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Osteopati. Attenzione alle scorciatoie

di Giulio Barbero (ROFI)

18 MAR - Gentile direttore,
l’Associazione dei Fisioterapisti diplomati in Osteopati d’Italia (ROFI), che mi onoro di rappresentare come Presidente Nazionale, intende ribadire il suo pensiero e le proprie considerazioni dopo la lettura dell’articolo pubblicato su Quotidiano Sanità il 22 febbraio in merito all’individuazione della professione sanitaria dell’Osteopata.
 
Il sottosegretario alla salute on. Luca Coletto sottolinea come siano state convocate alcune delle associazioni rappresentative degli osteopati già nel 2018, senza specificare i criteri adottati per la loro selezione. Il ROFI si è già attivato in seguito alla notizia di una convocazione di un tavolo tecnico per discutere l’art. 7 della L. 9/2018 per redigere una bozza di documento relativo al profilo professionale di Osteopata, richiedendo formalmente di partecipare a tale assise alla luce dell’attività associativa che ha intrapreso dalla sua istituzione.
 
Attualmente la pratica dell’Osteopatia, non essendo opportunamente normata, viene lasciata nelle mani di chiunque con autoreferenzialità e senza aver superato nessuna valutazione da parte di un organo competente (MIUR, Ministero della Salute e Consiglio Superiore della Sanità) mette a rischio la salute della comunità. Il ROFI non avrebbe chiesto la costituzione di una nuova professione sanitaria in aggiunta alle 22 già esistenti perché riteniamo che la pratica dell’osteopatia debba essere concessa a Medici e Fisioterapisti, professionisti già abilitati a formulare una diagnosi e una valutazione clinica differenziale e dotati di tutti i requisiti per poter praticare una Medicina Non Convenzionale in tutta tranquillità e onestà professionale.
 
Ad ulteriore conferma di tali posizioni, bisogna considerare che quella del fisioterapista è l’unica professione che prevede nel proprio profilo professionale riferimenti specifici alla terapia manuale (D.M. 741/94 art. 2) ed inoltre il percorso formativo postgraduate in Osteopatia permette di approfondire/acquisire le basi clinico/diagnostiche a supporto e ampliamento del percorso di studi universitario. Le parole del ROI, pubblicata sempre su QS in data 25/02/2019, confermano i nostri i timori e le nostre perplessità, perché se l’iter dovesse portare anche ad un riconoscimento dei titoli, come il ROI stesso auspica, ci troveremmo davanti un quadro particolarmente tragico.
 
Un numero imprecisato di individui, senza aver intrapreso un percorso formativo universitario certificato, si troverebbe ad essere autorizzato a lavorare come professionisti sanitari, contravvenendo ai principi del DM 502/92, della Legge 42/99, della Legge 251/00 e della Legge 43/06 che prevedono una formazione universitaria per tutte le PP.SS. Chiediamo urgentemente un incontro chiarificatore con il Ministero, affinché non vengano fatti rientrare dalla finestra, chi, giustamente, non avendo superato un concorso (test di ingresso) erano stati fatti uscire dalla porta principale.
 
Dott. Giulio Barbero
Presidente Nazionale ROFI

18 marzo 2019
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