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Il Comitato nazionale di bioetica elusivo sul triage in emergenza

di Massimo Sartori

02 MAG - Gentile Direttore,
la pandemia da Covid-19 ha sopraffatto (o ha minacciato di sopraffare) i sistemi sanitari di molti Stati nel mondo. In queste condizioni, può essere necessario, ad esempio, non erogare (o sospendere) la ventilazione meccanica a persone che altrimenti trarrebbero beneficio dal suo uso. Quali criteri dovrebbero essere usati per allocare eticamente questa o altre risorse scarse?
 
Un recentissimo studio pubblicato su Annals of Internal Medicine ha caratterizzato le linee di condotta di allocazione dei ventilatori in 29 grandi ospedali degli Stati Uniti.
I risultati hanno dimostrato un alto livello di eterogeneità nei criteri di allocazione di risorse scarse, durante la pandemia di Covid-19. I cinque criteri più spesso menzionati sono stati il beneficio previsto per il paziente dall’utilizzo del ventilatore (96%), il livello di bisogno del respiratore (53%), l’età (50%), la conservazione delle risorse per un uso successivo (38%), la randomizzazione (“lottery” 34%).
 
Nessun ospedale ha inserito il criterio del “first-come, first-served” come unico criterio di scelta, ma 6/29 lo hanno considerato come uno dei metodi che possono essere impiegati. Il 38% degli ospedali ha fissato una precedenza per i lavoratori della sanità, giustificandola sulla base del riconoscimento della loro accettazione volontaria del rischio o per la loro utilità sociale. Solo il 65% degli ospedali ha specificato i criteri che non devono essere considerati nell’allocazione delle risorse scarse, come la capacità di pagare (50%), la razza (46%), il valore sociale (42%), l’etnicità (34%), la cittadinanza, il sesso, la religione, l’orientamento sessuale (30%). Soltanto il 27% delle istituzioni ospedaliere ha dichiarato che le decisioni non devono essere basate sulla presenza di disabilità.
 
Gli Autori della survey concludono che, sebbene molti ospedali utilizzino quale criterio di accesso al respiratore il beneficio atteso dal suo utilizzo (calcolato con score SOFA o MSOFA), i criteri addizionali variano grandemente.
 
Recentemente in Italia, il Comitato Nazionale di Bioetica è intervenuto sul tema con il parere “Covid-19: la decisone clinica in condizioni di carenza di risorse e il criterio del ‘Triage in emergenza pandemica’”, approvato da tutti i suoi componenti, con l’eccezione del Prof. Mori, che ha espresso il suo motivato voto contrario. Nel documento il Comitato “intende prendere in esame un problema etico specifico, quello dell’accesso dei pazienti alla cure in condizioni di risorse limitate” e giudica “il criterio clinico come il più adeguato punto di riferimento per l’allocazione delle risorse medesime”, lasciando per intero ai medici l’onere della scelta.
 
Il criterio clinico, tuttavia, può fondarsi sull’osservazione di diversi parametri (dalla speranza di vita, alla speranza di vita corretta per la qualità della vita, alla probabilità di superare l’episodio acuto per cui quella risorsa scarsa viene impiegata, eccetera). Ora, la scelta di quali parametri impiegare (anche limitandoci a quelli clinici) fa riferimento a un insieme di valori morali cui l’agente aderisce. Potrebbe essere ingiusto lasciare soli i medici (e il sistema sanitario) alle prese con queste scelte di valore, da cui derivano conseguenze che coinvolgono l’intera comunità.
 
Aiutare i medici a stabilire i criteri di triage non ne sminuisce la professionalità. Rimane compito insostituibile dei clinici il decidere l’appropriatezza dell’accesso del paziente a una risorsa sanitaria. Tuttavia, quando per più pazienti tale accesso è appropriato e la risorsa è scarsa, deve essere effettuato un triage per definire chi può usufruirne. Per questa selezione, è necessario utilizzare anche altri criteri (siano essi clinici o non clinici), oltre a quelli che hanno definito l’appropriatezza. La loro scelta e il loro ranking implicano un giudizio, la cui formulazione non dovrebbe essere delegata ai soli sanitari, bensì costruita con un approccio interdisciplinare e condiviso dalla società civile.
 
Questa è anche una delle lezioni che derivano dallo studio apparso su Ann Inter Med, che mostra come esista, perlomeno nella realtà statunitense, una pletora di motivazioni che possono informare il triage in condizione di scarsità di risorse. In un simile contesto, che peraltro non è automaticamente rappresentativo della situazione italiana in cui mancano survey analoghe, il delegare tutto il processo di selezione dei pazienti che devono accedere a una risorsa scarsa ai soli medici, in base a un imprecisato ‘criterio clinico’, come il CNB sembra proporre, appare elusivo. Invece, vi è una grande necessità di mettere ordine in questa materia, in modo trasparente ed equo, attraverso il coinvolgimento delle parti interessate, inclusi i cittadini.
 
Massimo Sartori
Ex-medico ospedaliero
Membro della Consulta di Bioetica, Sezione di Milano

 

02 maggio 2020
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