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Il gioco delle parole e i massofisioterapisti

di Luciano Zeli

24 OTT - Gentile direttore,
giocare con le parole ...riporta all’infanzia, ai primi anni di scuola quando la maestra chiedeva “chi sa come si chiama?” Porta la mente a viaggiare con i ricordi, con il proprio sapere. Eppure la mente umana è riuscita nell’evoluzione della sua specie ad “usare” il gioco e assoggettarlo al male per discriminare, denigrare, screditare o sminuire il valore di una persona o delle cose. La storia dei massofisioterapisti, racconta di una delle professioni sanitarie che maggiormente ha subito atti discriminatori e denigratori, finalizzati a sminuirne il valore professionale e umano.
 
Un gioco studiato, pensato e voluto che magistralmente è stato usato per offuscare la realtà, in nome di interessi di potere o di egemonia del settore; un gioco dove l’utilizzo delle parole e l’interpretazione spesso arbitraria del significato che ad esse ne veniva attribuito è servito per creare una visione del massofisioterapista come di una figura secondaria, quasi di supporto al mondo della riabilitazione. Un contesto che ha portato molti avvocati a chiederci “cosa avete fatto di male per avere tutto questo accanimento contro la vostra figura?”
 
Perché? Sicuramente hanno contribuito alcuni problemi come la visibilità professionale nel contesto riabilitativo, un quadro normativo carente e interessi economici a livello formativo e associativo. Uno scenario dove “la parola” è stata usata per rimarcare le differenze, spesso senza ragion veduta e sminuire il valore di un professionista visto come “colui che ti ruba il lavoro”.
 
Senza addentrarci in argomentazioni quali biennale o triennale, equipollente o equivalente che per anni sono state oggetto di disquisizioni, interpretazioni o prese di posizione politiche, sindacali e di tutto l’associazionismo di categoria, oggi il bersaglio da colpire si è spostato sul massofisioterapista diplomato dopo la L.42/99 in possesso di un titolo non equipollente e non equivalente. Un parlare e uno scrivere amplificato sui canali informatici dove spesso la maschera dello pseudonimo consente ai maghi della tastiera di inveire, offendere o immettere in rete falsità al solo scopo di creare confusione, false aspettative e illusioni.
 
La nascita degli albi professionali ha sicuramente creato molta apprensione; in tanti hanno avvertito il serio pericolo di perdere il lavoro. La legge n. 3/2018 è certamente una legge importante per i suoi contenuti; ma è altrettanto carente per aver “dimenticato” un mondo di professionisti che da anni lavorano regolarmente nella sanità pubblica e privata. La legge 145/2018 ha posto un rimedio (dovuto) con l’istituzione degli Elenchi speciali afferenti alle professioni sanitarie. Ma non tutto è stato semplice e “dovuto”.
 
I detrattori dopo aver incassato una prima sconfitta con il testo della legge 145/2018 hanno intravisto nell’emanazione del decreto attuativo (DM 9 agosto 2019) il campo di battaglia ideale per dare spazio all’invettiva e alla fantasia al solo di scopo di trovare la formula giusta per eliminare il massofisioterapista dal panorama delle professioni sanitarie. Inneggiare all’abusivo, al ladro, all’incompetente è stato un gioco di parole. La conclusione dopo mesi di discussione è stata l’unica alla quale si potesse arrivare: un decreto figlio della legge che lo ha generato.
 
Il 1° ottobre ha preso il via l’iter per la preiscrizione agli elenchi speciali istituiti con la legge 145/2018 – DM 09 agosto 2019. All’ordine TSRM PSTRP è demandata per legge la gestione e la tenuta dei suddetti elenchi. In questo contesto sono risultate estremamente stonate le parole riprese da precedenti dichiarazioni del Dott. Beux (presidente dell’Ordine) e riportate dal Sole 24 ore del 3 ottobre scorso. Affermazioni già precedentemente chiarite e sostanzialmente superate. Evidentemente la “sindrome da lettino vuoto” (patologia sempre più presente tra i professionisti della riabilitazione) e una magistrale capacità di travisare la realtà ha spinto molti a vedere nel massofisioterapista la causa di ogni male.
 
L’inflazione del mercato non può essere generata da chi lavora regolarmente da quasi 20 anni. Ogni anno escono 3500 neo laureati in fisioterapia; il settore ha effettivamente bisogno di tutti questi operatori? Quali sono i reali interessi di questa formazione? Quale futuro attende i nostri colleghi? Probabilmente nessuno può dirlo con certezza ma tutti insieme possiamo condividere alcuni principi senza la necessità di sottoscrivere contratti.
• Il rispetto della professione e della professionalità altrui
• L’onestà in ogni frangente del proprio lavoro
• Riconoscere i propri limiti professionali e il proprio ambito di competenza
• Non porre limiti alla propria conoscenza e alla voglia di sapere
• Il diritto di operare con regole chiare per tutti

Solo belle parole? Forse. In un mondo dove in tanti cercano di prevaricare e annientare “il collega “con le parole del male, credere in qualcosa di positivo e bello per tutti NON può far male...aiuta a rendere migliore la nostra vita.

P.S. Un primo gesto (Istituzionale) in questa direzione potrebbe essere la modifica della definizione di Massofisioterapista presente sul sito del Ministero della Salute. È aberrante...inspiegabile al solo pensiero che sia scritto sul sito ministeriale.

Il massofisioterapista è collocato tra le professioni d’interesse sanitario, riportando come riferimenti normativi la L.403/71 e la L.43/2006
La legge 403/71 istituisce la figura come “professione sanitaria ausiliaria” (il termine ausiliaria è stato eliminato con la L.42/99 quindi è rimasto solo professione sanitaria). La L.43/2006 all’art.1 comma 2 cita quanto segue: “Resta ferma la competenza delle regioni nell'individuazione e formazione dei profili di operatori di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie”.

Allo stato attuale l’operatore d’interesse sanitario non risulta normato né istituito da una legge o un decreto. Quindi chi è?

Lascia senza parole la risposta dei funzionari ministeriali quando a specifica domanda rispondono facendo riferimento ad una sentenza del Consiglio di Stato il quale nel redigere il testo afferma la riconducibilità della figura al fantomatico operatore d’interesse sanitario. Non ci risulta che i giudici facciano le leggi casomai le applicano; è evidente che il giudice non si è posto il problema di chi è e se esiste questo operatore.
 
Si abbia la coerenza di definire il massofisioterapista diplomato dopo il ’99 per quello che è: una professione sanitaria non riordinata. Vent’anni di vuoto normativo, di formazione mal regolamentata e (purtroppo) d’indifferenza istituzionale non possono essere cancellati.
 
All’Ordine professionale, organo rappresentativo e di tutela delle professioni ad esso afferenti, rivolgiamo il nostro appello perché dall’alto della sua posizione intervenga presso le istituzioni perché tutto ciò si concretizzi quanto prima in modo chiaro e definitivo. Tutti ne abbiamo bisogno.

Luciano Zeli
Segretario Nazionale Federazione nazionale dei Collegi dei massofisioterapisti


24 ottobre 2019
© Riproduzione riservata

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