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Medici “impiegati” e professioni sanitarie “brontolone”

di Calogero Spada

10 OTT - Gentile Direttore,
alla luce delle recenti polemiche del “caso” Venturi, cui va la mia personale solidarietà, piace far notare che se da una parte, checché se ne dica, il dato della progressiva “sedentarizzazione” della attività dei medici risulti un fatto oggettivo (poco avversato dagli stessi interessati), bisogna pure ammettere, dall’altra, che dal versante dei professionisti sanitari non-medici le posizioni non siano di coerenza, a cominciare proprio da un puntuale confronto “tout court” con i medici (situazione giammai regolarmente “agevolata”, come sosterrebbero Beux e Magi), che di fatto concorre fortemente a limitare un decisivo più organico sviluppo delle professioni non mediche, in particolare in un opportuno disegno d’insieme della professione e progetto di identità del professionista.
 
A solo titolo di esempio, non accade per caso, che:
- In un assordante silenzio di criticaè tutt’oggi tartassante una indisponente pubblicità della istituenda rete 5G, che ha “scomodato” un arcinoto nome della cardiochirurgia: a parte i rischi per la salute connessi ad uno sviluppo sempre più massiccio delle reti di comunicazione, una affidabilità tutta da certificare (sempre che sia proprio necessaria) ed un certo assai comprovato atteggiamento medico speculativo, agevolato dalla introduzione delle nuove tecnologie, è senz’altro deplorabile una attuale rovinosa deontologia medica, che se da una parte insiste sulla carenza dei medici in Italia, al contempo (caso “566” docet: la “casta”, con le ostinate rivendicazioni sulle competenze, esiste ancora) evita sempre più accuratamente di stare “sul campo”, territorio invece sempre più popolato, giusto caso, da laureati non medici.
 
- Mi sembra che nessunoabbia proposto opportune riflessioni sulla opportunità di far corrispondere, sulla scia della sentenza n. 7776/2015, all’ente datoriale la tassa obbligatoria per l’iscrizione agli albi professionali:
1. L'iscrizione all’albo è obbligatoria e funzionale – per legge – all’esercizio professionale, e se si vuole che lo stesso sia davvero libero, contrariamente ai contenuti della sentenza 54/2015 Consulta, bisogna che, similmente alla situazione assicurativa sub legge “Gelli”, essa sia provveduta a carico del professionista interessato;
2. Certi meccanismi di “business”, molto argutamente pro tempore “annusati” da qualche presidente nazionale di federazioni pre-legge “Lorenzin”, non sarebbero stati agevolati da quote di iscrizione annuali decisamente più contenute, tenuto anche conto dei bassi redditi in gioco.
 
- La sera del 16 settembre u.s. è andata in onda su Rai 3 “La battaglia della salute”(Presa Diretta): sui social qualcuno ha esordito :«Vi sembra normale che, con tutto il rispetto per i medici, si parli solo dei medici? Io sono furioso. Ma che schifo di giornalismo è? Io posso pensare che la puntata è commissionata dalla lobby dei medici», ma senza poi meglio ordinare impressioni e riflessioni in qualcosa di più organico, anche visto che l’argomento era stato già trattato proprio qui, su QS. Ebbene, stante certamente una “pressione differenziata” del giornalismo, che troppo spesso si affida più ad indagini “partitocratiche” di organismi sindacali (Anaao Assomed e FNOMCeO), piuttosto che a più seri ed affidabili studi, quali quelli della OECD, non è stato mai proposto altro oltre un brontolìo …
 
- Ancora oggi al Policlinico di Milanosono esposti cartelli che mostrano le divise “identificative” in uso nel nosocomio: la “questione camice” è ritornata, pure in modo assai subdolo, di prepotente dominanza medica: anche qui, malgrado alcune rivendicazioni F.I.Te.La.B. e del sottoscritto, che volevano anche porre all’attenzione certe derive dovute a false “spending review” nate con le leggi 502/92 e 517/93, il silenzio sia istituzionale che di singoli professionisti è tanto assordante quanto sconvolgente!
 
È chiaro quali siano le riflessioni che un (appena accennato) scenario del genere possa indurre: a parte una buona dose di coraggio e sano corporativismo, risulta del tutto evidente manchi un elemento determinante ad una caratterizzazione essenziale del professionista sanitario non medico: la sua consapevolezza di identità ed indipendenza, includendo in tal locuzione il bagaglio formativo professionale, che non deve essere circoscritto ai temi squisitamente tecnici, ma anche comprendere quelli (assai trascurati) deontologici, normativi e giuridici.
 
Inquadramento che, fin tanto che sarà agito (pure nelle opportune sedi, legali comprese) soltanto episodicamente dagli sfortunati “Venturi” di turno e non in un progetto più organico, sarà sempre e troppo facilmente tacciabile di demagogia, di populismo, di estremismo, di intolleranza, di arroganza, di astiosità, di destabilizzazione e quant’altro sia possibile annoverare nel deleterio, particolare attuale Italico connubio di dominanza medico-forense. 
 
Dr. Calogero Spada
Dottore Magistrale abilitato alle Funzioni Direttive, di Direzione e Management AA SS 
Specialista TSRM in Neuroradiologia, Gallarate 


10 ottobre 2019
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