Nuovi modelli e strumenti per le cure domiciliari, iniezione di risorse non basta
di Claudio Petronio
24 GIU -
Gentile Direttore,
mai come ora l’attenzione del legislatore e di chi si occupa di politiche sanitarie si è rivolta all’assistenza territoriale e domiciliare. L’emergenza Covid ha infatti certificato, amplificandolo anche agli occhi dell’opinione pubblica, quello che era già noto da tempo: un Sistema sanitario sbilanciato sull’offerta ospedaliera e una contestuale scarsa valorizzazione della rete territoriale che, salvo qualche sporadico caso positivo e nonostante il sacrificio di tanti professionisti sanitari, non ha saputo reggere l’urto della pandemia.
Se con il DM 70/2015 il legislatore ha cercato di riorganizzare il sistema ospedaliero riducendo i posti letto, di contro non è stato attuato un contestuale rafforzamento delle cure territoriali con la diretta conseguenza di un aumento delle liste d’attesa.
Il Patto per la Salute siglato a dicembre 2019 dalla Conferenza Stato Regioni ha invece rappresentato un primo e significativo punto di svolta verso la riorganizzazione dell’assistenza territoriale in quanto si pone l’obiettivo di favorire attraverso modelli organizzativi integrati l’attività di prevenzione e promozione della salute, efficaci modelli di continuità assistenziale e percorsi di presa in carico delle cronicità, promuovendo prioritariamente l'assistenza domiciliare.
Ora che il potenziamento dell’assistenza territoriale è al centro dell’agenda politica, urge però lanciare un appello fondamentale per non perdere un’occasione storica: la valorizzazione della rete territoriale e delle cure domiciliari deve essere costruita su nuovi modelli e con nuovi strumenti, non si può pensare che basti un’iniezione di risorse, pur ingenti, destinate ad un sistema che ha finora dimostrato tutti i limiti per rispondere ai nuovi bisogni di salute.
Uno dei setting assistenziali più importanti della rete territoriale è rappresentato dalle cure domiciliari, luogo di elezione per un’ottimale presa in carico dei pazienti cronici e multicronici, anziani e fragili. Secondo le ultime stime del Rapporto Osservasalute 2018, invecchiamento della popolazione e aumento dell’incidenza delle cronicità porteranno tra meno di 10 anni il numero di malati cronici italiani ad oltre 25 milioni, di cui oltre 14 milioni multipatologici, mentre le persone ultra 65enni con gravi limitazioni motorie passeranno dai 3 milioni di oggi ad oltre 3,5 milioni nel 2028.
Oggi però l’assistenza domiciliare è vista quasi sempre come coincidente con le sole prestazioni sanitarie e sociosanitarie erogate tramite l’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata) e non contemplata in maniera integrata con l’insieme delle terapie salvavita che necessitano di supporti tecnologici complessi (ventilazione meccanica, nutrizione artificiale, ossigenoterapia, dialisi domiciliare, ecc..), imprescindibili per il mantenimento domiciliare del paziente e per garantirgli una migliore condizione di vita.
Solo con modello integrato tra prestazioni sanitarie, terapie tecnologiche e soluzioni digitali è possibile una reale presa in carico domiciliare del paziente cronico che possa garantire così quella continuità assistenziale ospedale-territorio a beneficio degli specialisti clinici o dei Medici di Medicina Generale che può essere realizzata solo da chi quotidianamente entra nelle case dei pazienti e ne gestisce tutti i bisogni di salute.
Tale soluzione, inoltre, contribuirebbe sensibilmente a ridurre la pressione di accessi ai pronto soccorso e tutti quei ricoveri definiti impropri causati anche da riacutizzazioni delle patologie croniche facilmente evitabili con un adeguato monitoraggio con strumenti innovativi di telemedicina.
Quello che è urgente avviare è una profonda revisione dell'offerta delle cure domiciliari che porti il Sistema a individuare e a riconoscere formalmente quei soggetti che sono effettivamente in grado di erogare una reale presa in carico domiciliare dei bisogni sanitari dei pazienti ormai non più solo genericamente cronici, ma soprattutto fragili e con situazioni di multimorbidità complesse.
Gli Homecare provider, soggetti che già oggi assistono per conto del Sistema Sanitario oltre 400 mila pazienti da Bolzano a Trapani erogando oltre 3 milioni di accessi domiciliari l'anno, hanno maturato in trent’anni di attività tutte le competenze sanitarie, tecnologiche e logistiche necessarie per essere riconosciuti dal SSN come principali interlocutori della gestione integrata del paziente a domicilio.
Solo così sarà possibile generare un modello di offerta territoriale e domiciliare davvero integrato, dove la tecnologia unita alle prestazioni sanitarie diventa vero valore aggiunto per garantire al paziente migliori qualità di vita e al Sistema Sanitario una migliore governance clinica del territorio e una migliore appropriatezza nell’uso delle risorse.
Claudio Petronio
Presidente dell’Associazione Home&Digital Care di Confindustria Dispositivi Medici
24 giugno 2020
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lettere al direttore