Perché l’Italia non aggiorna i dati sui suicidi?
di Armando Piccinni
26 GIU -
Gentile direttore,
nonostante i tanti allarmi, lanciati sia da esperti e specialisti che dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, relativi al rischio che si possa andare incontro a un’emergenza di natura mentale dopo la drammatica pandemia che abbiamo vissuto, poco è stato fatto per monitorare tale fenomeno e portare avanti azioni di prevenzione. Eppure tutti gli studi scientifici evidenziano che, all’indomani di emergenze nazionali o globali, si va sempre incontro a un incremento dei disturbi psicopatologici e, nella peggiore dei casi, dei fenomeni suicidari.
Ciononostante, se oggi volessimo sapere in Italia quante persone si siano tolte la vita negli ultimi mesi e settimane – o perché hanno perso il lavoro o per la paura del contagio, o semplicemente capire se in questa fase stiamo assistendo a un incremento rispetto ai periodi precedenti – è impossibile: l’ultimo Annuario Statistico dell’Istat, infatti, contiene dati relativi al 2016, quando sono stati registrati 3.870 suicidi.
Tale carenza di statistiche aggiornate, nel 2019, in occasione della Giornata Mondiale della Prevenzione del Suicidio (che si celebra ogni anno il 10 settembre), ha spinto anche l’Istituto Superiore di Sanità a chiedere l’istituzione di un organo che monitori questo fenomeno, annunciando l’attivazione dell’Osservatorio epidemiologico sui suicidi e sui tentativi di suicidio (Oestes). All’annuncio, però e purtroppo, non è ancora seguito alcun atto concreto.
Questo vulnus è oggi più che mai una vera e propria emergenza: quello dei suicidi, infatti, rappresenta la punta di un iceberg di un fenomeno ancora più complesso, in cui sono proprio i disturbi psicopatologici – specie quelli connessi al PTSD, disturbo da stress post-traumatico – a rischiare un incremento in una fase emergenziale e post-emergenziale come quella che abbiamo vissuto e stiamo vivendo.
Non avere dati aggiornati e ufficiali non può permettere né a chi studia il cervello, né alle stesse istituzioni di conoscere lo “stato mentale” della società italiana.
Proprio per questa ragione la Fondazione BRF – Istituto per la Ricerca in Psichiatria e Neuroscienze (di cui sono presidente) ha aperto un “Osservatorio Suicidi Covid-19”, monitorando gli atti suicidari in base alle notizie di cronaca. I numeri raccolti, ovviamente, hanno solo un valore indicativo e non scientifico, ma sono ugualmente preoccupanti e, per questo, da tenere quotidianamente sotto controllo. Da inizio marzo si contano 52 suicidi e 33 tentativi di suicidio direttamente riconducibili all’emergenza coronavirus (sia nella sua dimensione sanitaria che socio-economica).
Il tema ha attratto l’attenzione anche del Parlamento italiano. È stata, infatti, presentata un’interrogazione parlamentare dalla deputata Stefania Mammì, rivolta al presidente del Consiglio e al ministro della Salute, per sapere, proprio partendo dalla denuncia della Fondazione BRF, «se non sia il caso di creare una struttura (ad oggi inesistente) che si occupi, in questa emergenza e al di là dell’emergenza Covid-19, di prevedere il fenomeno dei suicidi e di offrire assistenza e formazione a tutte quelle categorie di persone a rischio». Vedremo se quest’atto riuscirà a far sì che cresca l’attenzione intorno a un drammatico fenomeno di cui mai nessuno si è occupato.
In realtà un disegno di legge è già stato depositato in Parlamento ed è relativo, per l’appunto, a «Disposizioni per la prevenzione del suicidio e degli atti di autolesionismo». A presentarlo è stato Cristian Romaniello (M5S) ed è firmato anche da deputati del Pd, di Italia Viva e di LeU.
Da mesi, però, è fermo e non è stato neanche calendarizzato in commissione Affari sociali. Il ddl prevede tra le altre cose proprio l’istituzione di un organo che possa monitorare il fenomeno, così che si possa comprendere in che modo intervenire per portare avanti anche azioni di prevenzione. Conoscere i dati sui suicidi e sui tentativi di suicidio dopo tre anni come accade oggi, potrebbe rivelarsi del tutto inutile, specie all’indomani di un’emergenza come quella attuale. Attenzionare il fenomeno, invece, non solo permetterebbe a chi di dovere di concepire azioni concrete, ma farebbe dell’Italia un Paese all’avanguardia su un tema delicato che tocca tutti.
Armando Piccinni
Psichiatra
Professore staordinario Unicamillus – Roma
Presidente della Fondazione BRF – Istituto per la Ricerca in Psichiatria e Neuroscienze
26 giugno 2020
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