disponibile?
 
3. Come si fanno eventualmente a quantificare i posti letto operativi perché dotati di sufficiente personale?
 
4. Come si fa a valutare l’impatto sul resto della funzione ospedaliera del personale a questa sottratto dal potenziamento dell’area intensiva fissando anche qui una sorta di valore soglia?
 
La  mia impressione è che questo indicatore di impatto costituito dalla percentuale di posti letto di area critica occupati da pazienti Covid meriti qualche riflessione ed analisi per evitare di scoprire come è successo con altri indici (il numero di nuovi casi e il numero di nuovi casi sintomatici) che risente di variabilità non governate sui criteri di rilevazione dei dati che lo sostengono.
 
Claudio Maria Maffei
Coordinatore scientifico Chronic-On

25 gennaio 2021
© Riproduzione riservata

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