Creiamo i poliambulatorio di quartiere e non solo con medici e infermieri
di Mario Saiano
27 MAG -
Gentile Direttore,
mercoledì 13 maggio il governo ha approvato il cosiddetto “decreto rilancio”. L’obiettivo del decreto è aumentare la quantità di risorse già stanziate dai precedenti interventi, infatti tra i diversi stanziamenti economici troviamo 3,25 miliardi alla sanità, 1,4 miliardi a Università e ricerca.
Partendo da questi presupposti che nella drammaticità del periodo che come professionisti e cittadini stiamo vivendo, non si può che cogliere anche l’occasione che abbiamo tutti davanti a riformulare, l’intero assetto dei servizi assistenziali rivolti alla persona. Sono anni che con leggi dello stato e normative regionali si parla di potenziare le reti territoriali, ma questa impostazione non è sempre stata attuata in modo omogeno dalle nostre regioni.
Certo qualche domanda dobbiamo porcela sul perché nei sistemi regionali “ospedalocentrici” le cose non hanno funzionato, mentre in quelle regioni dove era più organizzata una rete capillare di servizi territoriali, i danni sono stati più contenuti. Non voglio entrare nel merito delle cause specifiche, perché comunque tutti eravamo impreparati ad una emergenza simile, ma come persona e come professionista sento la necessità di andare avanti “rimboccarmi le maniche” come comunque molti di noi hanno sempre fatto. Colgo quindi l’opportunità partendo dai finanziamenti stanziati, per ipotizzare alcune possibili strategie per la definizione dei piani di potenziamento e riorganizzazione della rete assistenziale.
E attraverso QS vorrei rivolgermi soprattutto al presidente della Federazione Nazionale Ordini dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione, dott.
Alessandro Beux, in qualità di rappresentante di tutti noi professionisti, appartenenti ad una delle diciannove professioni che afferisce alla federazione di cui è presidente.
Al presidente vorrei infatti chiedere di farsi portavoce presso i diversi tavoli istituzionali di alcune semplici iniziative che vedranno i primi risultati sicuramente nel breve periodo.
Il Covid ha solo rappresentato drammaticamente, quanto tutti noi vediamo tutti i giorni nei servizi: la mancanza numerica di professionisti per limiti di spesa, la mancanza negli stessi di competenze formative e di conoscenze. Questo problema era fin troppo chiaro a tutti noi già dalla fine degli anni novanta e a seguire, e ben chiaro da modelli che hanno mostrato quanto fossero asettici gli studi analitici prodotti dal Ministero della Salute che annualmente veniva richiesto alle Associazioni Maggiormente Rappresentative (AMR). Quella applicazione di rilevazione del fabbisogno formativo e formulazione di numeri che mai copriranno la reale esigenza numerica di professionisti impegnati. Crisi che aveva diverse cause, una delle quali sicuramente è l’accesso programmato ai diversi percorsi formativi delle professioni sanitarie.
Spesso nonostante il fabbisogno evidenziato dalle AMR fosse elevato, le Regioni comunicavano al Ministero della Salute, dati basandosi principalmente sulla capacità formativa dichiarata dalle Università. Con la pandemia sono venuti meno tutti i criteri che prevedevano una formazione in presenza, obbligando tutte le università ad investire nella formazione a distanza (videolezioni). Questa esperienza deve diventare una risorsa ormai indispensabile per poter garantire la continuità formativa, ma non solo, anche per eliminare definitivamente il numero programmato per gli accessi ai corsi di studio per le professioni sanitarie. Tale opportunità permetterebbe di formare un numero più elevato di professionisti che aiuterebbero il potenziamento e la riorganizzazione della rete assistenziale una volta formati e immessi nel mercato del lavoro. I finanziamenti ci sono a questo punto, ma solo un percorso condiviso tra Ministero della Salute e Miur e le AMR in attesa delle Commissioni d’albo nazionali, può identificare il tipo di investimento che necessità tale proposta.
Inoltre che venga finalmente potenziato non più sulla carta ma anche operativamente il servizio territoriale. Per non dimenticare poi la differente opportunità nella piena emergenza offerta ai medici e dimenticata per tutte le altre professioni. Sono stati inviati centinaia di medici appena laureati senza abilitazione per poter sostenere il SSN nella lotta al Covid. Se queste sono le politiche attive ci chiediamo perché poi tutte le altre figure professionali sono invece obbligate ad essere abilitate.
Ho letto dell’“infermiere di quartiere”, ma nella città in cui vivo (Genova), dove ad esempio la popolazione anziana è tra le più numerose e longeva di Italia. Ma ricordo che i servizi di prossimità e territoriali per anziani, per la salute mentale, per la disabilità, vedono anche figure diverse dagli Infermieri approssimarsi ed esercitare. Ad esempio da anni esistono realtà di educativa territoriale per minori ed esiste l’”educatore di quartiere“, un operatore professionale (spesso sotto pagato) che in collaborazione con i servizi sociosanitari del territorio, svolge una funzione sociale e sanitaria di primaria importanza, perché non si limita ad offrire una sola mera prestazione sanitaria, ma entra in relazione con tutta quella popolazione “fragile” che spesso non accede neanche ai servizi, svolgendo una attività di sostegno, monitoraggio e supporto, “curando” a domicilio le persone, evitando un eccessivo accesso ai servizi, con un conseguente risparmio sulla spesa sanitaria. Andrebbe sostenuto ciò che da anni facciamo, come professioni sociosanitarie.
La vicenda COVID ci ha insegnato che la prossimità e la territorialità sarebbero state un utile baluardo e deterrente all'emergenza, per questo: insieme al medico di famiglia all’infermiere di quartiere, propongo di pensare a dei “poliambulatori di quartiere”, ove il cittadino oltre al medico di famiglia può trovare una equipe multi professionale che può rispondere ai bisogni prioritari di salute che lo stesso esprime.
Mario Saiano
Educatore Professionale
Consigliere Nazionale ANEP (Associazione Nazionale Educatori Professionali)
27 maggio 2020
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