Richiedere il tampone non è un atto di poco conto per il Pediatra
di Paolo Becherucci
02 OTT -
Gentile Direttore,
abbiamo letto con stupore la lettera al direttore pubblicata dal Quotidiano Sanità del 30 settembre a nome di
Filippo Festini, infermiere e professore associato di infermieristica pediatrica. Come presidente della Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche (SICuPP), che raccoglie circa 2.000 Pediatri di Famiglia, mi corre l'obbligo di alcuni commenti e precisazioni.
La prima considerazione è prettamente tecnica, ovvero riguarda l’esecuzione del tampone; il tampone nasofaringeo è una metodica modicamente invasiva e che crea sicuramente disconfort al bambino, tanto maggiore quanto più piccolo esso è. La sua corretta esecuzione (e quindi la minimizzazione del rischio) deve essere garantita dalla professionalità del sanitario che lo esegue, oltre che dall’uso dei corretti strumenti. Sporadiche segnalazioni di incidenti durante la tecnica non possono inficiare l'importanza di fare un largo numero di prelievi ai fini della ricerca del coronavirus!
Noi pediatri siamo abituati ad eseguire manovre anche non piacevoli nei bambini; il coinvolgimento dei genitori è fondamentale, per garantire la correttezza del prelievo, la rapidità di esecuzione e soprattutto per ridurre il disagio del piccolo paziente. Qualora fosse messo a punto un dosaggio di tipo “molecolare” anche su piccole quantità di saliva, questo potrebbe rappresentare sicuramente un passo avanti per l’uso nei bambini.
Il secondo aspetto riguarda il numero dei tamponi che viene richiesto ai bambini. Il Pediatra di Famiglia non può esimersi da richiedere il tampone qualora si presenti uno dei sintomi che sono elencati nel rapporto n° 58 dell’Istituto Superiore di Sanità (versione 28 Agosto 2020), approvato dalla Conferenza delle Regioni, inserito nel DPCM del 9/9/2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale 222 del 9-9-2020 e quindi con valore di legge.
Nel documento si afferma che deve essere fatto il tampone ai fini della riammissione in comunità ogni qual volta il bambino presenti una serie di sintomi che includono anche la “rinorrea/congestione nasale”, ovvero anche il banale raffreddore, così comune nei bambini piccoli che frequentano la scuola. Sempre il suddetto documento recita che nel caso che il bambino venga allontanato dalla scuola oppure che il sintomo si manifesti a casa, il Pediatra di Famiglia, contattato dai genitori, DEVE richiedere il tampone tempestivamente, attivando il Dipartimento di Prevenzione.
Questo ai fini di individuare i soggetti eventualmente COV-19 positivi ma soprattutto per redigere (in caso di negatività) l’attestazione per la riammissione alla scuola dell’infanzia primaria e secondaria; in tale attestazione si afferma che “è stato seguito il percorso diagnostico terapeutico e di prevenzione per COV-19 come disposto da documenti nazionali e regionali”; se questo non fosse stato fatto il medico affermerebbe il falso. Ovviamente il medico è tenuto all’osservanza di eventuali indicazioni regionali, anche se la proliferazione di diverse interpretazioni a livello periferico ha notevolmente complicato il quadro.
Inoltre, a parte questo inderogabile obbligo legislativo, vi sono chiare motivazioni sanitarie per limitare l’accesso agli studi medici di bambini ammalati e quindi potenzialmente affetti da COV-19; il setting ambulatoriale è ben diverso da quanto avviene nel Pronto Soccorso dove sono previsti percorsi differenziati:” sporchi “per i bambini con sintomi sospetti e “puliti” per chi arriva con altre problematiche non COV correlate, e comunque non sono previsti accessi per bambini sani. Al contrario noi Pediatri di Famiglia eseguiamo molte visite anche in bambini sani, essendo parte integrante del nostro mandato l’esecuzione dei bilanci di salute, dei controlli di crescita, degli screening e delle vaccinazioni.
Per questo il Pediatra di Famiglia deve essere ancora più attento nell’accogliere in studio bambini con sintomi sospetti per COV-19, a causa del rischio di diffusione del contagio e della possibile sospensione dell’attività ambulatoriale se il tampone di uno di questi bambini risultasse positivo dopo l’esecuzione della visita. Inoltre, il triage telefonico e il teleconsulto sono spesso sufficienti a dare risposte complete alle piccole patologie simil-influenzali. Al momento che il tampone fosse eseguito rapidamente e fosse negativo, è ovvio che il Pediatra potrà ricevere nello studio anche il bambino con sintomi simil COV-19, per mettere in atto tutti i provvedimenti del caso.
Richiedere il tampone non è un atto di poco conto per il Pediatra perché, oltre le complicazioni legate alle più disparate e farraginose modalità nell’inoltrare tale richiesta, deve convincere le famiglie dell’importanza dell’esame, pur avendo il bambino una sintomatologia molto lieve. Anche qui i progressi delle tecniche di rilevazione del virus, con la messa a punto di “test rapidi” comparabili come sensibilità e specificità al classico test molecolare, potranno rappresentare un grande aiuto sia per l’uso nel tracciamento dei contatti nelle scuole che per il pediatra nella gestione del singolo caso.
L'ultima considerazione è di ordine scientifico; è evidente che l'impostazione che è stata finora data dalle istituzioni è estremamente protettiva per il mondo della scuola, per i bambini ma anche per gli insegnanti e per il personale in genere. Che questo avrebbe determinato un sovraccarico del sistema a causa delle numerosissime richieste dei tamponi era facilmente prevedibile e noi Pediatri di Famiglia lo abbiamo detto e scritto sin dai primi giorni. Speriamo che l’analisi dei dati relativi ai sintomi e ai risultati dei tamponi effettuati, raccolti in questi primi mesi diano la possibilità di creare flow chart di diagnosi più “agevoli” e meno impegnative per tutti. Allo stato attuale delle cose, il Pediatra non può che attenersi alle normative nazionali e regionali.
Poiché durante i mesi freddi i bambini hanno spesso sintomi alle vie respiratorie superiori che non dipendono dal COV-19 ma molto più frequentemente da altre infezioni, è importante secondo la SICuPP una revisione da parte del Comitato Tecnico Scientifico dell'Istituto Superiore di Sanità dei criteri per la esecuzione del tampone e una migliore definizione di quali costellazioni di sintomi lievi (ad es. raffreddore e/o mal di gola con o senza tosse leggera) permettano ancora di frequentare le strutture scolastiche, anche al fine di ridurre l’esecuzione ripetuta di procedure diagnostiche a volte fastidiose per i bambini, ridurre il disagio (anche lavorativo) delle famiglie e risparmiare preziose risorse al Sistema Sanitario.
Dr. Paolo Becherucci
Presidente SICuPP
02 ottobre 2020
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lettere al direttore