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La sanità ha bisogno del MES

di Nicola Preiti

16 APR - Gentile Direttore,
trentasei miliardi di euro a tasso zero, senza condizioni, da restituire in un lasso di tempo lunghissimo, da spendere esclusivamente in sanità, sono un’ occasione unica ed imperdibile per costruire un Nuovo SSN, modernizzarlo e renderlo efficiente. L’emergenza ha mostrato che il SSN rappresenti un punto nevralgico per la tenuta ed il benessere di una nazione, per il suo sviluppo civile ed economico.
 
Se va in crisi il sistema sanitario, problemi giganteschi si ripercuotono sull’economia, sulla società, sulla vita di tutti i giorni.
 
Per questo bisogna adeguarlo alle nuove sfide riformandolo profondamente. I soldi ci sono, ora ci vuole la politica.
Il COVID-19 ha sottoposto il nostro SSN ad uno stress test. Ne sono emerse criticità rilevanti che prima erano prevalentemente nella consapevolezza degli operatori. Ora sono diventate di dominio pubblico.
 
Il Sistema già arrancava nell’ordinaria amministrazione, con aree già in profonda difficoltà. Quando è arrivata l’emergenza è andato in crisi. Si è tentato di tirare le leve del comando, dell’organizzazione sanitaria, e si è visto che alcune erano completamente in disuso, non rispondevano affatto.
 
Lo stress-test ha evidenziato molti limiti, che al di là di responsabilità individuali indicano un sistema in sofferenza:
• Frammentazione del sistema in 21 sistemi sanitari regionali. Un assetto istituzionale contraddittorio, con caotico e inefficace rapporto regioni-governo.
• Gestione aziendale: non è riuscita a tutelare i propri operatori e garantire salubrità e sicurezza dei luoghi di cura con specifici percorsi assistenziali.
 
Evidenti le carenze organizzative e di personale:
• Capacità ospedaliere di avere un’adeguata offerta di posti letto e presidi in terapia intensiva e subintensiva, e per gestire il decorso dei pazienti infetti.
 
Nonchè l’impatto improvviso di tale richiesta assistenziale:
• Capacità delle aziende USL territoriali di garantire efficacia alla sanità pubblica e ai dipartimenti di prevenzione, per individuare, isolare, trattare e contenere opportunamente il diffondersi dell’infezione. Spegnere insomma il focolaio all’inizio. E neanche la trasmissione dei dati è stata dignitosa.
• Assistenza territoriale distrettuale, medicina generale residenzialità. Non si è riusciti a tutelare neanche i medici con i DPI, e a gestire e assistere adeguatamente i pazienti a domicilio. Non sono state utilizzate in modo integrato tutte le risorse professionali presenti nel territorio.
 
Centri residenziali si sono trasformati in trappole mortali:
• Coordinamento ospedale territorio insufficiente, per rendere efficaci e pianificati tutti gli interventi e mettere al riparo da una eccessiva e impropria richiesta gli ospedali.
 
E’ risultato evidente che senza una organizzazione territoriale valida non regge neanche l’offerta ospedaliera. Lombardia docet.
 
Il sistema ha risposto come ha potuto, in modo disarticolato e differenziato, aumentando rapidamente i posti letto e sfruttando la grande professionalità e disponibilità dei sanitari e dei medici che non si sono fermati davanti alla mancanza di anche banali misure di protezione individuale.
 
Ciò in assenza di una regia in grado di individuare e gestire correttamente l’emergenza. L’insorgenza e la diffusione dei focolai.

Questi problemi vanno affrontati subito, per superare l’emergenza, e servono per il futuro.
Per questo, penso non si possa rinunciare ad utilizzare le risorse europee del MES. E bisognerebbe farlo non con una distribuzione a pioggia fra le regioni, ma con un progetto di riforma nazionale per costruire un nuovo e moderno SSN.
 
Nicola Preiti
Medico Neurologo, Perugia

16 aprile 2020
© Riproduzione riservata

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