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Responsabilità professionale e assicurazioni. Il problema non è l’obbligo a “contrarre”

di Maurizio Hazan e Irene Avaldi

05 OTT - Gentile Direttore,
lungi dal voler (ab)usare la vostra preziosa testata per alimentare confronti dialettici personali, ci preme dar una risposta alla domanda posta dal dott. Massimiliano Zaramella nel suo ultimo intervento del 30 settembre 2019.
 
Egli si duole di non aver rinvenuto, nel nostro articolo dedicato al rapporto tra gli ECM e le garanzie assicurative (nella bozza di decreto attuativo della legge Gelli), alcuna presa di posizione in ordine ad un tema da lui in precedenza sollevato e ritenuto, non a torto, di centrale importanza. Tema riassumibile nel seguente quesito: “Perché le compagnie assicurative in ambito sanitario non hanno l’obbligo di assicurare?”

Proveremo, in poche righe (e in punta di piedi…), a fornire la risposta, non prima di aver chiarito che l’argomento non era stato da noi toccato, non per trascuratezza o pigrizia, ma solo perché del tutto estraneo a ciò di cui si voleva parlare (ossia le inesattezze da più parti lette proprio a proposito di quanto stabilito dallo schema di decreto in tema di ECM).

Ciò detto, l’attuale disciplina dell’assicurazione degli esercenti la professione sanitaria, pur simile a quella della rc auto, si differenzia da quest’ultima (anche) per il fatto di non aver – effettivamente – previsto l’obbligo a contrarre, ossia il dovere per le imprese assicurative di assicurare chiunque ne faccia loro richiesta.
Una tale scelta non deve stupire. Ed anzi trova fondamento in due precise ragioni.

1) In primo luogo perché l’obbligo a contrarre è un istituto eccezionale, e non può costituire la regola. La sua stessa legittimità nella rc auto, da sempre messa in dubbio, è stata sdoganata soltanto in tempi non lontani dalla Corte di Giustizia europea (Grande Sez., sent. 28 aprile 2009), che ne ha giustificato l'introduzione probabilmente in considerazione del particolarissimo contesto territoriale in cui si cala il “nostro” rischio automobilistico. Al di fuori di quell'ambito, la previsione di un vincolo a contrarre così ampio si scontrerebbe con i principi che regolano il libero accesso al mercato.
 
2) Secondariamente perché la garanzia della rc auto corrisponde ad uno specifico ramo assicurativo (10), ragion per la quale l’obbligo a contrarre può esser riferito alle sole imprese espressamente autorizzate ad esercitarlo. Non così la rc sanitaria, sottoinsieme del ramo 13, dedicato alla assicurazione della responsabilità civile generale. Prevedere l’obbligo a contrarre per le sole professioni mediche creerebbe, all’interno dello stesso ramo, una certa incongruenza rispetto alle altre assicurazioni professionali, anch’esse obbligatorie e parimenti non presidiate da alcun vincolo a contrarre per le imprese (vale, al riguardo, l’obbligo assicurativo - unilaterale - per tutti i professionisti, così come previsto dall’art. 3 comma 5 del D.L. 138/2011, Convertito in L. 148/2011).
 
Ciò, tuttavia, non significa che il legislatore non si sia posto il problema della possibile difficoltà, per i medici, di reperire, in concreto, una copertura assicurativa adeguata (a condizioni di premio sostenibili). A tal fine il Fondo di Garanzia previsto dall’art. 14 della legge Gelli è stato investito (art. 14 comma 7 bis) della funzione di agevolare l’accesso alla copertura assicurativa da parte degli esercenti che svolgono la propria attività in regime libero professionale. Non è ancora chiaro quali saranno i meccanismi di “agevolazione” a cui il Fondo potrà ricorrere, pur potendosi sin d’ora ipotizzare che la soluzione vada in una direzione simile a quanto già avviene in Francia (con la previsione di un apposito bureaux de tarification).
 
In ogni caso, non ci pare che i problemi dell’assicurazione medica e sanitaria risiedano nella mancata previsione di un obbligo a contrarre: quand’anche tale istituto venisse introdotto, permarrebbe la libertà dell’impresa di quotare il rischio in funzione del suo effettivo andamento. E così, a fronte di un rapporto sinistri/premi negativo, continuerebbero ad esser applicati, in molti casi, premi difficilmente sostenibili.

La soluzione sta dunque, ancora, una volta nella prevenzione, gestione e mitigazione del rischio clinico e sanitario.  Un rischio più controllato e meglio sostenuto sarà certamente più agevolmente assicurabile: nell’interesse di tutti.
 
Maurizio Hazan e Irene Avaldi 

05 ottobre 2019
© Riproduzione riservata

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