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Le barriere linguistiche in sanità

di Ivan Favarin

11 NOV - Gentile Direttore,
il manifesto della Südtiroler Freiheit ripropone polemicamente la questione della sicurezza delle cure nella multiculturalità.  Le prerogative linguistiche dell’Alto Adige-Südtirol sono un argomento spinoso, fonte di infinite discussioni e lotte. Se le divisioni generano attriti, le incomprensioni ne generano di più. Comprendere significa “prendere assieme”. Chi si somiglia si piglia, e chi si differenzia si completa. Ma bisogna comprendersi. 
 
È possibile valutare il costo dell’incomunicabilità nell’assistenza sanitaria? Difficile quantificarlo. 
Il National Institute for Health Reserarch sta cercando di rispondere con una metanalisi e una revisione sistemica al quesito  “le barriere linguistiche contribuiscono a danneggiare il paziente?” La revisione è in corso, ma promette interessanti risposte. 
 
Intanto parziali risposte giungono localmente da studi caso-controllo. Questo studio di Evidence Based Nursing nasce da una valutazione della poca attenzione posta nei Paesi Bassi alla questione delle barriere linguistiche, e fornisce un suggerimento quasi scontato: una maggiore attenzione alle barriere linguistiche può migliorare la sicurezza per il paziente, anche attraverso controllo di routine. 
 
Chiunque abbia soggiornato nei Paesi Bassi sa che il livello di competenza linguistica là è ben superiore a quello italiano, non servono statistiche a confermarlo. All’olandese madrelingua si accompagna sempre una buona se non ottima pratica dell’inglese, talora (a seconda dei confini) anche del tedesco o dello spagnolo. 
Se il problema è sentito nei Paesi Bassi...
 
Negli anni ‘90, nel corso di peregrinazioni internazionali come studente e lavoratore, furono proprio un olandese (Fons Trompenaars) e il suo collaboratore (il filosofo inglese Charles Hampden-Turner) a farmi valutare con occhi più attenti la questione dell’Internazionalità come multiculturalità.
 
Come infermiere, avrei poi conosciuto il prezioso lavoro sul nursing transculturale di Madeleine Leininger. Ma fu l’eccezionale studio di Trompenaars  “Riding the Waves of Culture” (1997) sulle 7 dimensioni delle multiculturalità a darmi lo spunto di riflessione più profonda, ampia e duratura. Il “primo amore” non si scorda mai. 
Soprattutto, al termine del nostro lavoro nel seminario, il messaggio sintetico, quasi un’eredità, che Trompenaars mi lasció fu la sua regola d’oro: “in qualunque circostanza, nell’approccio con un’altra cultura, la prima mossa è il rispetto”. 
 
Nel dubbio se e quanto le barriere linguistiche mettono a repentaglio le cure del paziente straniero (anche in casa propria, come nel caso bolzanino), partiamo dal rispetto.
 
 Ivan Favarin
Infermiere

11 novembre 2019
© Riproduzione riservata

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