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Riscaldatori di tabacco: serve una ricerca indipendente sul rapporto costo/benefico in termini di salute

di Associazione Alessandro Liberati e Network Italiano Cochrane

29 MAG - Gentile Direttore,
un paio di settimane fa si è svolto al Senato un convegno sulla prevenzione cardiovascolare, organizzato dall’ex Senatore ed ex Presidente ad interim dell’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas) De Lillo, con il contributo della Philip Morris, multinazionale del tabacco. Tra le altre cose si è parlato dei nuovi riscaldatori di tabacco, rivolti principalmente ai fumatori che non riescono a smettere e che cercano un’alternativa meno dannosa per la propria salute, data l’assenza di prodotti di combustione. L’idea espressa da diversi relatori, clinici di fama nazionale, è che bisogna prendere atto della difficoltà per molti fumatori di smettere e che in questi casi è utile poter proporre un’alternativa meno dannosa.[1]
 
Che ci si confronti a vari livelli su strategie di riduzione di rischi di qualsivoglia tipo è una cosa certamente auspicabile. Sarebbe però opportuno farlo sempre sulla base di un’analisi trasparente e rigorosa di tutte le prove disponibili.
 
Come è stato evidenziato da un recente rapporto dell’Agenzia inglese di sanità pubblica, le evidenze disponibili sui riscaldatori di tabacco (per la maggior parte provenienti da studi realizzati dalle ditte produttrici), pur mostrando una riduzione della probabilità di inalare particolato e altre sostanze tossiche, non consentono ad oggi di stabilire se questi prodotti "heat-not-burn" favoriscano effettivamente tra i “vecchi” fumatori lo shift dalle sigarette tradizionali senza favorire l’uso tra chi non ha mai fumato, e se ci sia una complessiva riduzione deirischi per la salute, anche rispetto alle sigarette elettroniche[2] (non a base di tabacco, attualmente supportate da prove di bassa qualità[3]).
 
Da parte sua l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) specifica come tutte le forme di tabacco siano cancerogene, raccomandando misure regolatorie restrittive per scoraggiare l’uso anche di questi nuovi device, promossi dalle ditte attraverso una strategia articolata di marketing[4],[5] e di rapporti politico-istituzionali[6] per controbilanciare la generale riduzione del numero di fumatori e dei relativi profitti.5
 
Un altro aspetto particolarmente rilevante sottolineato dall’OMS è che non è attualmente dimostrato che gli utilizzatori di questi apparecchi siano solo o soprattutto fumatori o ex fumatori, lasciando il dubbio che vi sia anche una quota rilevante di “nuovi” utilizzatori di prodotti a base di tabacco.[7]
 
Le politiche di sanità pubblica dovrebbero essere sviluppate sulla base delle prove di efficacia disponibili oltre che (naturalmente) di giudizi di valore, espressi con la massima trasparenza. Discutere di riscaldatori di tabacco in una sede istituzionale (dove peraltro si legifera) senza una sufficiente base di dati che ne stabilisca l’eventuale valore aggiunto secondo noi non è opportuno, a maggior ragione se a finanziare l’evento è una ditta produttrice di questi apparecchi.
 
A questo proposito, un ampio gruppo costituito da Società Scientifiche, Istituti di Ricerca, Associazioni di Pazienti, autorevoli esperti ed associazioni/enti impegnati a vario titolo nella promozione della salute ha sottoscritto in Italia un documento nel quale viene sottolineato quanto sia rilevante l’indipendenza del dibattito scientifico dall’influenza dell’Industria del tabacco.[8]
 
Il dubbio è che, in un sistema politico-istituzionale dove le lobby hanno spesso una certa influenza, si voglia accreditare l’idea (al momento non adeguatamente supportata) che quella dei riscaldatori di tabacco sia una dimostrata “risk-reduction strategy” e che ne debbano conseguire iniziative a livello legislativo.
 
Per dare una mano alla sanità pubblica, la politica potrebbe invece promuovere una ricerca indipendente (come suggerito anche dal report inglese)2 per investigare se il rapporto benefici-rischi sia effettivamente favorevole.
 
Magari questa si potrebbe fare con un contributo delle ditte, mantenendo però la proprietà e il controllo dei dati prodotti. O al minimo si potrebbe promuovere la stesura di un rapporto analitico scientificamente rigoroso e trasparente, come hanno fatto gli inglesi, contestualizzandolo alla realtà italiana.
 
Giulio Formoso, Maria Grazia Celani, Michela Cinquini, Silvia Minozzi
Associazione Alessandro Liberati
Teresa Cantisani, Roberto D’Amico
Network Italiano Cochrane
 
[1] https://www.adnkronos.com/salute/2019/05/14/scompenso-cuore-epidemia-del-nostro-tempo-esperti-confronto_MDrIkR9EJkXLHHSHI75gfL.html

[2]https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/684963/Evidence_review_of_e-cigarettes_and_heated_tobacco_products_2018.pdf

[3]Hartmann‐Boyce  J, McRobbie  H, Bullen  C, Begh  R, Stead  LF, Hajek  P. Electronic cigarettes for smoking cessation. Cochrane Database of Systematic Reviews 2016, Issue 9. Art. No.: CD010216. DOI: 10.1002/14651858.CD010216.pub3

[4]Smoke and mirrors: new tobacco products and Formula 1. Lancet 2019;393:2010

[5] https://www.who.int/tobacco/publications/prod_regulation/htps-marketing-monitoring/en/

[6]Gornall J. Big tobacco, the new politics, and the threat to public health. BMJ 2019; 365:l2164 doi: 10.1136/bmj.l2164


29 maggio 2019
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