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Quale destino per le Usca?

di Marcello Bozzi

02 SET - Gentile Direttore,
l’art. 8 del D. L. 14/2020 ha previsto l’istituzione delle Unità speciali di continuità assistenziale (USCA) in tutte le regioni entro il 20 marzo 2020.
Tutte le regioni devono istituire presso una sede di continuità assistenziale già esistente una unità speciale ogni 50.000 abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero.
 
Possono far parte dell’unità speciale: i medici titolari o supplenti di continuità assistenziale; i medici che frequentano il corso di formazione specifica in medicina generale; in via residuale, i laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti all’ordine di competenza. L’unità speciale è attiva tutti i giorni della settimana (7/7), dalle ore 8.00 alle ore 20.00.
AI medici è riconosciuto un compenso lordo di 40 euro ad ora.
 
La norma specifica che si è deciso di istituire una nuova unità organizzativa al fine di consentire al medico di medicina generale o al pediatra di libera scelta o al medico di continuità assistenziale l’attività assistenziale ordinaria.
Le Unità speciali sono attivate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta o dal medico di continuità assistenziale che, a seguito del triage telefonico, comunicano il nominativo e l’indirizzo dei pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di ricovero
 
Il Ministero, attraverso la circolare del 25/3/2020, esprime la consapevolezza della necessità di iniziative immediate di carattere straordinario ed urgenti, soprattutto con riferimento alla necessità di realizzare una compiuta azione di previsione e prevenzione, monitoraggio e presa in carico, a livello territoriale, così da contribuire ad una riorganizzazione dell’assistenza sanitaria, sia al fine di contenere la diffusione del contagio, sia con funzione di filtro, necessario a frenare l’afflusso negli ospedali.
 
Le Usca si occupano della gestione domiciliare dei pazienti affetti / sospetti / sintomatici / paucisintomatici / in isolamento a causa del Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, con due obiettivi principali: 
• rendere possibile ai pazienti Covid-19 di godere della necessaria assistenza specifica extraospedaliera presso il domicilio;
• alleggerire la domanda e il ricorso al ricovero ospedaliero. Ma non vi è dubbio che un altro degli scopi è quello di alleggerire dall’impegno relativo ai pazienti Covid-19 dei medici di medicina generale.
 
In termini generalistici l’USCA garantisce: 1) l’esecuzione dei tamponi a domicilio; 2) l’utilizzo di strumenti innovativi per il monitoraggio dei casi sospetti in isolamento, dei pazienti sintomatici con indici respiratori non critici e dei soggetti dimessi dalle strutture ospedaliere.
 
Si pongono tre tipi di problemi:
a. le attività che caratterizzano la struttura (e l’approfondimento riguardante la presenza o meno di altri professionisti con tali competenze)
b. i costi di funzionamento della struttura
c. la necessità di ripensare l’intero sistema delle cure primarie

 
a. Le attività che caratterizzano la struttura (e l’approfondimento riguardante la presenza o meno di altri professionisti con tali competenze)
Le attività che caratterizzano le USCA sono competenza specifica anche degli infermieri.
 
b. I costi di funzionamento della struttura
La tabella allegata (Tab. 1) riporta i costi di funzionamento delle USCA, con la differenziazione relativa alla determinazione riguardante la presenza di uno o due medici.
Il costo varia da circa 212.000.000 € a circa 424.000.000 € / anno, e non è cosa di poco conto.
 

 
c. La necessità di ripensare l’intero sistema delle cure primarie
L’Art. 1 del DL 34/2020 prevede il potenziamento dei Dipartimenti di Prevenzione e l’istituzione dell’Infermiere di Famiglia e Comunità, nella misura di n. 8 Infermieri ogni 50.000 abitanti, al fine di consentire il potenziamento dei servizi di assistenza domiciliare per la presa in carico sia dei pazienti affetti da COVID-19, sia per migliorare i servizi assistenziali domiciliari ai pazienti con problematiche di fragilità, disabilità e cronicità.
 
Alcuni dati di possibile utilità per la riflessione e l’approfondimento:
• I MMG sono 43.731
• I PLS sono 7.590
• I MCA sono 11.664 (dato provvisorio)
 
Certamente trova apprezzamento l’attivazione straordinaria ed urgente delle USCA … ma probabilmente è giunto anche il momento di ripensare l’intera organizzazione del Sistema delle Cure Primarie, dal pieno riconoscimento dei MCA (nell’ambito delle FT/UCCP), all’eventuale potenziamento delle figure mediche territoriali (per la garanzia del servizio H24), alla presa in carico da parte dell’Infermiere di Famiglia/Comunità delle persone affette da fragilità/disabilità/cronicità, nell’ambito di progetti, percorsi e processi definiti e condivisi con i MMG/PLS.
 
Pensare alle innovazioni ed integrazioni, senza interventi nelle organizzazioni, generalmente porta ad un aumento dei costi e ad una invarianza di risultati.
 
La tabella 2 riporta la numerosità degli Infermieri di Famiglia/Comunità ed i relativi costi.
La Tab. 3 riporta la distribuzione regionale, tenuto conto delle indicazioni governative.
 

 

 
I dati riportati consentono di evidenziare che la persone a rischio fragilità/disabilità/cronicità sono 735.429 (il 3,7% della popolazione nella fascia di età 65/75 aa e il 7% della popolazione con età >75aa – fonte Scaccabarozzi). Dato sottostimato secondo altre fonti.
 
Tenuto conto che la popolazione con una età > di 65 aa è complessivamente pari a 13.644.363 unità (e che i potenziali pazienti già “in carico” è stimato in 735,429 unità), il ripensamento del sistema delle cure primarie, nell’ambito di progetti, percorsi e processi definiti e condivisi tra tutti gli stake-holder interessati, deve riguardare:
• la riorganizzazione delle attività dei MMG/PLS/MCA e dei sistemi contrattuali in essere;
• i modelli di presa in carico dei pazienti in assistenza domiciliare (compresa la palliazione);
• la programmazione e la realizzazione di interventi preventivi e di educazione alla salute rivolti alla popolazione di età > di 65 aa, senza problemi di F/D/C, al fine di garantire le condizioni di salute e di autonomia il più a lungo possibile;
• i PDTA nell’ambito delle strutture territoriali, con una parallela riorganizzazione delle attività ambulatoriali specialistiche ospedaliere, anche con il coinvolgimento degli stessi specialisti.
 
È molto probabile che una riorganizzazione complessiva del sistema consenta un reale potenziamento dei servizi, un utilizzo corretto e razionale delle risorse e una sostenibilità complessiva, sicuramente giustificabile all’Europa.
Diversamente chissà.
 
Marcello Bozzi
Segretario ANDPROSAN – Associazione Sindacale, Associata COSMED

02 settembre 2020
© Riproduzione riservata

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