Dopo il Covid serve un nuovo piano di prevenzione e controllo delle infezioni
di F. Azzali, F. Di Carlo, P. Lehnus
03 LUG -
Gentile Direttore,
la pandemia da Covid-19 ha seriamente impegnato i sistemi sanitari di tutto il mondo ma con livelli di criticità diversi i cui fattori determinanti andrebbero studiati con attenzione. Il grande rischio del post-Covid-19 sarà quello di fermarsi all’esaltazione (giusta) dell’impegno ed abnegazione del personale sanitario, senza al contempo preoccuparsi di imparare dagli errori che andrebbero identificati e analizzati perché non si ripresentino alla possibile seconda ondata o alla prossima pandemia.
È bene ricordare che Covid-19 è solo l’ultima grande sfida che il tema della prevenzione e controllo infezioni propone; e non possono passare in secondo piano altre sfide quali le infezioni correlate all’assistenza o l’antibiotico resistenza.
Richard Wenzel, uno dei principali epidemiologi di malattie infettive al mondo, afferma che una Organizzazione che non programma e pianifica le attività di prevenzione e controllo infezioni è “come l’equipaggio di una navicella spaziale in orbita che viaggia nello spazio senza strumenti di bordo, incapace di sapere dove si trova, i rischi ai quali può andare incontro, la direzione di viaggio e la velocità del volo”. L’esperienza Covid-19 dovrebbe averci insegnato che senza un Piano strutturato, un programma ben definito, ruoli e responsabilità chiari e condivisi, la risposta ad un problema è fortemente a rischio riguardo l’efficacia.
Sarebbe opportuno, quindi, che da subito le Organizzazioni che non lo hanno ancora fatto strutturino un Sistema di gestione del Rischio Infettivo supportato da una robusta metodologia che permetta di identificare e gestire tutti i processi (numerosi e complessi) che riguardano la prevenzione e il controllo delle infezioni; processi che non sono solo clinico/assistenziali ma anche, se non soprattutto, organizzativi (a che serve avere operatori perfettamente formati sull’uso dei DPI se l’Organizzazione non ha strutturato un processo efficace per l’approvvigionamento dei DPI, oppure a che serve essersi approvvigionati di DPI se non è strutturato un efficace programma di formazione/addestramento degli operatori sul loro utilizzo?).
Un approccio robusto per strutturare un programma efficace di infection control richiede di:
- IDENTIFICARE E SELEZIONARE I RISCHI, avvalendosi di metodologie e strumenti adeguati e considerando le caratteristiche della popolazione assistita, i servizi erogati, i dati di sorveglianza e/o di benchmarking
- PIANIFICARE UN PROGRAMMA, definendo obiettivi specifici, indicatori, target, tempistiche, strategie
- IMPLEMENTARE UN SISTEMA DI MONITORAGGIO, stabilendo le modalità di raccolta, analisi ed uso dei dati
Il metodo può svilupparsi al meglio in un contesto di cultura della sicurezza in cui siano garantiti:
- Coinvolgimento attivo della leadership a tutti i livelli (Direzione Aziendale, Direzione di Dipartimento, Direzioni Sanitaria e Infermieristica)
- Applicazione delle più attuali conoscenze scientifiche, linee guida, normative
- Formazione sulle pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni per il personale, i medici, i pazienti, i familiari e, laddove indicato in base al livello di coinvolgimento nelle cure, altri caregiver
- Reportistica puntuale che raggiunga tutti i livelli dell’organizzazione
Crediamo che questa sia la strada giusta che possa fare la differenza tra risposta pianificata ad una sfida come quella della prevenzione e controllo infezioni o una reazione più o meno efficace che si può mettere in campo quando non ci si è preparati.
Filippo Azzali
Coordinatore Nazionale Joint Commission International
Filippo Di Carlo
Esperto dei processi di accreditamento Joint Commission International
Paolo Lehnus
Quality and Risk Manager
03 luglio 2020
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lettere al direttore