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Quel razzismo strisciante verso i medici stranieri

di Foad Aodi

09 GEN - Gentile Direttore,
le scrivo al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica e per chiedere l’unità di tutti i Medici del nostro Paese di ogni nazionalità su una battaglia che riguarda tutti. Come AMSI, Associazione Medici di origine Straniera in Italia, sin dal 2000 monitoriamo la situazione della Sanità e delle Migrazioni in Italia e nei nostri Paesi di origine. Tra i nostri servizi, a disposizione di tutti, abbiamo lo Sportello AMSI dove riceviamo sia le lamentele che le cose positive che un Medico di origine straniera riscontra in Italia.
 
Occorre prima di tutto una premessa: l’Italia, lo abbiamo sempre detto, non è un Paese razzista; l’Italia è uno dei Paesi più amati nei nostri Paesi di origine, per la Cultura, per lo Sport, per la Gastronomia, per la Storia. Non si deve pensare, inoltre, che noi come AMSI si sia “chiusi” tra Medici stranieri e non ci si occupi di quelli italiani, al contrario: noi non facciamo assolutamente distinzioni, mi creda, fra Medici stranieri e italiani e lo dice un Consigliere OMCeO sin dal 2002. Lo può dimostrare, per esempio, il fatto che si sia sempre in prima linea quando si tratti di difendere i Medici italiani dalle aggressioni.
 
Questa premessa era necessaria per togliere qualsiasi dubbio che l’AMSI sia esclusivamente un “universo di stranieri” o che noi vogliamo chiuderci rispetto agli italiani. L’AMSI, nel 2000, è stata fondata per favorire integrazione, rispetto e conoscenza reciproca.
 
In Italia si sono verificati numerosi atti di aggressione negli ultimi mesi, le ultime a Salerno. Noi vogliamo tutelare tutti quanti nessuno escluso. Abbiamo avuto di recente comunicazioni al nostro Sportello di dottoresse che soffrivano da tempo, una questione di cui mi occupo da diversi mesi. In generale, abbiamo constatato che il 60% delle aggressioni nei confronti dei professionisti della Sanità italiana (italiani e stranieri) non viene denunciato per paura e per motivi lavorativi ma anche perché non si sentono tutelati dalla struttura in cui esercitano. Per i professionisti di origine straniera questo numero aumenta vertiginosamente: l’80% delle aggressioni in Sanità a professionisti di origine straniera non viene denunciato! Si rinuncia alla denuncia, per paura di non essere creduti, per paura di essere pensati dei vittimisti, per il timore di non essere tutelati dalla propria struttura.
 
Ultimamente - e io vorrei ringraziare Luciano Cifaldi per la sua lettera - dottoresse che portano il velo, somale, sudanesi, palestinesi che lavorano in Veneto, in Piemonte, in Alto Adige e in Lombardia e anche qualche caso in Campania e nel Lazio ci hanno detto: “Noi non ce la facciamo più a lavorare in Italia perché abbiamo difficoltà a rimanere nel posto di lavoro più di qualche mese perché poi non ci confermano più, perché mancano le richieste di specializzazione”, questo a causa delle lamentele dei pazienti nei confronti del nostro essere velate.
 
A noi questo sembra strano, visto che con noi in alcune strutture lavorano anche le suore e anche loro portano il velo e non si verificano mai problemi. Queste dottoresse hanno cambiato anche Regione, 25 dottoresse così sono andate via in Olanda, in Belgio, in Arabia Saudita o in Qatar, perché lì il velo è tollerato.
 
Parliamo del velo e non del burqa. Il velo identifica il viso non dando assolutamente problemi di sicurezza, copre solo il collo e il capo. Non sono state riconfermate dalle strutture, con la motivazione che non ci sono più richieste per loro, dopo averne cambiate numerose e riscontrando ogni volta, in ogni città diversa, le stesse problematiche.
 
Per ciò che mi riguarda, la mia raccomandazione in questi casi, quando vengono da me il Venerdì all’Ordine dei Medici è sempre quello di verificare per non passare per vittimiste/i o altro. Alcune volevano denunciare ma io ho chiesto di verificare, occorre sempre verificare al massimo. Una dottoressa egiziana aveva subito recentemente aggressioni e io le dissi di verificare. Io consiglio di essere sempre cauti, specialmente le donne, occorre dirlo, spesso non vengono credute e occorre prudenza specialmente nei loro casi. Inoltre, tutte queste donne velate andate via dall’Italia non dichiarano la propria identità, hanno paura a parlare.
 
Posso portarle un caso di mia conoscenza diretta: una Urologa africana ha cambiato 3 Regioni dopo aver ricevuto avances e proposte oscene. Tanti Medici donne, Fisioterapisti e Infermieri dei Paesi dell’Est, russe, ucraine, albanesi, moldave, polacche hanno ricevuto avances.
 
Noi siamo stanchi di non ottenere mai la solidarietà. Noi ringraziamo tutti coloro che ci hanno sostenuto, ma purtroppo debbo dire che non è un sostegno forte. Eppure noi ci mettiamo sempre la faccia, in prima linea, quando si tratta di difendere le aggressioni dei Medici italiani.
 
Persino quando si va a denunciare, capita spesso di non essere creduti a seconda dell’appartenenza politica di chi ascolta.
In una situazione internazionale così grave i Medici italiani devono essere uniti, come ha detto anche Filippo Anelli. Noi siamo con lui in questa politica, in prima linea. Non si devono dividere i Medici in base alla categoria, questi sono problemi che riguardano tutti, uniamoci tutti insieme per evitare la fuga dei cervelli!
 
Foad Aodi
Presidente AMSI e UMEM
 


09 gennaio 2020
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